In viaggio per trovare qualcosa che manca, spinti dal bisogno di colmare un vuoto: cos’è il pellegrinaggio e chi è il pellegrino

Non è turismo, non è un passatempo, ma si tratta di un vero e proprio viaggio spirituale verso un luogo considerato sacro, sovente per motivi di culto, devozione o per penitenza. Stiamo parlando del pellegrinaggio, termine con il quale si indica un particolare tipo di percorso emotivo-spirituale.

La parola deriva dal latino “peregrinus” che vuol dire “straniero” e, a differenza di oggi, il pellegrinaggio non aveva nulla a che fare con la concezione odierna che ne ha plasmato l’originalità.

Nel Medioevo questi percorsi erano una parte importante della vita quotidiana per la stragrande maggioranza delle persone: ad eccezione dei mercanti, il pellegrinaggio era il motivo più comune per il quale ci si poteva mettere in cammino ed attraversare distanze che, per l’epoca, erano davvero lunghe.

Inoltre, il pellegrino di ieri, prima di partire, si preparava al viaggio con pratiche obbligatorie di purificazione: nel caso in cui avesse avuto nemici, doveva per forza riappacificarsi; se avesse avuto debiti, doveva saldarli. Come se non bastasse, da buon business velato, aveva l’obbligo di elargire donazioni alla Chiesa per il bene della propria anima. Ma non solo: fare testamento era essenziale, oltre a doversi confessare. E non è tutto: nel caso in cui il pellegrino avesse saltato uno di questi passaggi, il viaggio sarebbe stato del tutto inutile e la persona avrebbe vanificato i suoi impegni, sia fisici che economici.

Ma perché intraprendere un pellegrinaggio nel Medioevo se le condizioni erano così rigide? Le risposte sono diverse. Innanzitutto poteva servire per adempiere un voto o, nella peggiore delle ipotesi, per espiare un crimine commesso. Eppure, le motivazioni più frequenti erano la necessità di ottenere indulgenze per sé o per i propri cari, oltre alla ricerca di una cura miracolosa per tutti i mali possibili e immaginabili. Rispetto a quello che si può pensare, nessuno di questi era esclusivamente inerente al Cristianesimo, per il motivo che la fede ha riconosciuto il pellegrinaggio quale espressione di pietà religiosa solamente a partire dal IV secolo d.C.

Allora come oggi era in gran parte una questione di business: il pellegrino si recava nei luoghi principalmente di culto con l’obiettivo di poter osservare e toccare le reliquie religiose, alle quali erano attribuiti veri e propri poteri miracolosi. Per aumentare il giro di argentum, le autorità decisero di smembrare i corpi dei santi, così da poter avere più reliquie da posizionare in diverse zone, creando un vero e proprio giro di affari.

Per non parlare poi del tema delle indulgenze: attraverso le offerte, i pellegrini potevano ottenerne a volontà, con l’unica “pecca” che ne potevano usufruire esclusivamente nell’aldilà. E in questo modo c’era chi si comprava un “pezzo del Paradiso” e chi, invece, in buona fede dedicava l’offerta al proprio defunto in modo tale che passasse un periodo ridotto in Purgatorio ad espiare i propri peccati.

Ma il pellegrinaggio non è uguale per tutti e ogni religione ha declinazioni ben diverse l’una dall’altra.

Ad esempio, per i musulmani il pellegrinaggio alla Mecca, definito Hajj, costituisce il quinto dovere dei cinque pilastri dell’Islam: ogni fedele non ha scelta ma l’obbligo, almeno una volta nella vita, di compiere questo viaggio spirituale, che è ben organizzato e si divide in quattro attività. La prima consiste nella sacralizzazione, ovvero l’introspezione rivolta a Dio indossando abiti senza cuciture e pronunciando la Talbiyah, cioè la preghiera di lode ad Allāh. La seconda prevede che il pellegrino debba compiere 7 giri completi intorno al luogo sacro della Medina e la terza è simile, dato che bisogna effettuare sempre 7 volte, avanti e indietro, il percorso tra Safa e Marwa. Quarto e ultimo dovere, la sosta ad Arafat: questa va eseguita obbligatoriamente entro il pomeriggio del 9/12 e l’alba del giorno successivo, durante i quali sono previste alcune attività, come i sacrifici rituali, tagliarsi i capelli o la sosta in specifici luoghi santi.

Completamente differente è il pellegrinaggio per il Buddhismo e i Buddhisti: questo consiste nel recarsi in quattro luoghi principali che corrispondono ai posti in cui si sono svolti i quattro momenti fondamentali della vita di Buddha, Siddhārtha Gautama: Lumbini come luogo di nascita, Bodhgaya come luogo di risveglio, Sarnath come luogo del primo discorso e Kushinagar come luogo della morte. La città più importante per i pellegrini, sia induisti che buddisti, è Benares, costruita sulle rive del Gange, dove le persone si recano nei santuari per cantare e pregare insieme. Qui si promette di non fare più del male, di non odiare e ci si pente dei propri peccati commessi.

Tra tutti, i pellegrinaggi cristiani hanno una certa rilevanza, soprattutto per quelle che sono le mete più famose. Certamente per antonomasia le principali sono Gerusalemme, Roma, Santiago di Compostela e Canterbury. Prendendo in riferimento un singolo Stato, come l’Italia, ci sono luoghi particolarmente rilevanti, quali Padova, Roma, Assisi e Loreto, mentre in Spagna Santiago di Compostela e in Francia, invece, Lourdes. Caso a parte è la Bosnia Erzegovina con Međugorje: ancora oggi non è stato dato il definitivo benestare ufficiale da parte della Chiesa Cattolica all’adorazione della Madonna di Medjugorje e diversi avvenimenti, visti da molti come veri e propri miracoli, non sono ancora stati riconosciuti come tali.

Nonostante non ci sia nulla di verificato a livello religioso, il luogo continua ad attrarre diverse migliaia di turisti ogni anno. Ed è di ben oltre 11 miliardi di euro la stima più attendibile del giro d’affari che ha ruotato finora attorno al santuario, alle visioni mariane e ai suoi “messaggi”, oggetto di perplessità espressa anche da Papa Francesco, che nel 2017 ha dichiarato: “la Madonna non fa la postina!“.

Secondo uno studio condotto dalla locale facoltà di Scienze sociali dell‘Università dell’Erzegovina, il cui ricercatore Vencel Culjak parla di “brand mondiale e destinazione top del turismo religioso“, ai quasi 8,5 miliardi di “spese turistiche” tra viaggio e alloggio, vanno aggiunti circa tre miliardi di euro generati localmente a vantaggio di ristoratori e commercianti, oltre alle offerte per la Chiesa pari in media a 300 milioni di euro senza contare le donazioni, facendo salire appunto a oltre 11 miliardi di euro il conto finale.

Tutto ciò non porta molto nelle casse statali della Bosnia, perché, secondo la ricerca, il 70% delle entrate sfugge al fisco in quanto prodotto da alberghi, osterie e negozi senza licenze o che lavorano in nero, evitando di registrare le entrate.

Stesso discorso si può fare per la tassa di soggiorno: anziché gli stimati 600.000 euro, rende soltanto 40.000 euro, nonostante negli ultimi anni si stiano stringendo i lacci fiscali sulle attività economiche locali.

Al di là del business, il pellegrinaggio in quanto esperienza non è solo meta: è anche percorso, fatto di espiazione, evoluzione e purificazione. Infatti, durante il tragitto si sperimenta il concetto di unità e condivisione, in momenti di cammino o di sosta, che diventano occasione di conoscenza e dialogo. Di conseguenza, l’esperienza diventa “altro”, trasformandosi in opportunità alla quale contribuiscono anche i non-pellegrini, ovvero persone incontrate casualmente lungo la strada. In questa occasione, cade il mito dell’autosufficienza e l’uomo si spoglia di questo aspetto, rendendosi conto che la collaborazione è necessaria: come siamo essenziali noi per gli altri, lo sono gli altri per noi. Ed ecco che diventa un’occasione di arricchimento, scoprendo l’interdipendenza che lega indissolubilmente tutti quanti.

Oltre a svelare le nudità dell’animo umano, questo percorso permette di riscoprirsi: infatti, c’è chi compie un cammino per cercare sé stesso o chi, invece, si è perso e deve ritrovarsi. Compiere un cammino vuol dire necessariamente ascoltarsi, capacità che nella caotica vita quotidiana spesso non si riesce a fare. In breve, c’è chi sente il bisogno di nascere e chi di rinascere.

Oggi, il pellegrino del XXI secolo ha subito un processo involutivo, a partire dal mezzo stesso con il quale raggiungere la meta: non si usano più le proprie gambe, ma si utilizzano mezzi moderni per arrivare più in fretta, dormendo comodamente in qualche albergo stellato e rientrando a casa dopo qualche giorno. Insomma, definirlo pellegrinaggio può non essere corretto; la definizione che meglio si addice è “comodità del turismo verso la fede”.