perù proteste castillo

Boularte tende il braccio all’ex presidente e annuncia elezioni anticipate, mentre i morti delle proteste arrivano a 7

Il Perù si sveglia ancora sul piede di guerra. Non si arrestano le proteste per la destituzione e l’arresto dell’ex presidente Pedro Castillo, scontri con la polizia che hanno portato, finora, alla morte di 7 persone e al ferimento di decine di manifestanti. Il giudice della corte peruviana intanto ha rifiutato la richiesta di Castillo – detenuto con l’accusa di “ribellione” per il tentato golpe – di essere scarcerato e rimesso in libertà, dopo che è stato promosso un procedimento di impeachment nei suoi confronti.

Le principali arterie di trasporti e comunicazione del Paese sono bloccate mentre aeroporti, università e fabbriche sono occupate. A Chinceros, nella regione di Apurimac, un gruppo di persone ha incendiato la sede della Procura locale e nel caos generato ha perso la vita una persona di 26 anni.

Un appello alla “costruzione di ponti di dialogo” è arrivato anche dalla Conferenza episcopale peruviana che si è rivolta anche alla polizia invitandola a “preoccuparsi per le istituzioni, l’ordine democratico, il giusto processo e il bene comune di tutti i peruviani, specialmente quelli meno protetti“.

Non getta certo acqua sul fuoco Castillo, l’ex presidente che ancora una volta ha confermato di non volersi dimettere definendo in una lettera manoscritta dal carcere la sua vice e attualmente a capo del nuovo Governo Boularte un'”usurpatrice“. Castillo è attualmente detenuto nel carcere di Lima dove, in una sorta di continuum storico, si trova anche il suo predecessore Alberto Fujimori.

La soluzione auspicata da Castillo è quella di un’assemblea costituente, ben distinta dalla mediazione proposta da Boularte di anticipare le elezioni previste nel 2026 per il 2024.

Pur trovandosi “nel momento più critico del mio governo, umiliato, in isolamento, maltrattato e sequestrato, ma pur in queste condizioni confortato per la fiducia e la lotta di tutti voi“, scrive Castillo, che si ribadisce “totalmente fedele al mandato popolare e costituzionale che ho ricevuto come presidente e al quale non rinuncerò, né abbandonerò le mie alte e sacre funzioni“. Del resto ciò che è accaduto nell’ultima settimana “non è niente di più che il solito discorso della destra golpista“.

Nel frattempo, contro di lui il procuratore generale peruviano Patricia Benavides ha presentato al Parlamento una denuncia costituzionale con l’accusa di essere corresponsabile di ribellione contro i poteri dello Stato e l’ordine costituzionale, ma anche per “associazione per delinquere” e “pregiudizio ai danni della pubblica amministrazione”.

di: Marianna MANCINI

FOTO: ANSA/EPA/Aldair Mejia