NBA 2022-2023: un ritorno di fiamma, una disciplina nuovamente sotto i riflettori. L’Italia svetta in classifica, gli ordini sono stravolti. Un campionato incerto, ma certamente già rivoluzionario

La prossima stagione NBA non è nemmeno iniziata, eppure la situazione è chiara: non sarà sicuramente noiosa. Infatti, le sorprese sono già diverse e prima dell’inaugurazione della 77esima edizione del campionato, che inizierà il 19 ottobre e finirà in aprile 2023 con l’All Star Game fissato il 19 febbraio alla Vivint Arena di Salt Lake City, la panoramica offre già diversi spunti.

Innegabile come l’eroe della stagione precedente sia stato Steph Curry, che per celebrare la vittoria con i suoi fratelli Golden State Warriors, laureati campioni per la quarta volta dal 2014, ha indossato al collo i suoi precedenti tre anelli vinti con la medesima squadra, mandando un messaggio di rassicurazione ai suoi tifosi e di monito ai suoi avversari.

Nonostante il fattore “incertezza”, in America si stanno già definendo le ipotetiche classifiche per la stagione che verrà, con i fans che investono quotazioni sui possibili vincitori futuri. Al momento, i Golden State Warriors parrebbero essere nuovamente i favoriti su tutti: secondo Caesar Sportsbook, i Guerrieri sono i papabili vincitori per il prossimo anno, seguiti dai Los Angeles Lakers, nonostante stiano sprofondando in classifica sempre più. La lista ipotetica è chiara e non lascia spazio all’immaginazione: in primis i Golden State Warriors, poi Los Angeles Lakers, Brooklyn Nets, Boston Celtics, Milwaukee Bucks, Phoenix Suns, Los Angeles Clippers, Miami HeatPhiladelphia 76ers, Dallas Mavericks e in chiusura i Memphis Grizzlies. Anche altri siti, come FanDuel Sportsbook, vedono i Guerrieri come i favoriti per il titolo 2023, ma seguiti dai bollenti Celtics (non dai LAL) e in terza posizione dai Brooklyn Nets.

Ma al mercato le ipotesi interessano relativamente, tanto che si sta già muovendo molto velocemente: i Boston Celtics, i campioni della Eastern Conference, vogliono vincere a tutti i costi il campionato, puntando moltissimo sui nuovi acquisti. Primo su tutti, svetta Malcolm Brogdon arrivato direttamente dagli Indiana Pacers che, nonostante una stagione caratterizzata da qualche infortunio di troppo, ha concluso l’anno con 19 punti, cinque rimbalzi e quasi 6 assist a partita. In piena forma, The President sa il fatto suo ed è un avversario estremamente temibile grazie alla sua difesa sulle guardie e alla sua capacità di creare tiri in assist impeccabili. Ma i Celtics alzano l’asticella e si portano a casa anche il cestista italiano Danilo Gallinari per due anni da free agent.

In casa Chicago Bulls i contratti fioccano come la neve: dopo il rinnovo di Zach Lavine, con un contratto da 215 milioni di dollari per cinque anni, arrivano Andre Drummond, Derrick Jones e Goran Dragic, aggiungendo profondità ad un team che ha dimostrato di poter conquistare tranquillamente i primi posti della Eastern Conference.

Al di là del mercato, quello che maggiormente ha colpito e sta colpendo tutt’ora la scena del basket americano è stata la nomina al Barclay Center della primissima scelta assoluta al Draft NBA 2022: è un italo-americano e si chiama Paolo Banchero la giovane stella promessa che debutterà in stagione con gli Orlando Magic, diventata, dopo Andrea Bargnani nel 2006, la seconda figura di passaporto italiano a poter vantare questo privilegio. Nato il 12 novembre 2002 a Seattle, è di evidenti origini italiane e il legame è talmente profondo che lo scorso 2020 ha ottenuto la cittadinanza italiana, ribadendo la volontà di “giocare con la Nazionale italiana non quest’estate, ma quella successiva“.

Ma durante la serata del Draft, la bandiera italiana ha svettato più in alto che mai: altri due italiani, Gabriele Procida e Matteo Spagnolo, sono stati nominati. I due, però, non esordiranno immediatamente in NBA: Procida, non sarà firmato subito dai Detroit Pistons che, nonostante mantengano i diritti su di lui, sembrano intenzionati a concedergli un altro anno-scuola in Europa. Spagnolo tornerà certamente in Europa e su di lui sembra esserci incombente il Reggio-Emilia.

Non solo il terzetto Spagnolo, Procida e Banchero: anche l’italiano Simone Fontecchio fa la sua figura in campo, esordendo per la prima volta in NBA con gli Utah Jazz sotto contratto da free agent per 6 milioni di euro, abbandonando il Baskonia.

Seppur ci sia stato un periodo di eclissi parziale di interesse nei confronti dell’NBA, attualmente il campionato sta ritornando e spopolando più che mai: infatti, dopo la pandemia è tornato solido e ha conquistato guadagni da record e nel 2022 ha superato le entrate degli anni precedenti, andando oltre, per la prima volta nella storia, i 10 miliardi di dollari. Come riporta il portale spagnolo Palco23, sezionando la cifra complessiva, si può dedurre chiaramente che ben 8,9 miliardi sono stati generati dai club e dai giocatori, mentre la restante fetta è legata ai diritti TV e alle sponsorizzazioni. «Le cifre sono davvero importanti e, considerando che siamo ancora alle prese con la pandemia, possiamo dire che l’NBA è sopravvissuta al virus», ha affermato con stupore il commissioner NBA, Adam Silver, evidenziando che l’aumento del fatturato rappresenta una crescita del 20% rispetto alla stagione pre-pandemia, quando il campionato registrava incassi per 8,3 miliardi di dollari, in particolare anche grazie al ramo commerciale che ha rappresentato un aumento annuo del 50%.

Ma Silver ne è sicuro: l’aumento è dovuto anche al ritorno definitivo in presenza del pubblico. Infatti, le Finals di quest’anno, che hanno visto i Golden State Warriors trionfare sui Boston, hanno attirato una media di 12,4 milioni di spettatori, con un aumento del 22% sul 2021 e una crescita netta del 65%, rispetto alle due stagioni precedenti. Questo dato sorprende, perché significa che c’è stato un boom di interesse nei confronti di questa disciplina, con un americano su cinque che si è sintonizzato sulle Finals NBA.

Insomma, il mondo NBA non si può certo lamentare dell’assenza di finanziamenti ed entrate che arrivano “a pioggia”, né tanto meno gli stessi giocatori in merito ai loro compensi. A tal proposito, è risaputo che i players NBA rientrano sovente nelle classifiche delle icone sportive più pagate a livello mondiale e qualche dettaglio in merito agli stipendi della prossima stagione è già trapelato. Il giocatore Stephen Curry, nel 2022/2023 guadagnerà quasi 48,1 milioni di dollari grazie all’accordo firmato lo scorso 2021 con i Golden State Warriors, registrando lo stipendio più alto mai pagato nella storia NBA, oltre ad essere l’unico ad aver firmato ben due estensioni contrattuali del valore di oltre 200 milioni di dollari. Ma questo dato non considera un aspetto importantissimo: i ricavi ottenuti dalle sponsorizzazioni. Con queste, il giocatore top è LeBron James, che ha raggiunto i 126,9 milioni di dollari tra lo stipendio dei LAL, 36,9 milioni, assieme al contratto con il Baffo e i vari accordi con Coca Cola, Beats e NBA 2K, per un totale di 90 milioni di dollari. Ma King James non si accontenta e surclassa gli avversari: grazie alla partecipazione come protagonista nel film Space Jam: a new legacy, ha raggiunto un traguardo storico. Infatti, la stella dei LAL ha superato il miliardo di dollari di guadagni in carriera, entrando nel club riservato assieme a Tiger Woods, Floyd Mayweather, Cristiano Ronaldo, Lionel Messi e Roger Federer. Ma non solo in Space Jam: il basket sta ritornando presente anche nei documentari e film usciti sulle piattaforme di streaming, come, ad esempio, Hustle, prodotto anche da Lebron James, che racconta una classica storia in cui il protagonista, interpretato da Adam Sandler, sembra un giocatore venuto dal nulla che cerca di entrare nella NBA e che decide di rischiare il tutto per tutto su una intuizione. Nel ruolo del giocatore principale c’è lo spagnolo Juan Hernangomez, ala agli Utah Jazz, ma nel film compaiono moltissimi nomi del basket mondiale, da Doctor J a Sergio Scariolo, da Shaq a Kenny Smith.

Come si può chiaramente dedurre, una fetta importante delle entrate derivano dagli accordi di sponsorizzazione con i brand, che fanno letteralmente a gara per essere presenti nelle partite e che spesso sono diversi fra di loro e nemmeno legati allo sport, come ad esempio frangenti dei settori finanziari, del commercio delle bevande, ai videogiochi e recentemente persino alle criptovalute. Ma quali sono i marchi principali? In lista svetta Nike, che domina su tutti grazie ad un accordo esclusivo partito dalla stagione 2016/2017 della durata di 8 anni, il quale gli ha permesso di spodestare dal trono patron Adidas. L’a multinazionale sportiva lo scorso 2020 ha dichiarato 40 miliardi di dollari di ricavi, registrando il 60% in più rispetto a Adidas, per un capitolato pari a 136 miliardi di dollari.

In seconda posizione è presente American Express, la compagnia di servizi finanziari che dal 1995 si pone come la carta di credito ufficiale non solo dell’NBA, ma anche della WNBA, la Women’s National Basketball Association, oltre ad essere sponsor personale dei Boston Celtics, Brooklyn Nets, Chicago Bulls, Los Angeles Lakers e Miami Heat. La Amex nel 2021 ha firmato un contratto pluriennale che assicurerà la presenza della società per i prossimi anni.

Ma le entrate economiche del basket arrivano anche direttamente dai mondi virtuali: la compagnia di videogiochi Electronic Arts, Ea Sports, è un partner datato della lega, precisamente dal momento in cui ha iniziato a pubblicare i suoi giochi di simulazione nel 1994, raggiungendo una cifra pari a 889 milioni di dollari di incassi con il videogame NBA 2K21. Ma il mondo sta cambiando e sta diventando sempre più digitale: con la diffusione del metaverso, ultima creatura di Mark Zuckerberg in collaborazione con la sua compagnia Meta, patron social media ha realizzato una partnership con l’NBA. Grazie a questo sodalizio, sarà possibile assistere alle partite come se ci si trovasse direttamente all’interno di un’arena, tramite l’utilizzo dei visori Oculus Quest 2, disponibili al pubblico al costo di 299 dollari. Attualmente la possibilità è confinata a coloro che risiedono in una zona in cui la partita non è trasmessa in televisione e che disponga di un abbonamento al League Pass, così da poter vedere gli incontri. Ma non tutti sono visibili: infatti, lo scorso 10 gennaio 2022, per poter vedere la sfida tra i Boston Celtics e Indiana Pacers, era necessario possedere anche Horizon Venues, una piattaforma dalla quale è possibile assistere agli eventi nel metaverso, scaricabile gratuitamente per il proprio visore. A prescindere dai problemi legati ad un progetto chiaramente embrionale, l’esperienza di gioco è positiva e sembra possedere delle potenzialità latenti notevoli, tant’è che sono già state fissate altre partite: il 17 gennaio si assisterà all’incontro tra Oklahoma e Dallas.

Nonostante lo sport, e in generale il mondo, si faccia sempre più tecnologico, il basket non abbandona e non abbandonerà mai la sua importante funzione sociale, in particolare in riferimento ai quei quartieri americani dimenticati, dove si assaggia amaramente sull’asfalto ciò che la vita può dare di più negativo. Moltissime storie di attuali famosi giocatori dell’NBA ruotano attorno a infanzie difficili, trascorse soprattutto a Compton, il sobborgo di Los Angeles situato a 10 km dalla City of Angels, culla degli scontri fra le gangs dei Bloods e dei Crips. Ed è proprio qui che lo sport, in questo caso la pallacanestro, ha reso possibile portare via giovani talenti da un ambiente che non avrebbe portato a nulla di buono. E questo lo sa bene, ad esempio, DeMar Darnell DeRozan, cestista 32enne in ruolo di ala piccola con i Chicago Bulls, che a Compton ha trascorso la sua difficile infanzia: «È stata davvero dura perché dovevi lottare per ogni piccola cosa. Dal basket al tornare a casa a piedi, c’era un qualche tipo di aggressione che dovevi affrontare, a cui dovevi resistere», ha spiegato Comp10.

Ma è stato proprio grazie a questa disciplina che DeRozan e tanti altri giovani ragazzi, seppur magari non emersi fino a diventare delle stelle nell’NBA, hanno avuto la possibilità di trovare nel basket una disciplina e una guida sociale all’interno di un contesto urbano spregiudicato. E del resto, lo stesso Nelson Mandela ha da sempre affermato con convinzione che “lo sport ha il potere di cambiare il mondo”, oltre ad avere la capacità di “suscitare emozioni, di ricongiungere le persone come poche altre cose e di risvegliare la speranza dove prima c’era solo disperazione”.