Viaggio in Trentino alla scoperta della lavorazione dei caffè crudi
Dopo il petrolio, è la seconda materia prima più scambiata al mondo; un business che in Italia muove un volume di 3,5 miliardi. Dietro alla tazzina di caffè che inaugura le nostre giornate c’è un mondo fatto di tradizioni, cultura gastronomica, innovazione e sostenibilità. Abbiamo assaggiato questo aromatico universo insieme a Stefano Andreis, Amministratore Delegato della Torrefazione Caffè Bontadi, storica impresa di Rovereto.
–La vostra azienda ha una tradizione secolare. Come si è evoluta nel tempo?
«Nel nostro Dna c’è una tradizione agricola che risale al 1700, quando i Bontadi erano una famiglia di proprietari terrieri. Il caffè diventa subito protagonista del nostro business: siamo passati dalla commercializzazione all’importazione della materia prima, fino al 1890, quando ci riconvertiamo a Torrefazione. Negli anni, il giro di affari è cresciuto grazie a continue innovazioni tecnologiche, dal primo macchinario con motori elettrici fino agli strumenti odierni che producono fino a 500 kg di caffè torrefatto l’ora. A testimonianza della nostra storia, abbiamo anche aperto il Museo CoBo: un vero e proprio archivio dell’azienda che, al contempo, offre un ampio spaccato sul mondo della torrefazione. Oggi, il nostro mercato di riferimento sono bar, caffetterie e degustazioni. Pur non guardando alla grande distribuzione, nella nostra nicchia rientrano anche realtà commerciali del territorio che scelgono il nostro marchio come garanzia di qualità».
–Attraverso quali punti di forza vi differenziate dai grandi marchi?
«La tecnologia ci ha dato una spinta eccezionale, ma è l’applicazione rigorosa di protocolli di qualità che ha reso grande il nostro nome. Il rispetto della tradizione è per noi un elemento differenziante: trattando volumi minori rispetto ai grandi gruppi, garantiamo la massima qualità dei dettagli. Ricerchiamo i migliori caffè, li lavoriamo monorigine e componiamo le miscele in loco dopo la tostatura, in modo da massimizzare le caratteristiche organolettiche del prodotto. I tempi di lavorazione si allungano inevitabilmente, ma ci restituiscono un prodotto all’altezza della nostra nicchia. Inoltre, puntiamo molto sulla selezione della materia prima. Il caffè è una materia “sensibile”, che si plasma in base a diversi fattori. Per questo, selezioniamo solo fazende e fornitori affidabili, in grado di assicurarci tracciabilità, certificazioni fitosanitarie e massima continuità. Questo impegno, negli anni, ci ha restituito importanti riconoscimenti: siamo Eccellenza delle Torrefazioni Italiane e Medaglia d’Oro fedeltà al lavoro e progresso economico».
–Dalla pianta al bancone: come gestite il post-vendita?
«Dietro a una tazzina di caffè c’è una catena di produzione molto articolata, che noi prendiamo interamente in carico. Oltre alla torrefazione, gestiamo anche la conservazione e la distribuzione del prodotto. Investiamo inoltre in un servizio di progettazione caffetteria, per accompagnare i clienti nell’organizzazione di aspetti logistici, come installazione e posizionamento dei macchinari, e nella conoscenza del prodotto. È anche attraverso il post-vendita che serviamo il miglior caffè possibile». Se è vero che l’innovazione è sintomo di salute di un’azienda, il percorso intrapreso dalla Torrefazione Bontadi nello schema di “Industria 4.0” testimonia un futuro radioso per l’impresa. Fra gli obiettivi di medio termine, per la Torrefazione, rientrano l’ottimizzazione di performance, consumi e dunque impatto ambientale. Perché il profumo di un buon caffè sprigiona anche da questi ingredienti