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Il leader del PVV ritira l’appoggio all’Esecutivo di Schoof. Il Paese si prepara alle elezioni anticipate

Il nodo gordiano è sempre lo stesso: l’immigrazione. È di nuovo sulle politiche migratorie e di asilo che cade il Governo dei Paesi Bassi, poco prima di arrivare a compiere l’anno di vita. Il leader dell’estrema destra Geert Wilders ha infatti ritirato il sostegno del suo PVV dalla coalizione di Governo; l’esecutivo era entrato in carica lo scorso 2 luglio, rappresentato dall’indipendente Dick Schoof che nel primo pomeriggio si è recato dal re per rassegnare le sue dimissioni.

Ci erano voluti 222 giorni, dopo le elezioni del novembre 2023, per far sì che i principali partiti dessero vita a un esecutivo a guida tecnica, anche se non privo di connotazioni politiche. Era stato lo stesso Wilders, uscito vincente dalle elezioni che hanno confermato il PVV come primo partito, a proporre il nome di Schoof, già a capo dei servizi segreti nazionali. A farlo cambiare idea, 11 mesi dopo, sarebbe stata la linea troppo morbida del Governo nei confronti dell’immigrazione.

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Geert Wilders, leader del Partito delle Libertà/PVV, (EPA/REMKO DE WAAL)

Immigrazione e politica estera: l’origine della crisi

Senza mezzi termini, Wilders ha accusato l’esecutivo di boicottare la “politica sull’immigrazione più restrittiva di sempre“. Il suo partito PVV era il primo della coalizione, che univa anche i liberali del Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (VVD), ex Partito di Rutte, i centristi del Nuovo Contratto Sociale e il Movimento Civico-Contadino populista.

Nelle scorse settimane il PVV ha quindi alzato la posta sull’attuazione di 10 punti previsti dal Partito in materia di diritto di asilo, ufficialmente per rispetto agli elettori cui aveva promesso misure più che stringenti. Il piano, che prevedeva tra le altre cose la chiusura delle frontiere e dei centri asilo e lo stop ai ricongiungimenti familiari, aveva già incontrato diverse resistenze, non solo politiche ma in termini di fattibilità. Era dunque abbastanza chiaro che gli altri Partiti non avrebbero potuto cedere agli ultimatum di Wilders, che pare averne approfittato per richiamare il Paese alle urne.

Il primo ministro olandese Dick Schoof (EPA/LAURENS VAN PUTTEN)

Inutile dire che i dissapori hanno fin da subito paralizzato l’azione di questa coalizione che, come prevedibile, ha faticato a trovare un autentico collante a indicare l’azione di governo. Wilders era infatti entrato in contrasto con l’Esecutivo anche rispetto alla sua politica estera, criticando tanto l’apertura dei Paesi Bassi a una revisione dell’accordo di associazione con Israele (sull’onda di quanto avvenuto anche in X), quanto il sostegno all’Ucraina ribadito da Schoof.

La sensazione è che l’istrionico leader abbia voluto alzare la posta abbastanza da poter ribaltare il tavolo, forse allo scopo di capitalizzare il consenso nei confronti del PVV che, secondo i sondaggi, ha intrapreso una curva negativa rispetto al picco record registrato nel 2023. Stando alle indagini statistiche di Politico, il PVV è ancora attorno al 20%, seguito a stretto giro dal PvdA/GL di Timmermans e dal VVD. Il BBB sembra invece essere sprofondato sotto l’1%, così come l’NSC.

Paesi Bassi: che succede ora?

L’ipotesi più concreta è dunque che il Paese torni alle urne. Si tratterà, probabilmente, di un secondo testa a testa tra i due principali Partiti, da un lato i liberali di Dilan Yeşilgöz, dall’altro la destra di Wilders. I sondaggi indicano anche segnali positivi per il Partito del Lavoro/Sinistra verde di Timmermans, ma le elezioni del 2023 hanno impartito una durissima lezione sull’efficacia dei sondaggi in contesti elettorali tanto frammentati.

Da sinistra, il leader dell’NCS Pieter Omtzigt (NSC), la leader del VVD Dilan Yesilgoz e Geert Wilders (PVV) (EPA/KOEN VAN WEEL)

In una eventuale prossima tornata, Wilders si troverà quindi ancora a caccia di potenziali alleati. Se un futuro nuovo accordo con il VVD sembra essere molto difficile, il PVV potrebbe forse mantenere un’alleanza programmatica con il BBB, i cui numeri sono comunque molto, anche se la leader Caroline van der Plas ha espresso forte rammarico per il suo passo indietro: «non sta mettendo per primi i Paesi Bassi, casomai pensa al Geert Wilders First».

Lo strappo di Wilders ha probabilmente sorpreso più i suoi alleati che non gli elettori. Lo ha spiegato anche il quotidiano olandese Volkskrant: «Wilders ha staccato la spina alla coalizione? La spina non c’è mai stata». Nel frattempo, il Paese si appresta a ospitare, il 24 e 25 giugno, un vertice NATO di cruciale importanza: tutti e 32 i leader dell’Alleanza, Donald Trump compreso, siederanno al tavolo (anche) allo scopo di approvare corposi piani di spesa. Al summit è stato invitato anche Zelensky.

di: Marianna MANCINI

FOTO: EPA/REMKO DE WAAL