Il Politecnico di Milano nella Top 100: la prima università italiana nella élite mondiale

Nel cuore del panorama universitario globale si accende una luce italiana. Per la prima volta nella storia del QS World University Rankings, un ateneo del nostro Paese si colloca tra i primi cento al mondo. È il Politecnico di Milano, che si attesta al 98° posto in un’edizione che fotografa l’eccellenza accademica su scala planetaria. Un risultato che non ha solo il sapore della statistica, ma quello più profondo della trasformazione culturale e strategica: un segnale forte, che colloca l’Italia in un’arena fino a oggi dominata da colossi anglosassoni e asiatici.

Questo traguardo è l’esito di un cammino decennale fatto di visione, metodo e investimenti mirati. È l’esempio concreto di come – anche in un contesto nazionale spesso penalizzato da vincoli burocratici e sottofinanziamenti – si possa eccellere con coerenza e progettualità. “Non è il successo che dà senso alla fatica, ma la direzione in cui si muove la volontà”, avrebbe potuto scrivere un moderno Leopardi. Ed è proprio la volontà a guidare, da anni, l’azione del Politecnico.

Una crescita solida e costante

L’ascesa del Politecnico è tanto significativa quanto articolata. In 10 anni, l’ateneo milanese ha scalato 89 posizioni nella classifica QS, dimostrando una capacità rara di consolidare la propria reputazione in ambiti chiave: la qualità della ricerca, la spendibilità internazionale dei titoli, l’appetibilità dei suoi laureati nel mondo del lavoro. Basti pensare che, rispetto alla precedente edizione del ranking, l’ateneo ha guadagnato 10 posizioni nella percezione tra i recruiter globali, sei nella valutazione tra pari accademici e ben 40 nell’indice dedicato all’occupabilità.

Questi numeri parlano chiaro, ma il loro significato si coglie appieno solo se si guarda alla strategia che li sottende: internazionalizzazione, innovazione metodologica, dialogo costante con il tessuto produttivo. Il Politecnico ha saputo non solo formare, ma anche interrogarsi su cosa significhi oggi “formare bene”: costruire figure professionali capaci di affrontare le complessità della contemporaneità, ponendo le fondamenta di un sapere che sia non solo specialistico, ma anche etico, critico, trasversale.

Le parole della rettrice: un orgoglio che guarda oltre

A testimoniare l’importanza del traguardo è la rettrice dell’ateneo, Donatella Sciuto, che ha ribadito il valore simbolico e strutturale di questo ingresso nella Top 100: non solo una medaglia per il Politecnico, ma un segnale che riguarda l’intero sistema universitario italiano. «È la dimostrazione – ha dichiarato – che anche nel nostro Paese esistono istituzioni in grado di affermarsi sulla scena internazionale se dotate degli strumenti giusti e sostenute da una visione ampia».

Un’affermazione che richiama, implicitamente, la necessità di un nuovo patto tra università, Stato e società. Perché i ranking non siano trofei da esibire, ma leve di cambiamento. Perché la reputazione non si limiti a brillare nelle classifiche, ma si traduca in una maggiore capacità di attrarre risorse, talenti, idee.

Un’Italia che si muove, ma non abbastanza

Il successo del Politecnico non è isolato. Alcuni tra i principali atenei italiani mostrano segni di crescita: la Sapienza di Roma avanza di qualche posizione, l’Università di Bologna si conferma nella parte alta della classifica, Padova continua il suo percorso di consolidamento. Tuttavia, la soglia simbolica della Top 100 resta, per ora, un traguardo solitario. È l’ennesima conferma di un sistema a due velocità: in cui convivono eccellenze di respiro internazionale e fragilità strutturali che faticano a essere superate.

La difficoltà nel trattenere i giovani più brillanti, la cronica carenza di fondi per la ricerca, il divario tra Nord e Sud nella qualità dei servizi accademici sono nodi ancora irrisolti. Il caso virtuoso del Politecnico, in questo contesto, può e deve diventare un modello: non da imitare pedissequamente, ma da adattare, valorizzare, diffondere.

Numeri e qualità: un’eccellenza multidisciplinare

Il Politecnico conta oggi circa 49.000 studenti, di cui oltre 8.000 internazionali, e un corpo docente composto da più di 1.800 professori e ricercatori. È un riferimento mondiale per le discipline STEM, ma non solo. Architettura e design, aree in cui l’Italia vanta una tradizione secolare, trovano qui una declinazione contemporanea, capace di coniugare estetica e tecnologia, funzione e visione.

Le classifiche tematiche confermano da anni l’eccellenza del Politecnico in ambiti come ingegneria civile, meccanica, elettronica, oltre che in architettura e product design. Tuttavia, l’ambizione dell’ateneo non si ferma ai numeri: il vero obiettivo è rafforzare l’impatto sociale della conoscenza. Offrire competenze, sì, ma anche strumenti per pensare il mondo.

Un futuro che si costruisce oggi

L’ingresso nella Top 100 non è un traguardo, ma un varco. È l’occasione per ridefinire il ruolo dell’università italiana nello scenario globale, e per rilanciare un’idea di istruzione superiore come motore di sviluppo, coesione e cittadinanza attiva. Serve, ora più che mai, un investimento coraggioso in ricerca, didattica, diritto allo studio. Serve una politica che non guardi all’università come a un costo, ma come a una risorsa strategica.

Come ricordava Calvino, “quello che conta non è ciò che vedi, ma come lo guardi”. E questo 98° posto va guardato non come una cima conquistata, ma come un punto di partenza. Se sapremo riconoscere e sostenere il valore della conoscenza, l’Italia potrà ambire non solo a classificarsi tra le grandi, ma a esserlo per davvero.

FOTO: ANSA