Allarme ONU: “altre 48 ore senza aiuti e moriranno 14mila bambini”
«Una goccia nell’oceano»: così l’Alto rappresentante Ue Kaja Kallas commenta la riapertura, da parte di Israele, dei valichi di accesso a Gaza ai primi convogli di aiuti umanitari e cibo. Ieri pomeriggio le porte, chiuse dal 2 marzo scorso, hanno lasciato entrare cinque camion delle Nazioni Unite dopo appurati controlli. Decine di altri convogli restano in attesa di poter varcare l’ingresso militarizzato alla Striscia.
Lo ha ribadito anche l’OMS: “tonnellate di cibo” sono bloccate all’ingresso, “a pochi minuti di distanza“, mentre nella Striscia “stanno morendo di fame” due milioni di persone.

Netanyahu aveva spiegato questa decisione precisando che “per completare la vittoria, sconfiggere Hamas e liberare i nostri ostaggi, non dobbiamo arrivare a una situazione di carestia, né dal punto di vista pratico, né da quello diplomatico“. Perché? «Semplicemente, non ci sosterrebbero» e “ci stiamo avvicinando alla linea rossa, una situazione in cui potremmo perdere il controllo“. Nel frattempo, l’offensiva si è persino intensificata (solo nelle ultime ore sono morte 136 persone, con il conteggio delle vittime totali schizzato oltre le 53mila vittime).
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Il responsabile umanitario ONU Tom Fletcher, intervistato da BBC Radio 4, è stato chiaro nell’avvertire che, se non dovessero entrare altri aiuti entro 48 ore, a Gaza potrebbero morire oltre 14mila bambini. Anche gli Stati Uniti starebbero esaurendo la pazienza nei confronti dell’alleato. Alcune fonti hanno diffuso un nuovo ultimatum di Washington che prometteva di abbandonare Israele se non avesse posto fine al conflitto.

Tra guerra e fame, la voce del popolo
Anche oggi a Khan Younis, nella zona meridionale della Striscia, si sono svolte diverse manifestazioni spontanee della popolazione residente. I palestinesi chiedono la fine del conflitto e contestualmente il ritiro di Hamas dall’area.
di: Marianna MANCINI
FOTO: ANSA/Omar Ashtawy/APA Images via ZUMA Press Wire