ANSA/EPA/Rolex dela Pena

Cambio di strategia dopo le pressioni del regime

La nazionale dell’Iran è tornata a cantare l’inno dopo la clamorosa protesta della prima giornata del mondiale in Qatar 2022. Giunti alla partita contro il Galles tutti i giocatori hanno cantato o almeno mormorato l’inno nazionale: si è pensato a pressioni da parte del regime, o almeno il pubblico sugli spalti deve averlo pensato, visto in quanti hanno contestato con “buu” e fischi la retromarcia dei giocatori.

Tra i più rabbuiati, a bocca mezza chiusa, l’attaccante del Bayer Leverkusen Sardar Azmoun, che si era più volto esposto a sostegno della rivolta contro gli Ayatollah.

L’Iran ha poi vinto la partita e festeggiato ma questo non ha impedito la comparsa sugli spalti di striscioni e magliette con lo slogan “Donne, vita, libertà” inneggiante alle proteste in corso in Iran da metà settembre, dopo la morte della giovane curda Mahsa Amini.

La retromarcia è seguita all’intervento del potente presidente del Consiglio comunale di Teheran, il falco Mehdi Chamran, che dopo la partita inaugurale ha lanciato un avvertimento minaccioso: “Non permetteremo a nessuno di insultare il nostro inno o la nostra bandiera”. E un deputato conservatore del Kurdistan ha invitato a sostituire i calciatori con giovani “fedeli e rivoluzionari disposti a cantare l’inno”.

Inoltre, alla vigilia della partita con il Galles è arrivato anche il brutale arresto del calciatore curdo Voria Ghafouri, portato via in manette davanti al figlio. Un monito molto chiaro.

di: Micaela FERRARO

FOTO: ANSA/EPA/Rolex dela Pena