L’ultimo di una lunga serie di attentati in Kashmir porta a livelli pericolosamente alti la tensione tra Nuova Delhi e Islamabad
Il 22 aprile un attentato ha sconvolto l’India. A Pahalgam, in Kashmir, un gruppo armato ha aperto il fuoco su alcuni turisti, le vittime sono state 26 e i feriti 17. Secondo il capo del governo locale si è trattato del più grande attacco contro civili degli ultimi anni.
Mentre le autorità hanno aperto le indagini i media indiani hanno annunciato che il Fronte di Resistenza (TRF), affiliato al gruppo pakistano Lashkar-e-Taiba (LeT), ha rivendicato l’attacco. Nonostante il Pakistan abbia, da subito, negato ogni coinvolgimento nell’attacco, diversi analisti hanno sostenuto che le modalità facciano sospettare un collegamento con l’esercito. Proprio per questi sospetti si è temuta la risposta indiana. Il primo ministro Narendra Modi ha assicurato che i responsabili dell’attacco e i loro sostenitori saranno puniti “oltre ogni loro immaginazione”. Da parte pakistana, oltre alla smentita di possibili coinvolgimenti, è stato annunciato che, qualora l’India dovesse attaccare il Paese, non ci sarebbero esitazioni a reagire.
Dopo giorni di scontri lungo in confine, il primo attacco vero e proprio da parte indiana è avvenuto. Nella notte tra 6 e 7 maggio l’agenzia Reuters ha riferito che “sono in corso pesanti bombardamenti tra India e Pakistan, le cui forze hanno attraversato il confine con la regione del Kashmir in tre punti diversi“. Notizia confermata dal primo ministro di Islamabad, Shehbaz Sharif, che ha parlato di attacchi “vigliacchi” in cinque diverse località pakistane. Su X il premier ha ribadito che il Pakistan “ha tutto il diritto di rispondere con la forza a questo atto di guerra imposto dall’India“.
Secondo quanto riporta l’esercito pachistano sarebbero 26 i civili uccisi dagli attacchi indiani, tra cui due bambine di tre anni, mentre i feriti sarebbero 46. L’esercito indiano ha confermato di aver attaccato e distrutto “9 campi terroristici“.

Nell’attentato del 22 aprile il gruppo terroristico, composto da quattro persone, si è avvicinato al gruppo di turisti (principalmente indiani) e ha sparato alle vittime, a mo’ di esecuzione, una dopo l’altra anche a distanza ravvicinata. Secondo quanto riportato da alcuni sopravvissuti gli aggressori avrebbero chiesto il nome alle vittime e ucciso specificamente quanti si professassero di fede induista.
I media indiani, allineati alla politica nazionalista del primo ministro, hanno pubblicato immagini molto cruente dell’attacco e invocato la vendetta indiana non solo verso gli attentatori, ma in generale nei confronti del Pakistan. Per i media indiani, infatti, il Paese è considerato il mandante dell’attentato. Va ricordato che India e Pakistan sono due potenze nucleari.
Inoltre, l’attentato è avvenuto in un momento di fibrillazione per l’India, mentre il vicepresidente degli Stati Uniti J.D. Vance era in visita ufficiale. Il primo ministro Modi ha quindi anticipato il suo rientro a Delhi e convocato un incontro con il Ministro degli Affari Esteri Jaishankar e il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Doval.
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La zona
Pahalgam, la città dove è avvenuto l’attacco, è situata a circa 90 chilometri a est dalla città principale della zona, Srinagar. Si tratta di una zona montuosa e una meta turistica piuttosto popolare, ma il Kashmir è soprattutto una zona di conflitto tra India e Pakistan.

L’attentato del 22 aprile infatti si inserisce in una lunga scia di sangue. I maggiori conflitti si sono sviluppati in tutta la seconda metà del ‘900, mentre gli attentati non sono mai realmente finiti e la situazione è peggiorata negli ultimi anni. Nel 2019 infatti il governo di Modi ha revocato lo stato di parziale autonomia al Kashmir e la zona amministrata dall’India è stata divisa tra le regioni di Jammu a sud-ovest e Ladakh a nord-est. Secondo alcuni analisti all’origine dell’attentato starebbe la volontà di sfidare la linea politica del primo ministro indiano. Modi ha spesso, dopo la decisione del 2019, elogiato e rivendicato la maggior sicurezza nella zona amministrata dall’India. Un altro aspetto sottolineato è, come anticipato, quello della presenza di un esponente dell’amministrazione statunitense. In un momento di incertezza geopolitica come questo l’India cerca di imporsi sempre più come forza internazionale stabile e partner economico di rilievo, minarne l’immagine pubblica con attentati su civili è, chiaramente, strategico.
Vance, parlando al Rajasthan International Center di Jaipur, ha elogiato il rapporto tra India e States e salutato positivamente il dialogo in materia commerciale. I due Paesi infatti hanno stretto accordi per la diminuzione dei dazi, la facilitazione delle procedure doganali e una maggiore apertura reciproca dei mercati nazionali.
La risposta indiana
Come anticipato la risposta indiana era nell’aria. Il giorno dopo l’attentato Nuova Delhi ha annunciato la sospensione di un trattato sulla condivisione delle acque con il Pakistan. Il tratto in questione, che è in vigore da 60 anni, garantisce la condivisione delle risorse idriche dei fiumi che compongono il bacino dell’Indo (controllati a monte dall’India, ma che scorrono per gran parte in territorio del Pakistan). L’India inoltre ha annunciato la diminuzione dei diplomatici in Pakistan (da 55 a 30) e l’intenzione di invitare i diplomatici di Islamabad ad abbandonare Nuova Delhi.

Nuova Delhi dopo aver chiuso il principale passaggio di frontiera con il Pakistan ha sospeso i visti delle persone di nazionalità pachistana che si trovano nel Paese e ha ordinato di lasciare l’India entro il 27 aprile. Il Pakistan ha risposto chiudendo lo spazio aereo ai velivoli indiani.
La reazione più temuta è, però, quella militare. Nel 2019, a seguito di un attacco che provocò la morte di oltre 40 poliziotti in un mercato in Kashmir, l’India bombardò il territorio pachistano poco oltre la Linea di controllo (il confine di fatto tra i due Paesi). La risposta del Pakistan provocò una battaglia aerea e il rischio di una guerra aperta fu tangibile. Un accordo tra i due Paesi evitò il peggio e, nel 2021, venne raggiunto un cessate il fuoco che, adesso, potrebbe venir meno.
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Nelle notti successive all’attacco si sono susseguiti scambi di colpi d’arma da fuoco tra soldati indiani e pachistani in Kashmir e Modi ha concesso alle forze armate completa libertà operativa.

Il 30 aprile il ministro dell’Informazione di Islamabad, Attaullah Tarar, ha sostenuto che le parole del primo ministro indiano e le informazioni raccolte dai servizi pachistani lasciano intendere che entro 24-36 ore avrà luogo un’operazione militare contro il Pakistan da parte indiana. Tarar ha dichiarato che il governo indiano intenderebbe utilizzare l’attentato in Kashmir come “falso pretesto” per attaccare il Paese e che “qualsiasi azione aggressiva incontrerà una risposta decisa. L’India sarà pienamente responsabile di qualsiasi conseguenza regionale”.
L’India non ha fornito una risposta ufficiale, l’unica notizia da Nuova Delhi è che il Comitato di gabinetto per la sicurezza nazionale, presieduto da Modi, si è riunito nuovamente per valutare la situazione. La comunità internazionale ha invitato i due Paesi alla moderazione e alla riduzione della tensione, l’attacco annunciato non sarebbe avvenuto ma le violazioni del cessate il fuoco lungo il confine continuano, notte dopo notte. Modi ha ribadito che “l’India intende rispondere con un’azione risolutiva ai terroristi che hanno condotto l’attacco di Pahalgam e a chi li appoggia“.
di: Flavia DELL’ERTOLE
foto in copertina: EPA/FAROOQ KHAN