Alaa Abd el-Fattah

Anche grazie ai riflettori della Cop27, piovono critiche sul Governo egiziano che detiene il giornalista dal 2019. Scholz: “agire per evitare esito fatale”

Non solo Patrick Zaki e Giulio Regeni: il summit Cop27 accende i riflettori internazionale su diversi casi di violazione dei diritti umani in Egitto. Fra questi c’è anche la vicenda del giornalista e attivista Alaa Abdel Fattah, detenuto dal 2019 e condannato nel 2021 a cinque anni di carcere per aver diffuso “notizie false”, da qualche giorno in sciopero della fame.

Abdel Fattah è in sciopero parziale della fame dal 2 aprile 2022, con l’assunzione di 100 calorie giornaliere. Dal primo novembre l’attivista ha cominciato a rifiutare integralmente tutto il cibo solido e, con l’inizio della Cop27, dal 6 novembre ha avviato anche uno sciopero della sete. Se non dovesse essere rilasciato, Alaa morirà prima della fine del summit.

La rappresentante del Governo tedesco per i diritti dell’uomo Luise Amtsberg accusa in una nota Il Cairo di non essere all’altezza della “responsabilità speciale” che la conferenza sul clima le metterebbe in capo: «È solo attraverso uno scambio aperto di idee e approcci che riusciremo a tenere sotto controllo la crisi climatica. – scrive Amtsberg. – Al contrario, quando prevale la paura della repressione, l’impegno della società non può resistere a lungo termine».

«Il rilascio di Fattah, che è in grave pericolo a causa del suo sciopero della fame, insieme a quello di altri prigionieri politici, sarebbe un segnale importante sul fatto che l’Egitto prende sul serio questa responsabilità».

«Se si desidera la morte, lo sciopero della fame non è una lotta – così Abdel Fattah in una lettera alla famiglia. – Se ci si aggrappasse alla vita solo per istinto, che senso avrebbe uno sciopero? Se si rimanda la morte solo per la vergogna delle lacrime della propria madre, allora si diminuiscono le possibilità di vittoria…. Ho deciso di intensificarlo in un momento che ritengo opportuno per la mia lotta per la libertà e per la libertà dei prigionieri di un conflitto in cui non hanno alcun ruolo o da cui stanno cercando di uscire; per le vittime di un regime che non è in grado di gestire le sue crisi se non con l’oppressione, non è in grado di riprodursi se non attraverso l’incarcerazione».

Dalla Germania arriva l’appello di Scholz: «dobbiamo prendere una decisione ora, un rilascio deve essere possibile in modo che questo sciopero della fame non abbia un esito fatale». Il portavoce del cancelliere ha spiegato che Scholz ha discusso direttamente con il presidente egiziano del caso del blogger pro-democrazia.

di: Marianna MANCINI

FOTO: ANSA/EPA/TOLGA AKMEN