Uno studio della Northwestern University di Chicago studia gli anziani dalla memoria di ferro, forse la chiave per capire l’Alzheimer

Potrebbero essere gli over 80 con performance mnemoniche pari a quelle di persone di 20 o 30 anni più giovani, la soluzione che i ricercatori inseguono per cercare di trovare una cura al morbo di Alzheimer. Sono i cosiddetti “SuperAger”, termine coniato dai ricercatori statunitensi della Northwestern University di Chicago stanno conducendo, ormai da diversi anni, un programma di ricerca volto a comprendere cosa protegge dall’invecchiamento le loro cellule cerebrali e a combattere malattie degenerative come l’Alzheimer.

Gli scienziati dell’ateneo hanno già iniziato una campagna di reclutamento tra gli anziani per trovare i SuperAger e poterli studiare. “Il programma SuperAging – si legge nella pagina dedicata alla presentazione delle domande per poter far parte della ricerca – ci aiuta a identificare quei fattori protettivi che contribuiscono a notevoli prestazioni della memoria in tarda età, inclusi fattori genetici, stile di vita e cerebrali”. I requisiti sono avere più di 80 anni e una memoria migliore a breve e a lungo termine rispetto alle persone tra i 50 e i 60 anni, un elemento che sarà verificato attraverso test cognitivi approfonditi. «Solo il 10% circa delle persone che si candidano al programma soddisfa questi criteri» spiega la neuroscienziata cognitiva Emily Rogalski, professoressa di psichiatria e scienze comportamentali alla Feinberg School of Medicine, che ha sviluppato il progetto.
«I “SuperAger” – sottolinea – devono avere una memoria episodica eccezionale e prestazioni almeno nella media sugli altri test cognitivi», ha sottolineato. Chi passerà la selezione sarà sottoposto a scansioni cerebrali con cadenza annuale e a test cognitivi.

La ricerca ha già prodotto i primi risultati, molto interessanti: analizzando infatti i dati raccolti e le scansioni cerebrali gli scienziati hanno scoperto che la corteccia cerebrale dei SuperAger, responsabile del pensiero, del processo decisionale e della memoria, rimane molto più spessa e si restringe più lentamente rispetto a quella delle persone tra i 50 ei 60 anni; inoltre è stato notato che nel cervello dei SuperAger ci sono tre volte meno grovigli neurofibrillari di proteina tau, delle formazioni anormali di proteine responsabili dell’invecchiamento cognitivo.

di: Caterina MAGGI

FOTO: PIXABAY