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Il microbiologo nella relazione agli atti dell’inchiesta sulla gestione del Covid ricorda che “l’Italia, quando scoppiò l’epidemia, aveva un manuale di istruzione”

Secondo quanto si legge nella relazione agli atti dell’inchiesta di Bergamo sulla gestione del Covid in val Seriana del microbiologo Andrea Crisanti “l’Italia, quando scoppiò l’epidemia, aveva un manuale di istruzione“.

Questo “manuale”, però, sarebbe stato “scartato a priori senza essere valutato dai principali organi tecnici del ministero, ai quali l’ex ministro Speranza fa riferimento quando afferma che il piano era datato e non costruito specificamente su un coronavirus ma su un virus influenzale“. Secondo quanto emerge la decisione di segretare il piano fu presa per non “allarmare”.

Dalla relazione di Crisanti emerge inoltre che all’ospedale di Alzano “il Covid circolava già dal 4 febbraio”, oltre due settimane prima della data del caso del Paziente 1.

Nelle pagine delle conclusioni contenute negli atti della procura di Bergamo, riporta Adnkronos, si legge come dalla documentazione emerga che “la macchina organizzativa del ministero della Salute ha mostrato carenze, ritardi e inefficienze“. Continuano i documenti: «solo dopo il 20 febbraio 2020 è iniziato un frenetico e caotico tentativo di organizzare il sistema di risposta. Prima di quella data, poco o nulla è stato fatto, ad ogni livello, anche in ragione della frammentazione delle responsabilità e della poca chiarezza della linea di comando». Si legge che anziché adottare “provvedimenti preventivi che ne limitassero la diffusione, quali il piano pandemico e i protocolli per Sars Cov 1 e Mers-Cov, si è restati in attesa degli eventi connessi al diffondersi del virus con effetti sull’espansione della pandemia“, inoltre “la scelta di non adottare sin da subito il piano pandemico e di iniziare a redigerne uno nuovo ha, verosimilmente, comportato – una volta sopraggiunta l’emergenza senza che questo ultimo documento fosse ultimato – una impreparazione e disorganizzazione dell’intero sistema nazionale e regionale. E, comunque, il Cts ha poi deciso di secretare il piano, su concorde parere del ministro Speranza“.

Conte: “non fu mai chiesta da Fontana la zona rossa”

Secondo quanto emerge dal verbale del giugno 2020 quando Giuseppe Conte fu ascoltato dai pm come persona informata dei fatti emerge che “con Regione Lombardia non ho avuto interlocuzioni dirette in materia di ‘zona rossa’ per Nembro e Alzano. Le mie interlocuzioni sono state solo con il Presidente Fontana ed escludo che mi sia stata chiesta l’istituzione di una zona rossa per Nembro e Alzano“.

Dal verbale, agli atti dell’inchiesta, emerge inoltre che Conte spiegò che da Fontana non arrivarono mai “richieste formali o informali” sulla zona rossa e parlò della mail che il governatore gli inviò il 28 febbraio 2020 chiedendo il “mantenimento” delle “misure” già adottate. L’ex presidente del Consiglio ha spiegato che il “dispiegamento di forze dell’ordine nei Comuni di Nembro e Alzano Lombardo” fu scoperto “credo dalla stampa. Ho chiesto informazioni, se non erro al ministro Lamorgese, e mi è stato detto che, in via preventiva, avevano predisposto una ricognizione. Non credo fosse stato disposto dal ministro Lamorgese e in ogni caso non mi sono informato sui dettagli“.

di: Flavia DELL’ERTOLE

FOTO: ANSA/ANGELO CARCONI