L’Italia non è il solo Paese ad aver affidato alle urne la decisione ultima e più importante rispetto alla propria forma di Stato. I casi di Grecia e Australia
Rimane, ad oggi, la consultazione democratica più partecipata della storia d’Italia: il referendum istituzionale del 2 giugno 1946 rimarrà imbattuto ancora a lungo in termini di affluenza. Nel 1946 la popolazione totale italiana era stimata sui 45,5 milioni circa, di cui 28 milioni aventi diritto. In totale, si presentarono al referendum 24,9 milioni di persone: l’89% dei votanti.
Sul risultato del referendum che ha trasformato il Regno d’Italia nella Repubblica italiana si è detto molto, ma il legittimo dibattito tra storici e archivisti sembra trarre conclusioni nette: 12,7 milioni di persone scelsero la repubblica, contro 10,8 milioni di fedeli alla monarchia. Nemmeno incorpando tutte le schede ritenute non valide o bianche (1,5 milioni), la monarchia avrebbe potuto vincere.

A pesare sul versante repubblicano non furono solo le sincere istanze di chi sperava in una forma costituzionale diversa. Molti voti andarono alla Repubblica in contrasto con la casata dei Savoia, contro le responsabilità, in quel momento storico ancora scottante, attribuite a Vittorio Emanuele III, contro il mantenimento di privilegi ritenuti, a quel punto, non meritori.
Per approfondire, leggi anche: Referendum 2 giugno 1946: ha davvero vinto la Repubblica?
I referendum nel mondo: l’Australia indecisa
L’Italia non è l’unico Paese ad aver sottoposto la decisione sulla propria forma istituzionale al giudizio di un referendum. Nella storia altri Stati hanno affidato tale compito alla democrazia diretta, non sempre con lo stesso esito.
Tra i casi più famosi della storia recente c’è il referendum indetto nel 1999 dall’allora Governo australiano. Attraverso questo referendum Costituzionale si sottoponeva al popolo la possibilità di modificare la Carta e trasformare lo Stato in una repubblica parlamentare, “sostituendo” quindi la figura della Corona Britannica (all’epoca rappresentata da Elisabetta II) con un presidente della Repubblica eletto dal Parlamento.

In quel caso, fu la troppa convinzione a illudere i repubblicani. L’opinione pubblica era infatti pervasa da messaggi convintamente anti-monarchici, evocati da tutti i principali media e dalla maggior parte della classe politica, persino gli eterni rivali del giorno si ritrovavano compatti nel sostenere il Sì. Il No, dal canto suo, vantava certamente istanze convintamente monarchiche e simpatie per la corona, ma raccoglieva anche i repubblicani che non approvavano le modalità di riforma suggerite dal referendum (chiedendo, ad esempio, l’elezione diretta del capo dello Stato).
Al netto delle dinamiche elettorali, il popolo non negò il suo responso: il 95,1% degli aventi diritto si recò alle urne, e il 54,87% degli elettori preferì il No.
L’idea di riproporre un referendum istituzionale non è ancora del tutto tramontata nel Paese, anche se non rientra certamente tra le sue priorità. di un nuovo referendum aveva parlato anche il nuovo premier Anthony Albanese, instauratosi nel 2022 e convinto repubblicano. Tuttavia, le altre sfide più urgenti e il suo rapporto con Carlo III, lo hanno spinto a rinviare il voto a data da destinarsi. «Sua Maestà, in quanto monarca costituzionale, agisce sulla base dei consigli dei suoi ministri, e se l’Australia diventerà una repubblica è quindi una questione che spetta al pubblico australiano decidere» aveva placidamente dichiarato Buckingham Palace in risposta alle istanze del Movimento Repubblicano Australiano.

La monarchia in Grecia
Un caso tutto a sé è rappresentato dalla Grecia: nel Paese, solo nel Novecento, si sono tenuti ben quattro referendum sulla monarchia, con risultati alterni. Il primo, nel 1924, seguiva il complesso evolversi dello scacchiere dell’Asia Minore dopo la Prima Guerra Mondiale, e portò i greci a cacciare quella monarchia ritenute responsabile delle sconfitte militari (Costantino I). Circa 10 anni dopo, il generale Georgios Kondylis portava a compimento un colpo di Stato e, per ratificare il ritorno del re, indisse un referendum che portò al ritorno di Giorgio II (figlio di Constantino I). Nonostante le accuse di brogli, un terzo referendum all’indomani della Seconda Guerra Mondiale confermava questo risultato, anche se con percentuali più basse.

È stata l’esperienza della dittatura dei colonnelli a porre la pietra tombale sulla monarchia nel Paese: nel 1974, nuovamente chiamati alle urne per decidere se mantenere un re o trasformarsi in repubblica dopo la caduta del regime e il ritorno della democrazia, i greci infine votarono per la seconda. Costantino II, che si trovava già in esilio, vi dovette rimanere. Tra i promotori della campagna in favore del sì c’era anche Alexandros Panagoulis, oppositore politico del regime militare, spesso conosciuto come protagonista di una celebrata storia d’amore con Oriana Fallaci.
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di: Marianna MANCINI