NETANYAHU

L’ex premier israeliano accusato in tre processi, il caso 1.000, il caso 2.000 e il caso 4.000

L’emendamento richiesto potrebbe danneggiare il diritto e la capacità degli imputati di condurre la propria difesa“: con questa motivazione i giudici del processo penale a Benjamin Netanyahu hanno respinto la richiesta dei pubblici ministeri di modificare il capo di imputazione nei confronti dell’ex premier israeliano.

Nell’atto d’accusa, infatti, si legge che la riunione durante la quale Netanyahu avrebbe incaricato Shlomo Filber, un ex confidente del primo ministro diventato testimone di Stato, di agire a beneficio di Shaul Elovitch, allora azionista di controllo di Bezeq telecomunicazioni, in cambio di una copertura positiva dal sito di notizie Walla di proprietà di Bezeq, si sarebbe tenuta dopo la nomina dello stesso Filber. Dopo la testimonianza del testimone, tuttavia, l’ufficio del procuratore ha chiesto che venga specificato che la riunione si sarebbe tenuto dopo che Netanyahu aveva deciso la nomina di Filber a direttore generale del Ministero delle Comunicazioni.

La testimonianza resa da Filber apparirebbe contraddittoria sia in merito al contesto dell’incontro che sulle tempistiche. Secondo i giudici, tuttavia, il processo è in uno stato avanzato e Filber è già oggetto di interrogatorio.

Il cosiddetto caso 4.000 è solo uno dei processi per corruzione, frode e abuso di fiducia che vede sul banco degli imputati Netanyahu, insieme al caso 1.000 e al caso 2.000.

A differenza della modifica dell’accusa, i giudici hanno invece accettato la richiesta di aggiungere altri tre testimoni nel caso 1000 – che vede Netanyahu accusato di aver illecitamente accettato regali -, ovvero la figlia del produttore cinematografico israeliano di Hollywood, Arnon Milchan, Elinor, l’assistente personale del magnate australiano James Packer, Ian Morris, che avrebbe acquistato i gioielli, e Inbar Blankman, che ha lavorato presso la gioielleria Caprice a Ramat Gan, dove i gioielli sarebbero stati acquistati.

Nel caso 2.000, infine, è accusato di aver tentato di raggiungere un quid pro quo con l’editore di Yedioth Ahronoth, Arnon Mozes, per una copertura mediatica positiva.

di: Alessia MALCAUS

FOTO: ANSA/EPA/ATEF SAFADI