Taipei si tiene pronta a una guerra pur senza cercarla mentre Tokyo valuta il suo ruolo in caso di contingenza taiwanese

Si è conclusa la visita della speaker della Camera Usa, Nancy Pelosi, a Taiwan. In risposta, come annunciato più volte, questa mattina alle 12 (ora locale, le 6 in Italia) Pechino ha avviato le più grandi esercitazioni mai operate sullo spazio aereo dell’isola.

«Sono gli Stati Uniti che hanno provocato i guai, la crisi e che continuano ad aumentare le tensioni. La palese provocazione Usa ha creato un pessimo precedente se non viene corretto e contrastato» – afferma il ministro degli Esteri cinese Wang Yi in una nota ministeriale, attaccando il G7 su Taiwan.

Le forze armate di Taipei hanno confermato il lancio di “diversi missili balistici” nelle acque nordoccidentali e sudoccidentali dell’isola e hanno reso nota l’attivazione dei sistemi di difesa.

Stando a quanto riportano in media ufficiali, si tratta “di manovre militari e d’addestramento su vasta scala“: lanci dal vivo di colpi di artiglieria e di missili in 6 aree marittime off-limits a navigazione e sorvolo che sconfinano anche nella zona economica esclusiva del Giappone, in una dimostrazione di forza dell’Esercito popolare di liberazione (Pla). Il ministero della Difesa giapponese ha riferito che cinque missili balistici lanciati dalla Cina sono finiti nella zona economica esclusiva nipponica, si tratta di “una questione grave che riguarda la sicurezza nazionale del nostro Paese e la sicurezza delle persone” ha spiegato il Ministero, mentre il Governo ha presentato una protesta diplomatica alla Cina. Nel corso della giornata il ministro della Difesa taiwanese ha parlato di 11 missili balistici Dongfeng (DF) lanciati dalla Cina nelle acque intorno a Taiwan. Secodno le sue parole l’esercito di Taipei avrebbe “colto immediatamente le dinamiche di lancio, attivato i relativi sistemi di Difesa e rafforzato la prontezza al combattimento“.

Come afferma l’agenzia di stampa ufficiale Xinhua, le esercitazioni hanno come obiettivo l’addestramento congiunto con sessioni di blocco, assalto di target marittimi, attacchi sulla terraferma e attività di controllo dello spazio aereo. Inizialmente sarebbero dovute durare fino a domenica a mezzogiorno ma verranno prolungate fino a lunedì alle ore 10 per coinvolgere anche un’altra area di azione, portando il totale a 7. Lo ha reso noto l’Ufficio marittimo e portuale di Taipei.

Il dipartimento della Difesa di Taiwan, in una nota rilasciata poco prima dell’inizio delle prove, ha accusato il Dragone di “comportamento irrazionale”. «Il ministero della Difesa nazionale sottolinea che si atterrà al principio di prepararsi alla guerra senza cercare la guerra. Le esercitazioni hanno l’intenzione di cambiare lo status quo e d’interrompere la pace e la stabilità regionali. L’esercito nazionale continuerà a rafforzare la sua allerta e le truppe a tutti i livelli condurranno l’addestramento quotidiano» – si legge nella comunicazione.

Dal canto suo Tokyo fa sapere che le esercitazioni “potrebbero accelerare le discussioni già in corso sul suo ruolo in caso di contingenza taiwanese, costringendo i politici nipponici a pensare in modo più concreto a tale eventualità“.

L’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha espresso la sua ferma condanna: «non c’è alcuna giustificazione per usare una visita come pretesto per un’attività militare aggressiva nello Stretto di Taiwan. È normale e di routine per i legislatori dei nostri Paesi viaggiare a livello internazionale. Incoraggiamo tutte le parti a mantenere la calma, esercitare moderazione e agire con trasparenza» – ha scritto su Twitter.

Sulla questione si sono espressi anche i ministri degli Esteri del Paesi del G7: «non vi è alcuna giustificazione per usare una visita come pretesto per un’attività militare aggressiva nello Stretto di Taiwan» – si legge in una nota congiunta. Hanno fatto seguito i ministri degli Esteri dell’Asean, i 10 Paesi del sudest asiatico (Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam), affermando in una dichiarazione congiunta che la situazione “potrebbe destabilizzare la regione e alla fine potrebbe portare a errori di calcolo, gravi confronti, conflitti aperti e conseguenze imprevedibili tra le principali potenze“.

La posizione del segretario di Stato americano, Antony Blinken, è chiara: «gli Stati Uniti si oppongono a qualsiasi sforzo unilaterale per cambiare lo status quo di Taiwan, soprattutto con la forza. La politica degli Usa non è cambiata”, ha ribadito Nlinken, sottolineando che “la stabilità dello stretto è nell’interesse dell’intera regione».

Gli ambasciatori dei Paesi del G7 e dell’Ue in Cina sono stati convocati dal ministero degli Esteri per “esprimere il più completo disappunto” sul comunicato di condanna delle esercitazioni militari firmato ieri.

di: Alessia MALCAUS

FOTO: SHUTTERSTOCK