Sara Curtis ha detronizzato la Divina, stabilendo il record italiano dei 100 stile libero. Segni particolari: perfezionista, tifosa del Toro e… nera. È la prima volta nella storia
Il 15 aprile scorso, durante gli Assoluti UnipolSai a Riccione, Sara Curtis ha scritto una pagina importante del nuoto italiano. E non solo a livello sportivo.
Nei 100 metri stile libero ha fermato il cronometro a 53”01, abbattendo il record italiano di Federica Pellegrini che resisteva dal 2016. Per la cronaca, la Divina ha fatto i complimenti su Instagram all’intera squadra, ma non ha mai commentato la sua detronizzazione. «Onestamente non ho parole per quello che ho fatto. Sapevo di stare bene e di essere in forma, ma così sono andata oltre le mie aspettative. Ho battuto un mito come Federica, che per noi rappresenta una leggenda», aveva dichiarato a caldo Curtis ai microfoni di Sky Sport. Ma la sua impresa ha un valore ancora più profondo: Sara Curtis è la prima campionessa italiana di nuoto di colore a detenere un record nazionale in una disciplina individuale. Un traguardo simbolico, che abbatte una delle poche barriere rimaste nello sport azzurro e non solo.
A livello internazionale, Curtis si inserisce in una scia aperta da altre grandi atlete afrodiscendenti. Tra queste, spicca Simone Manuel, prima donna afroamericana a vincere una medaglia d’oro individuale nel nuoto olimpico (Rio 2016, 100 stile libero), e Alice Dearing, prima nuotatrice nera a rappresentare la Gran Bretagna nel nuoto alle Olimpiadi (Tokyo 2020, fondo). In Europa, una figura rilevante è Marie Wattel, nuotatrice francese di origini africane, medaglia mondiale nei 100 farfalla. Anche l’olandese Ranomi Kromowidjojo, oro olimpico nel 50 stile a Londra 2012, è diventata un riferimento per atlete con background non europei.
È bene ricordare che, appena qualche anno fa, una nota rivista di divulgazione scientifica italiana scriveva che «i neri nel nuoto sono svantaggiati per ragioni fisiologiche. Hanno una densità ossea più elevata rispetto ad altre popolazioni e una minor percentuale di tessuto grasso: perciò galleggiano meno facilmente», “spiegando” così perché ci fossero pochi campioni di colore nel nuoto. E, con la diffusa quanto deprecabile pratica del “copia-incolla”, queste stesse parole sono state replicate in decine di siti. Questa affermazione è falsa e razzista. E diffusa in tutto il mondo. In realtà, le cause sono, drammaticamente, storiche, economiche e sociali.
Sara è consapevole della portata del suo ruolo: «spero che la mia storia possa ispirare altre ragazze che magari non si vedono rappresentate in questo sport. Io sono fiera delle mie origini e del mio percorso», ha detto in un’intervista a La Stampa.
Classe 2006, nata a Savigliano, in provincia di Cuneo, ha iniziato a nuotare a quattro anni. Assecondata da papà Vincenzo, ex ciclista, e da Helen, ex atleta di atletica leggera originaria della Nigeria, Sara ha mostrato fin da subito una predisposizione naturale per l’acqua. Allenata da Thomas Maggiora, con il quale lavora fin da bambina presso la Libertas Team Novara, ha scalato rapidamente le classifiche giovanili, conquistando numerose medaglie a livello europeo e mondiale juniores.
La sua giornata inizia alle 6 e 45, divisa tra scuola e vasca. Frequenta l’ultimo anno dell’Istituto Tecnico Economico e Turistico a Savigliano, conciliando lezioni e allenamenti con una determinazione fuori dal comune. «Amo prendermi il mio tempo per pensare a cosa fare, anche durante gli allenamenti ho bisogno di focalizzarmi, non parlare con nessuno e mettermi da parte per concentrarmi», ha raccontato a Vanity Fair.
La disciplina, per lei, è un valore appreso presto e interiorizzato. Non si definisce una leader, ma una perfezionista: «mi piace fare le cose bene e in silenzio. Non mi interessa mettermi in mostra, ma dare il massimo ogni giorno».
Fuori dall’acqua, Sara è una ragazza riservata ma curiosa. Ama la musica (ascolta Billie Eilish, SZA, Kendrick Lamar), legge romanzi contemporanei, scrive poesie, cucina per rilassarsi e tifa Torino. «Sono una tipa solitaria, devo stare nella mia bolla», ha dichiarato in più occasioni, ribadendo quanto la concentrazione e l’equilibrio emotivo siano centrali nella sua crescita personale e sportiva. Anche l’identità culturale è per lei una risorsa. «Da mia madre ho imparato il rispetto, la resilienza, la forza. Mi sento italiana al 100%, ma anche africana nel cuore», ha confidato in un’intervista radiofonica.
Nel mirino c’è l’Università della Virginia, negli Stati Uniti, dove Curtis dovrebbe trasferirsi nel 2026 per coniugare studio e nuoto di alto livello. Un modello già seguito da altri talenti italiani, come Benedetta Pilato e Thomas Ceccon, che hanno sfruttato le opportunità del college system americano.
Nel frattempo, l’obiettivo immediato sono gli Europei di Belgrado e i Mondiali in vasca corta. Ma è chiaro che il vero orizzonte si chiama Olimpiadi, a Los Angeles, nel 2028. «Questo è un anno importante, il primo di un quadriennio decisivo», ha dichiarato dopo la vittoria nei 50 dorso agli Assoluti. «So di avere ancora tanto da migliorare, ma ho fiducia nel mio percorso».
Sara Curtis sta rompendo stereotipi dentro e fuori dalla vasca. Non solo eccellenza sportiva, ma anche simbolo di un’Italia che cambia: più aperta, più multiculturale, più inclusiva. Un record, certo, ma anche un messaggio. La giovane campionessa lo lancia con la determinazione dell’acqua che scorre: calma in superficie, ma inarrestabile in profondità.