Il racconto di un sopravvissuto: “ho aspettato un amico, questo mi ha salvato”. Curcio alla commemorazione
È passato un mese dalla tragedia del crollo della Marmolada, quando una parte del ghiacciaio si è staccata trasformandosi in uno tsunami di ghiaccio e sassi che ha investito 11 persone, uccidendole sul colpo.
Oggi la giunta provinciale di Trento si riunisce nel centro della val di Fassa anche e soprattutto per fare il punto sul monitoraggio del massiccio, chiuso dal 3 luglio per il rischio di ulteriori crolli.
È arrivato sul posto anche il capo della Protezione civile nazionale, Fabrizio Curcio.
Alle 12 le autorità civili, militari e religiose saliranno a passo Fedaia, proprio ai piedi del ghiacciaio, per la benedizione dell’area. «Dalla tragedia è stato dato un forte segnale al Paese di unità e compostezza. Lo ha ribadito anche il presidente del Consiglio che ho sentito stamattina, pregandomi di portare il suo cordoglio e vicinanza – ha detto Curcio. – È doveroso ringraziare chi in quelle giornate ha messo a rischio la propria vita per prestare soccorso. Sono state giornate di forte stress emotivo e psicologico. Ma anche di dimostrazione di come funziona il soccorso, dell’efficienza della catena del soccorso. Dalla commissione grandi rischi è emerso che i ghiacciai si ritirano di almeno un metro l’anno. Sorvolando la Marmolada ce ne siamo resi conto. Si sente il grido di dolore della montagna».
Causa ancora sconvolgimento il racconto dei testimoni sopravvissuti, come Mauro Baldessari, dirigente di banca e arrampicatore esperto, che si è recato sulla Marmolada in mattinata quel 3 luglio ed è stato il primo a dare l’allarme alle 13:45. «Non abbiamo avuto alcuna avvisaglia di quel che stava per succedere. Non si sentiva acqua, si vedeva solo la parete di roccia, sembrava pulitissima. Una gita favorita dal sole, preparata con attenzione nei giorni precedenti, come sempre. Abbiamo mangiato un panino al rifugio e all’una eravamo pronti per scendere. Poi è sbucato dall’arrivo della ferrata un amico con cui dovevamo incontrarci e abbiamo deciso di attenderlo per 15 minuti, anche se lui ci aveva detto di andare visto che eravamo pronti… Quell’attesa di un quarto d’ora ci ha cambiato la vita», ha raccontato.
di: Micaela FERRARO
FOTO: ANSA