Cos’è, come funziona, gli obiettivi: tutto quello che c’è da sapere sul riacquisto di azioni da parte di società quotate
Il buy-back è il riacquisto di azioni proprie da parte della stessa società quotata in Borsa che le ha emesse. L’acquisto deve essere autorizzato dall’assemblea dei soci la quale ne fissa le modalità, indicando in particolare il numero massimo di azioni da acquistare, la durata, non superiore ai 18 mesi, il corrispettivo minimo e quello massimo.
Il buy-back segue uno schema ben preciso che si articola per gradi. Innanzitutto la società riacquista alcune sue azioni. Tali azioni vengono riassorbite e cancellate poiché la società non può essere investitore di se stessa. La cancellazione riduce il numero di azioni sul mercato e meno azioni ci sono, più aumenta il loro valore. Di conseguenza ogni azionista ha una fettapiùgrande della società e dunque un maggior profitto.
Una volta autorizzato dall’assemblea dei soci, un programma di riacquisto può essere realizzato o tramite offerta diretta, detta anche tender offer, oppure con acquisti sul mercato. Nel primo caso la società offre agli azionisti di riacquistare un tot di azioni a una forchetta di prezzo che viene stabilita all’interno di un determinato arco temporale. È la pratica più diffusa. Nel secondo caso invece il buy-back avviene con le modalità utilizzate da un qualsiasi investitore, ossia ad un prezzo stabilito dalle dinamiche di mercato (incontro domanda/offerta). Questa seconda modalità è in genere poco utilizzata dalle aziende poiché non appena viene diffusa la notizia il prezzo delle azioni schizza.
Ci possono essere diversi motivi per cui una società quotata decide di avviare delle operazioni di buy-back. Molte aziende varano dei piani di remunerazione a dipendenti e manager che prevedono l’assegnazione di azioni; gli acquisti servono, quindi, a procurarsi le azioni da consegnare nell’ambito di questi piani. Ne sono un esempio tipico i piani di stock option, con cui il management può comprare azioni della società a un prezzo predefinito.
Un altro motivo è legato alle strategie di espansione: per esempio una società ne vuole acquistare un’altra pagandola in azioni, non in contanti, evitando però di “annacquare” la quota degli azionisti rilevanti emettendo nuove azioni. L’obiettivo potrebbe essere anche quello di impedire ad altri azionisti di acquisire una quota di controllo.
La maggior parte dei riacquisti ha, però, un’altra motivazione, ovvero sostenere il prezzo in Borsa specialmente se si tratta di un titolo sottovalutato: più è basso il numero di azioni in circolazione, più l’utile per azione sale e di conseguenza anche il prezzo dell’azione stessa tende a salire.
Non è però tutto oro quello che luccica. Se le società hanno scelto di usare il buy-back per aumentare l’utile per azione, in molti casi è perché non hanno trovato una alternativa migliore per impiegare i propri capitali. Non solo: molte di queste operazioni sono finanziate con nuovi debiti, specialmente in periodi di bassi tassi di interesse. Ma quando i tassi ricominciano a salire, questo nuovo debito pesa sui bilanci. E in ogni caso, che sia stato finanziato con la liquidità in cassa o con nuovo debito, il riacquisto di azioni lascia le società più “fragili” dal punto di vista finanziario, con meno risorse.
Il buy-back rappresenta quindi un’operazione positiva o negativa? Non c’è un’unica risposta a questa domanda. Bisogna valutare i singoli casi, per capirne le motivazioni e gli eventuali impatti sui conti societari.