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Tra i fattori che influiscono sul rallentamento dell’attività economica dell’Eurozona l’istituto individua la guerra in Ucraina, l’incertezza e l’inflazione

Il Bollettino economico della Banca centrale europea, redatto dopo l’ultima riunione del 21 luglio, non è positivo. «L’attività economica nell’area dell’euro sta rallentando – si legge. – La guerra in Ucraina rappresenta un persistente freno alla crescita, mentre l‘impatto dell’elevata inflazione sul potere d’acquisto, i perduranti vincoli dal lato dell’offerta e la maggiore incertezza esercitano un effetto frenante sull’economia».

La Bce avverte inoltre che “nelle prossime riunioni del Consiglio direttivo sarà opportuna un’ulteriore normalizzazione dei tassi di interesse” dopo l’ultimo rialzo di mezzo punto di luglio che “consente al Consiglio direttivo di passare a un approccio in cui le decisioni sui tassi vengono prese volta per volta“.

Sebbene secondo l’istituto ci siano “timidi segnali di un allentamento di alcune strozzature“, le imprese continuano a fronteggiare costi più elevati e interruzioni nelle catene di approvvigionamento: «considerati congiuntamente, tali fattori stanno gettando più di un’ombra sulle prospettive per la seconda metà del 2022 e oltre. A causa delle perduranti pressioni provenienti dai prezzi dei beni energetici e alimentari e delle pressioni inflazionistiche lungo la catena di formazione dei prezzi, il Consiglio direttivo – prosegue il bollettino facendo riferimento al caro vita – si attende che l’inflazione si mantenga su livelli superiori a quelli desiderabili per qualche tempo. Maggiori pressioni inflazionistiche derivano altresì dal deprezzamento del tasso di cambio dell’euro. In una prospettiva di più lungo periodo, tuttavia, in assenza di nuove turbative, i costi dell’energia dovrebbero stabilizzarsi e le strozzature dal lato dell’offerta dovrebbero attenuarsi. Questi aspetti, unitamente alla normalizzazione in atto della politica monetaria, dovrebbe contribuire al ritorno dell’inflazione sull’obiettivo fissato dal Consiglio direttivo».

«A livello di singoli Paesi – prosegue ancora, – il calo maggiore dei differenziali è stato osservato per la Grecia, con una diminuzione di 55 punti base del differenziale sul rendimento dei titoli di Stato decennali nel periodo di riferimento. La diminuzione dei differenziali sui titoli di Stato decennali di Spagna e Francia è stata meno pronunciata, con valori pari, rispettivamente, a 1,5 e 4,5 punti baseAnche il differenziale sul rendimento dei titoli di Stato decennali per l’Italia è diminuito complessivamente di 8 punti base, mala sua volatilità è aumentata verso la fine del periodo in esame, di riflesso alla crisi politica in atto nel Paese» – conclude.

di: Alessia MALCAUS

FOTO: ANSA