Nel cuore di Ginevra gli scienziati realizzano il sogno millenario degli alchimisti e trasformano nuclei di piombo in atomi d’oro durante collisioni ad altissima energia
Il sogno di trasformare il piombo in oro è antico quanto la pratica dell’alchimia, materia che siamo abituati – non a caso – ad associare a miti e leggende polverosi e incantati quanto i romanzi fantasy dentro cui notoriamente viene descritta. In realtà l’alchimia era una realtà per moltissime culture antiche: nell’antico Egitto esistevano pratiche proto-alchemiche legate alla metallurgia sacra e alla trasformazione simbolica dei metalli, con il dio Thot patrono della trasmutazione; in Grecia l’alchimista Zosimo di Panopoli fu il primo, nel IV secolo d.C. a descrivere processi chimici e simbolici legati alla trasmutazione dei metalli e nel mondo islamico Jābir ibn Hayyān (noto in Occidente come Geber), vissuto nell’VIII secolo, fu uno dei primi a sviluppare sistematicamente l’alchimia come disciplina sperimentale, perché credeva che tutti i metalli derivassero da una combinazione di mercurio e zolfo e che dunque fosse possibile ottenere l’oro purificando altri metalli.
L’alchimia ha, insomma, radici culturali profonde. Nel Medioevo e nel Rinascimento gli alchimisti erano convinti che esistesse una sostanza specifica in grado di trasformare i metalli vili (il piombo) in metalli nobili, in particolare in oro; era la “pietra filosofale”, il sacro Graal dell’Alchimia, una sostanza non meglio identificata che poteva assumere qualunque forma: una pietra, una polvere rosso sgargiante, un calice.
Se accettiamo l’alchimia come materia di contatto tra la scienza e il misticismo, potremmo azzardarci a dire che la pietra filosofale assume, in queste ultime ore, la forma del CERN: proprio qui, nel cuore di Ginevra, grazie alla fisica delle particelle, gli scienziati hanno portato a termine l’esperimento ALICE, uno dei più importanti del Large Hadron Collider (LHC), l’acceleratore di particelle più potente al mondo. L’esperimento ha realizzato il desiderio millenario di trasmutare il metallo in oro non con alambicchi e simboli ermetici, ma grazie a una serie di collisioni di particelle ad altissima velocità che hanno provocato una “dissociazione elettromagnetica”. Cosa significa? La dissociazione elettromagnetica avviene quando due nuclei di piombano si sfiorano senza scontrarsi frontalmente e così facendo generano campi elettromagnetici così intensi che “strappano” protoni dai nuclei. Perciò se un nucleo di piombo, che ha 82 protoni, perde tre protoni, scende a 790 e si trasforma in un atomo d’oro.
Il processo è stato confermato con i calorimetri a zero gradi, ZDC, strumenti estremamente sensibili che sono capaci di misurare i fotoni prodotti in queste interazioni. Dalla dissociazione elettromagnetica non è emerso solo oro, sono stati rilevati anche nuclei di tallio e mercurio.
Bisogna fare però un’opportuna specifica: sono stati prodotti con questo esperimento circa 86 miliardi di nuclei d’oro che sembra sì una cifra vertiginosa ma in verità si traduce in appena 29 picogrammi, pari a 0,000000000029 grammi, una quantità microscopica e destinata a dissolversi quasi nell’immediato. Il valore di questa scoperta perciò non è tanto economico quanto scientifico e simbolico, perché aiuta a comprendere meglio i meccanismi fondamentali della materia e i processi nucleari che avvengono nelle stelle e che, miliardi di anni fa, hanno dato origine agli elementi chimici nell’universo.
Perciò la vera ricchezza del “trasformare il piombo in oro” deriva dalla comprensione della struttura più profonda della realtà, che permette di esplorare i confini della conoscenza umana e di toccare, anche solo per un istante, le forze che hanno modellato il cosmo.
di: Micaela FERRARO
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