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L’ex presidente di Confindustria Lombardia: “chiesi a Fontana di non istituire la zona rossa, la Regione era d’accordo”

Prosegue l’inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione della pandemia in val Seriana. Fra i verbali dei magistrati spuntano fuori anche le dichiarazioni di Giovanni Rezza, direttore Prevenzione del Ministero della Salute ed ex direttore Malattie infettive dell’Iss. Rezza, sentito come teste il 18 giugno del 2020, ha confermato alcuni tentennamento dell’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

«Mi sembrava – avrebbe dichiarato Rezza ai magistrati – che il Presidente del Consiglio non fosse convinto e avesse bisogno di un forte supporto per convincersi della opportunità di istituire la zona rossa». Riferendo di una riunione del Cts tenutasi il 6 marzo 2020, Rezza aggiunge di essere uscito dall’incontro “con l’idea che ci fosse indecisione“, mentre “la mia fissazione restava la necessità di una zona rossa a Nembro e Alzano“.

Di diverso avviso era invece l’ex presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti. Come risulta dai verbali dei pm raccolti il 3 giugno 2020, l’industriale ammette di aver “chiesto al presidente della Lombardia di farsi parte attiva a non far istituire zone rosse ma solo di limitare le chiusure alle attività non essenziali“. Fontana e la Regione Lombardia, stando alla testimonianza dell’imprenditore, erano “d’accordo con noi nel non istituire le zone rosse ma nel limitare le chiusure alle sole aziende non essenziali“.

Oltre ai nomi iscritti nel fascicolo dopo la chiusura delle indagini, fanno scalpore anche i “grandi assenti” dall’inchiesta. Fra tutti l’ex direttore vicario dell’Oms Ranieri Guerra, finito al centro delle polemiche per un messaggio risalente al 15 marzo 2020 in cui scriveva che “fare i tamponi a tutti è la cazzata del secolo“.

«La fine dell’indagine mi restituisce giustizia – dichiara all’Agi Ranieri Guerra. – Dopo anni in cui sono stato additato come responsabile assoluto della diffusione della pandemia e ho subito minacce di morte sono l’unico a non esserci. Non ho interessi a ‘regolamenti di conti’ dal punto di vista umano ma mi auguro che chi mi ha accusato, Francesco Zambon, (ex funzionario dell’Oms, ndR) abbia una coscienza. Per me questa storia è stata un danno enorme, oggi probabilmente sarei ancora all’Oms». Zambon aveva accusato Ranieri Guerra di averlo obbligato a postdatare il piano pandemico del 2006 al 2016.

Quanto al messaggio incriminato, Ranieri Guerra spiega: «in quel momento bisognava aspettare 24-48 ore per avere gli esiti perché i tamponi dovevano passare dall’Iss, era un meccanismo assurdo perché la tempestività era tutto. Occorreva prima di tutto isolare le persone e poi, chiaro, fare anche il tampone, In Lombardia non era già più possibile farli perché il tracciamento era saltato e il virus galoppava».

Nei giorni scorsi dalle indagini sulla gestione della pandemia in Val Seriana sono emerse anche alcune dichiarazioni di Conte, anch’esse rese nel corso di colloqui con i pm risalenti al giugno 2020. L’ex premier affermava di aver interloquito con il presidente Fontana, “ed escludo che mi sia stata chiesta l’istituzione di una zona rossa per Nembro e Alzano“.

di: Marianna MANCINI

FOTO: ANSA/GIUSEPPE LAMI