Dimensioni in perfetto accordo alla teoria della relatività di Einstein, la scoperta è sensazionale

È stata svelata la prima immagine di ciò che si trova al centro della nostra galassia, il buco nero supermassiccio. L’immagine è stata ottenuta grazie alla sinergia della rete globale di radiotelescopi, la Collaborazione Event Horizon Telescope (Eht), un team internazionale composto anche da ricercatrici e ricreatori dell’Istituto nazionale di astrofisica, dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, dell’Università Federico II di Napoli e dell’Università di Cagliari.

L’immagine era attesa da molto tempo, dato che già in passato grazie alle scoperte del movimento delle stelle intorno a un corpo invisibile, compatto e particolarmente massiccio al centro della Via Lattea, si era aperta la possibilità di pensare che l’oggetto in questione, chiamato Sagittarius A* (Sgr A*), fosse un buco nero.

Grazie a questa immagine si fuga ogni dubbio e fornisce la prima prova diretta a sostegno di questa tesi. Il buco nero non può essere percepito visivamente dato che non mette luce, ma il gas intorno a esso ha un aspetto distintivo: la parte centrale scura (la cosiddetta ombra del buco nero) circondata sa una struttura brillante a forma di anello. La massa del buco nero sarebbe pari a quattro milioni di volte quella del Sole.

«Siamo rimasti sbalorditi da quanto le dimensioni dell’anello siano in accordo con le previsioni della teoria della relatività generale di Einstein», ha spiegato Geoffrey Bower, Eht project scientist all’Academia Sinica di Taipei, Taiwan e alla University of Hawaiʻi at Mānoa, negli Stati Uniti. I risultati sono stati descritti in diversi articoli pubblicati oggi su un numero speciale della rivista The Astrophysical Journal Letters.

«È uno straordinario risultato della cui portata riusciremo a renderci conto davvero solo con il tempo – ha dichiarato la ministra dell’Università e della Ricerca Maria Cristina Messa. – Complimenti al grande e globale gruppo di lavoro che ha consentito di raggiungerlo e, all’interno di questo, alle scienziate e agli scienziati italiani. Questa scoperta dimostra come le reti collaborative di ricerca internazionale siano fondamentali per il progresso di tutti, di come sia importante per l’Italia farne parte investendo, in modo continuo e stabile negli anni, in grandi infrastrutture di ricerca e di dati, per rafforzarle e implementarle sempre di più, e di come si debba fare uno sforzo per preservare queste reti anche in momenti di crisi. Questo risultato ci ricorda anche che non si deve avere sempre fretta di raggiungere in pochissimo tempo un determinato risultato: la ricerca ha i suoi tempi e a questi dobbiamo avere la pazienza di adattarci, consapevoli che ne varrà sempre la pena».

Secondo quanto riportano i dati il buco nero si trova a circa 27mila anni-luce dalla Terra in direzione della costellazione del Sagittario, per poter arrivare all’immagine uscita oggi sono stati messi insieme 8 osservatori radio-astronomici in tutto il mondo per creare un unico telescopio virtuale dalle dimensioni del pianeta Terra. L’osservazione è partita dal 2017 raccogliendo dati per diverse ore durante la notte.

«La variabilità è uno degli aspetti critici di Sgr A*: se da un lato rappresenta una grande sfida per la produzione di immagini del centro galattico, dall’altro ci fornisce uno strumento fondamentale per l’indagine dei processi fisici che vi hanno luogo», commenta Nicola Marchili, ricercatore Inaf e secondo autore di uno degli official papers, che ha lavorato all’analisi dei dati sulla variabilità temporale del buco nero. «La variabilità stimata dai dati Eht è molto inferiore a quanto atteso in base alla maggior parte dei modelli teorici correnti e pone quindi vincoli stringenti alle proprietà fisiche del buco nero», aggiunge Marchili, che lavora presso il Centro regionale europeo Alma a Bologna insieme alle ricercatrici Inaf Elisabetta Liuzzo e Kazi Rygl, anch’esse parte della Collaborazione Eht, all’interno della quale si occupano principalmente della calibrazione dei dati.

«Ottenere questa immagine è sempre stato il nostro obiettivo sin dall’inizio del progetto e poterla rivelare al mondo oggi ci ripaga di tanti anni di duro lavoro» ha concluso Ciriaco Goddi, docente all’Università di Cagliari, associato Inaf e Infn, che fa parte di questa impresa sin dal 2014 come coordinatore del gruppo europeo di BlackHoleCam. «La rete Eht è in continua espansione e oggetto di importanti aggiornamenti tecnologici: così potremo avere immagini ancora più impressionanti e addirittura filmati di buchi neri nel prossimo futuro».

di: Flavia DELL’ERTOLE

FOTO: ANSA/ EHT Collaboration