Nobili, il “Gillo” di Luna Rossa, racconta cosa significa fare l’operation manager di una eccellenza italiana. In pubblico e in privato

Luna Rossa, l’avveniristica imbarcazione targata Prada, affascina per la sua storia, la tecnologia avanzata, l’eccellenza del design e il valore simbolico che rappresenta per l’Italia. Non è solo una barca da regata, è un simbolo di perseveranza e ambizione. Fin dal suo debutto nel 1999, ha rappresentato il sogno italiano di vincere l’America’s Cup, una delle competizioni più difficili e prestigiose al mondo. Il pubblico la segue per le numerose sfide affrontate, tra vittorie e sconfitte, con la determinazione di migliorarsi a ogni edizione. La sua capacità di rimanere competitiva nel corso di oltre due decenni dimostra un impegno e una passione straordinari.

«Sono arrivato il 15 giugno del lontano 2000 – racconta Gilberto “Gillo” Nobili, 45 anni, operation manager in quest’ultima edizione. – Non ero mai salito su una barca a vela. Sono stato reclutato con un progetto molto simile a quello che abbiamo fatto nell’ultima campagna, con i giovani. E da lì, i due giorni di prova sono diventati due settimane, due mesi e vent’anni… Più che vent’anni ora. Ho avuto la fortuna di poter fare esperienze: ho fatto due campagne con Oracle e una campagna con Team New Zealand. Però sono nato in Luna Rossa. Ho vinto una coppa come “defender”, una coppa come “challenger”. Mi manca quella con la bandiera italiana, quindi sarebbe la giusta conclusione».

Luna Rossa è un capolavoro di ingegneria e tecnologia. Le versioni più recenti della barca sono dotate di “foil” che permettono alla barca di “volare” sull’acqua. Questo aspetto è affascinante perché trasforma la competizione in una fusione tra velocità estreme e precisione tecnica, spingendo i limiti del design nautico. «Tra le varie disgrazie e fortune della vita, ho vissuto anche l’evoluzione di un qualcosa – prosegue Nobili. – Se andiamo con la memoria, a Valencia nel 2007 le barche pur essendo molto più belle, molto più performanti di quello che erano vent’anni prima, erano sostanzialmente la stessa cosa. Nel 2010, c’è stata un’enorme evoluzione. La vela è cresciuta tantissimo negli ultimi anni, attingendo alle nuove tecnologie. Oggi le tecnologie non cambiano più come cambiavano vent’anni fa, ogni anno abbiamo dei cicli molto più ridotti, ogni 2-3 anni si assiste a un qualcosa di nuovo. Cerco sempre un qualcosa di nuovo che qualcun altro non ha pensato. Il tempo è poco ed è un gioco abbastanza crudele».

Gilberto Nobili, operations manager del team di Luna Rossa. Foto per gentile concessione

Nella sua complessità, è una passione che tiene svegli gli italiani da oltre 20 anni, nelle gioie e nelle delusioni: «noi siamo così, ce ne freghiamo della Nazionale italiana di calcio fino alle semifinali, se non arrivano le semifinali non ci sono i Mondiali, se l’Italia arriva in finale allora siamo tutti calciatori. Durante le prove di Coppa immagino che tutti al bar si sentissero i più bravi timonieri, i più bravi full trim… Quello che, invece, impressiona anche chi è del settore, come me da tanti anni, è la passione che ci mettono. La grande fortuna di Luna Rossa è nell’imprenditorialità italiana, nelle eccellenze italiane che ci sono nel mondo tecnologico. Di fatto, tanti team vengono a costruire componenti in Italia, comprano componenti in Italia, hanno expertise in Italia: non credo esista oggi un team di Coppa America che non abbia degli italiani all’interno. Quindi Luna Rossa, con Patrizio Bertelli, con la famiglia Prada e tutto quello che ruota intorno, ha creato un movimento. C’è la passione».

Luna Rossa non è solo efficiente, ma anche esteticamente affascinante. Il design elegante e aerodinamico delle sue linee, insieme alla cura nei dettagli, riflette la grande tradizione del design italiano. È un perfetto connubio tra bellezza e funzionalità, dove ogni elemento ha uno scopo preciso. «Anche questi sono aspetti straordinari – aggiunge Nobili, – i pro e i contro degli italiani. Facciamo le cose belle, a volte è un pregio; ma gli anglosassoni sono oggettivamente più pragmatici di noi. Nel senso, loro fanno una sedia e poi, se funziona bene, ci metto uno straccio sopra per non sporcarsi il sederino. Noi, se tu dici a uno dei nostri di fare una sedia, te la fa in carbonio. Uno dei grossi doveri di un team è anche bilanciare queste cose: investire dove è importante e non inventare la ruota ogni volta. Questo è parte di un percorso che devi e vuoi fare, se hai una storia».

MaLuna Rossa è fatta di uomini, uomini di mare (senza dimenticare le donne, che hanno vinto la prima storica competizione al femminile). Ma come si concilia con la famiglia, con gli affetti? «È un sacrificio – ammette Nobili, – ma tutti i giorni facciamo quello che ci piace, con un obiettivo chiaro davanti. È una vita che ti prende a 360 gradi: arriviamo qua al mattino, stiamo insieme a pranzo, stiamo in mare, mangiamo insieme, ci alleniamo insieme, si fanno tante ore di lavoro. Le famiglie ti devono supportare, ma devi essere capace di arrivare in orario per salutare i bambini. Non è da tutti accettare uno stile di vita del genere. Penso a mio figlio, che ha 8 anni: è nato in Nuova Zelanda, ha vissuto un anno alle Bermuda, poi a Cagliari e adesso vive qui in Spagna, dove sta imparando lo spagnolo. È sicuramente una scuola di vita diversa. Sono le mamme che, ovviamente, fanno un po’ più di sacrifici, perché sono loro che devono “sballottarli” in giro, portarli nelle scuole nuove. Certo, quando i figli si fanno adolescenti i problemi si fanno più grandi. Comunque, le famiglie sono una parte integrante del progetto e sono molto importanti. Per tutto».

Mare, passione, eccellenza tecnologica, famiglia: cosa c’è di più italiano? O, almeno, di come agli italiani piace immaginarsi? Forse è per questo che il pubblico passa le notti in bianco guardando una vela rossa su sfondo azzurro.