La società italo-spagnola che investe sul futuro dell’energia
La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021 ha previsto la riduzione entro il 2030 del 30% di metano fossile. Ma quali alternative concrete abbiamo, ad oggi, per sostituire questo combustibile? Una nuova strada verso la sostenibilità si apre con il gas metano liquido e, in particolare, con il biometano. Ne abbiamo parlato con Aldo Bernardini, Amministratore Delegato di Ham Italia.
–Ci racconti il vostro progetto di investimento in Italia…
«Dopo un felice esordio in Spagna, nel 2011 decidiamo di diffondere anche in Italia la cultura del Gas Naturale Liquefatto, meglio noto come metano liquido, e del biometano. Inizialmente si trattava di un progetto molto ambizioso, dati gli ostacoli commerciali di un mercato ancora troppo legato ai combustibili fossili come il metano. Una sfida che non ci ha frenato: ad oggi, siamo l’unico gruppo europeo che opera sull’intera filiera di GNL e BioGNL, dalla costruzione e manutenzione di impianti all’avanguardia per la liquefazione alla commercializzazione di queste risorse, in ambito civile e nel settore dell’autotrazione. A darci forza, un importante vantaggio competitivo come l’impiego di risorse e personale propri. Inoltre, gestiamo internamente la progettazione e la produzione della componentistica chiave».
–Perché perseguire la filosofia del metano liquefatto e del biometano?
«Innanzitutto, trasformando il gas allo stato liquido ne riduciamo il volume di 600 volte, favorendone il trasporto dai paesi produttori mediante navi gasiere ma anche l’utilizzo sui veicoli di trasporto che hanno bisogno di maggiore autonomia. Perseguendo un’ottica di sostenibilità ambientale, abbiamo poi investito nell’evoluzione bio del gas naturale. Mentre il metano è di origine fossile, il biometano ha una matrice organica poiché deriva dalla decomposizione di sostanze organiche di scarto, prettamente agricoltura, rifiuti organici (il nostro “bidoncino dell’ umido”) e discariche. I digestori fermentano le sostanze organiche di scarto generando il biometano e recuperando la CO2, senza incrementarne quindi l’emissione nell’aria. Un circolo virtuoso a bilancio zero CO2».
–Come risponde il mercato italiano a questa rivoluzione energetica?
«Bisogna innanzitutto capire che gli investimenti per realizzare questi impianti viaggiano sulle 6 cifre. Avendo alle spalle la solidità di una casa madre come Ham, realizziamo strutture per la trasformazione molto grandi, riuscendo così a contenere i prezzi. In questo ci viene incontro anche il MISE, che garantisce l’acquisto in borsa dell’indice del biometano, incentivando indirettamente la sua diffusione a un prezzo minimo che ne ammortizzi i costi di produzione – anche se attualmente non possiamo ancora parlare di competitività vera e propria. Anche nel privato, sempre più i grandi gruppi scelgono di appaltare solo a imprese di trasporto che utilizzano il biometano. In fin dei conti rimane una scelta: tutti abbiamo l’ecologia nel cuore, ma è inevitabile che il mercato ragioni in termini di convenienza. Ad ogni modo sono ottimista. Sin dalla sua nascita, Ham ha mantenuto un trend positivo nel fatturato del 30-50%: alla luce dei progressi già fatti, il biometano può davvero diventare una risorsa preziosa per il futuro dei nostri figli».
Un sogno che si fa sempre più concreto: secondo Ham Italia, la produzione attuale di biometano e quella in programma permetteranno, nei prossimi anni, di alimentare tutto il settore dell’autotrazione a metano e dei veicoli pesanti a GNL, strutturando un traffico a zero emissioni di CO2.