La storia di una coppia, di una scommessa, di una visione innovativa che punta a migliorare i processi farmaceutici

Nel settore farmaceutico si sente spesso parlare di GMP, Good Manifacturing Practices, ma visto che si parla di qualcosa che incide sulla vita delle persone, perché non spingersi a sognare delle Best Manufacturing Practices? È da questa domanda che con coraggio Gianni Ponzo (Managing Director) e Cristina Maramao (CEO), un ingegnere e una commercialista, hanno deciso di unire le loro strade non solo nella vita ma anche nel lavoro per dar vita al progetto di nome PAT Way Solutions.

Qual è la storia di PAT Way Solutions?

CM:«PAT Way Solutions nasce nel 2012; Gianni lavorava per una società multinazionale farmaceutica, ma aveva altre idee e non riusciva a concretizzarle perché inserito in una struttura. Eravamo già sposati quando mi spiegò questa necessità, così ho deciso di aiutarlo ad aprire la società. All’inizio avevamo un solo dipendente, ma molto velocemente siamo diventati 10 e poi 15, man mano che il mercato cresceva e si ampliava. Il mercato farmaceutico sembra un colosso ma in realtà è abbastanza ristretto, nel senso che ci si conosce tutti. Per noi questo progetto è stato una scommessa».

Nello specifico, di cosa si occupa la vostra realtà?

GP:«Ci occupiamo di Computer System Validation, cioè facciamo test su apparecchiature farmaceutiche per dare evidenza documentata che funzionino come dovrebbero. Per le aziende assicurarsi che i sistemi di manifattura siano funzionanti è un obbligo di legge, e dal momento che sono necessarie competenze specifiche spesso ci si avvale di consulenze esterne. Questo per i primi 5 o 6 anni è stato il nostro lavoro principale. Poi ho sentito l’esigenza di tornare al processo, perché verificare gli impianti significa inserirsi solo nella fase finale. Così, durante la pandemia, abbiamo iniziato a lavorare su l’ingegneria di processo sviluppando un software con un cliente. L’obiettivo era mappare i processi di produzione e  valutare i rischi che possono occorrere al prodotto ma anche alla salute degli operatori. È quindi un sistema integrato che aiuta a focalizzare su uno scenario di rischio, permettendo al team di concentrarsi su uno step di processo per stabilire se è o meno sotto controllo».

Qual è il futuro di questo progetto e di PAT Way?

GP:«Il futuro per noi è concentrarsi sul processo. Ad oggi, con il concetto Quality-by-Testing, un prodotto deve essere essenzialmente “buono”, ma quando si parla di farmaci bisognerebbe che fosse il “migliore” possibile. L’attenzione però resta sul prodotto finito. La mission di PAT Way quindi è, tramite la conoscenza della strumentazione tecnologica e dei macchinari, proporsi al settore farmaceutico per portare innovazione tecnologica sui processi esistenti e per passare a una visione “Best” basata sul Quality-by-Design. Per farlo bisogna anche padroneggiare le norme, oltre che gli aspetti tecnologici e di processo, e quindi dedicare tempo alla formazione del personale interno. Abbiamo suscitato interesse anche in settori estranei a quello farmaceutico, come quello del caffè. Con questo tipo di logica potremmo espanderci da Roma all’Europa e anche agli Usa».

PAT Way rappresenta un’osmosi di competenze di professionisti esperti in diversi campi, dai costruttori di apparecchiature, strumentazione di misura e sistemi di automazione, con servizi di consulenza integrati con le soluzioni tecnologiche costruite su misura. La sua flessibilità e plasmabilità, inoltre, fa sì che le società multinazionali del settore spesso si rivolgano a questa piccola realtà per rafforzare e integrare le proprie competenze.

PAT Way ha inoltre deciso di promuovere in Italia e in Europa una modalità di gestione ed esecuzione dei test di qualifica, senza scartoffie – Paperless Validation – in modo da ridurre drasticamente tempi e costi di investimento oltre che non impattare inutilmente sull’ambiente.