Nascosto sotto al polverone dei due galli che si azzuffano, il M5S si conferma un attivo laboratorio di sperimentazione politica e rilancia la sfida della democrazia deliberativa
Se è vero che la sovranità appartiene a tutto il popolo, e che quindi la nostra Repubblica è una democrazia (anche) diretta, bisogna ammettere che di partecipazione c’è parecchio crisi. È quindi perlomeno curioso il caso del terzo partito italiano che, spente le 13 candeline dal suo primo ingresso in Parlamento (esordirono alle politiche del 2013 con un inatteso 25,5%) si rimette in discussione. In primo piano, la telecamera inquadra la zuffa tra i due leader che si contendono l’osso, ma sullo sfondo va in scena, quasi in penombra, un esperimento di democrazia partecipativa e deliberativa di rara audacia, perlomeno in un contesto politico nazionale come questo. Partiamo dalla querelle politica e proviamo a capire come funziona la democrazia diretta nel Movimento.
L’antipatia tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo non è mai stata un segreto per nessuno, tra incompatibilità caratteriali e contrasti politici. Così, quando lo scorso 20 agosto ha indetto un’Assemblea Costituente, Conte è andato in all in: c’è posto per uno solo. L’avvocato sfrutta la secca elettorale per invitare il Movimento a una riflessione interna; l’opposizione si avvia indolente verso il campo largo più litigioso della storia, e non c’è spazio per dispute interne e spine nel fianco. Così, riportando al dibattito pubblico un tema già velenosissimo come quello del doppio mandato, Conte chiede alla base, una volta per tutte: siete con me?

Dalla crepa alla frattura?
Il primo grande strappo di Conte avveniva già tre anni fa, al culmine di una serie di attriti fra il Movimento e l’Associazione Rousseau, più precisamente con il suo presidente Davide Casaleggio, figlio del defunto fondatore Gianroberto. Forte della sua leadership politica, l’avvocato recide un importante cordone (non l’unico) che teneva legati il Movimento e i suoi demiurghi: la piattaforma Rousseau, sviluppata con il supporto della Casaleggio Associati, la stessa casa del blog di Grillo e attraverso cui il Movimento gestiva le votazioni degli iscritti. Il M5S accusa la piattaforma di aver tentato di intromettersi nelle sue questioni politiche, rompe con Rousseau e gli iscritti tutto sommato sembrano accettare il turnover. Ricordiamoci anche, ed è questo uno dei più insidiosi rischi di questi strumenti di democrazia digitale, che nel 2019 il Garante della privacy ha multato l’Associazione in quanto non in grado di garantire l’anonimato degli utenti e persino la non manomissione del loro voto. Oggi la piattaforma per le votazioni online del Movimento è il programma Skyvote, sviluppato dalla società informatica Multicast srl e gestito con l’ausilio della Isa srl. Skyvote ha esordito nel 2021 con la consultazione per la conferma della leadership di Conte e l’adozione di un nuovo statuto (qui Wired spiega come funziona questo sistema informatico).
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L’Assemblea Costituente ha infatti lo scopo di sottoporre al voto degli iscritti e dei simpatizzanti la nuova Carta dei Valori del Movimento, con indicazioni chiare tanto sui programmi politici quanto sulle regole interne, ivi compresi il ruolo del garante, la possibilità di accedere a un terzo mandato, persino il simbolo e il nome. Grillo, che non può impedire il processo, prova a rovesciarne il significato. «Riprendiamoci le nostre battaglie! – Incalza sul suo blog. – Un’armata di sognatori, ecologisti col turbo, guerrieri della giustizia sociale e difensori dei cittadini… poi, certo, strada facendo, siamo finiti in quel labirinto magico chiamato governo. Dove, se ti distrai un attimo, ti perdi nei corridoi, inciampi sui tappeti rossi e sbatti la testa contro i candelabri dorati. E così le nostre belle battaglie – quelle per l’ambiente, per i cittadini, per un mondo senza privilegi e con più giustizia – sono state ingoiate dal mostro burocratico». Insomma, “la tempesta è diventata un po’ nebbia”. Dov’è lo spirito delle origini? È certo mutato molto, e non solo nel registro della camicia inamidata e del politichese dell’avvocato. Resta da capire se le evoluzioni seguono un percorso politico di maturità e serietà (quindi, ahivoi, di inevitabile professionalizzazione della politica), e vanno pertanto incoraggiate, o se la dirigenza di Conte non stia tradendo lo spirito e il volere del popolo grillino. «A oggi non mi sembra si stia compiendo un’opera di rinnovamento, ma un’opera di abbattimento, per costruire qualcosa di totalmente nuovo, che nulla ha a che spartire con il Movimento» accusa il comico. Non si esclude nemmeno il ricorso in tribunale, dove Grillo vorrebbe rivendicare la proprietà del logo ma anche per costringere gli iscritti a rispettare la regola dei due mandati, facendo leva sulla norma dello statuto che attribuisce al garante «il potere di interpretazione autentica, non sindacabile, delle norme dello Statuto» delle regole del Movimento.

Conte risponde puntuale, i toni sempre più pungenti: «non possiamo ammettere che quando a pronunciarsi sia la comunità di iscritti si debba decidere da parte di alcuni arbitrariamente e preventivamente di cosa si può discutere, su cosa si può deliberare». Dopotutto “in passato non è mai stato così” e tanto il simbolo quanto la stessa regola dei due mandati hanno subito variazioni. Ecco la mossa dell’avvocato: per riuscire nell’impresa di scalzare dal trono il padre emotivo del Movimento, Conte non si presenta come il nuovo ripulito. La sfida non è dimostrarsi migliore ma dimostrarsi più grillino di Grillo stesso: è il garante a non rispettare più lo spirito autenticamente democratico del Movimento, mentre Conte non fa che ricondurre il pascolo alle origini, dov’era partito davvero. Il problema si pone, e diventa ontologico, quando Grillo supplica il suo pubblico di “rimanere fedeli ai nostri principi fondativi“. Bene, ma quali? Lo Statuto è chiaro sulle regole del Movimento, ma è altrettanto chiaro quando ricorda che le “decisioni fondamentali per l’azione politica del Movimento” vanno prese mediante lo “strumento di democrazia diretta e partecipata costituito dalla consultazione in Rete“, ivi comprese le varie nomine, “l’approvazione del programma politico da presentare“, le proposte di legge e “ogni altra decisione” non espressamente indicata. Comprese, ovviamente, le regole interne che sì hanno caratterizzato l’identità del Movimento fin dal giorno zero. Ma sono davvero efficaci? E i sondaggi sono davvero impermeabili alla confusione percepita?
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Protagonisti e comparse: la galassia del Movimento
Per sapere cosa ne pensano gli iscritti, dovremo attendere anche noi l’esito delle votazioni. Nel frattempo, l’entourage del Movimento attraversato dalla tempesta si abbandona al gioco delle fazioni. Dalla sua, l’avvocato può contare certamente su Alessandra Todde, già vicepresidente del Movimento nonché sottosegretaria e viceministro allo sviluppo economico durante il suo Governo. «Beppe Grillo ha fatto ciò che gli viene meglio: il comico» attacca la presidente della Sardegna al Corriere della Sera rispondendo alle provocazioni del garante che l’ha duramente attaccata sulla gestione delle risorse energetiche e del territorio. Tra i contiani si distinguono anche i quattro vicepresidenti in carica: Chiara Appendino, Riccardo Ricciardi, Michele Gubitosa e Marco Turco (chiarissimo quest’ultimo, anche quando parla di alleanze politiche: «la fase dei duri e puri è finita tempo fa»).

Se i volti dirigenziali oggi in prima linea ostentano appoggio indiscusso a Conte, non sono invece finiti i “duri e puri” della prima ora, fedelissimi a Grillo, innamorati dell’idea che l’avvocato possa fare le valigie e farsi un partito tutto suo. Lo testimonia ad esempio la lettera arrivata da 11 ex parlamentari M5S in difesa del garante Beppe Grillo (si tratta di Rosa Silvana Abate, Ehm Yana Chiara, Jessica Costanzo, Emanuele Dessì, Elio Lannutti, Nicola Morra, Michele Sodano, Simona Suriano, Raffaele Trano, Andrea Vallascas e Alessio Villarosa). Bisogna considerare che si tratta, lo ricordano loro, di “espulsi dai gruppi Senato e Camera per non aver votato la fiducia al Governo di Mario Draghi”. Dunque lo strappo con Conte non è interno, e più che la sua leadership riguarda il suo indirizzo politico. Grillo dal canto suo suo ha anche il saldo appoggio di due volti esterni ma molto influenti nel Movimento, il probiviro Danilo Toninelli, l’ex deputato Alessandro Di Battista e l’ex sindaca di Roma, oggi nel Comitato di Garanzia del Movimento, Virginia Raggi. La prima, che si rivendica “autonoma ed indipendente” e nega di essere interessata a “lotte di potere“, ha sempre mostrato poca simpatia per Conte e ribadisce che “tornare alle origini” significa riprendere in mano i vecchi temi. C’è anche chi ha addirittura già cambiato casacca, come Antonio Trevisi, volto storico del Movimento per il territorio, attivista dai tempi delle “piazze virtuali” sul blog di Grillo. Trevisi s’invola in Forza Italia, per una “situazione di disagio e di stallo, dovuta alla crisi politica che sta attraversando il Movimento“.
Chiamato a fare l’ago della bilancia è l’immortale Rocco Casalino, oggi capo Ufficio Stampa M5S, da poco tornato al fianco di Conte come suo portavoce. Anche l’ex gieffino non ne fa una sfida interna, preoccupato anche di dissipare voci sempre più insinuanti su una scissione. «Il M5S, per funzionare, deve essere qualcosa di più ampio e meno ideologico. Altrimenti dopo aver perso i voti a destra, dopo il 33% nel 2018 per colpa della Lega che era più netta, perderà anche quelli a sinistra, perché gli elettori sceglieranno l’originale». È chiaro che le perplessità della dirigenza riguardano soprattutto quell’alleanza con il PD ancora così scomoda eppure così necessaria, perlomeno secondo Conte che ha brama di fare e dimostrare e si è stufato di vivere all’opposizione dell’opposizione stessa. Questo, nonostante l’avvocato abbia già “certificato che il campo largo non esiste più”, ma Matteo Renzi lo preoccupa più di Elly Schlein e questa è decisamente un’altra storia.
Anche secondo Casalino il Movimento fa bene a restare nel campo progressista (scelta già criticata da Raggi), ma dovrebbe “ampliare il raggio d’azione anche verso quell’ampia fascia di astensionisti e persone deluse dal centrodestra”. La vera sfida è “parlare a quei mondi che non si riconoscono più nelle tradizionali etichette di destra o sinistra”. E Conte ha già ben interiorizzato, oltre che ampiamente dimostrato, di riconoscersi in questo approccio “meno ideologico e più pragmatico”. Tanto meno ideologico che neppure i pilastri ideologici del Movimento stesso devono sentirsi al sicuro.

Assemblea costituente M5S: come funziona il voto?
Il comunicato stampa M5S spiega che “il processo non verrà governato dall’attuale vertice politico del Movimento 5 Stelle, ma sarà coordinato da un gruppo di esperti che agiranno come facilitator con l’obiettivo di rendere il processo pienamente trasparente“. Il “facilitator” in questione è stato rinvenuto in Avventura Urbana, una società che si occupa di gestione di processi e mediazione che aveva già collaborato con il Movimento nell’epoca degli Stati Generali.
Il progetto di riforma è davvero costituzionale, e si svolge in tre fasi. Nella prima, conclusasi il 6 settembre, iscritti ma anche simpatizzanti sono stati invitati a “suggerire bisogni e obiettivi strategici su cui il Movimento dovrebbe concentrare la propria azione politica negli anni a venire”. Un dibattito arricchito da 22mila proposte, setacciato e condensato in 12 macro-temi di dibattito, emersi sulla base di 153.985 preferenze. Fra queste, passano la selezione anche la ridiscussione del limite dei due mandati e quello sul ruolo e sulle figure del presidente e del Garante.
Precisamente, il dibattito si svilupperà a partire da questi temi, così indicati in ordine di priorità dal voto (qui i risultati delle votazioni e gli 8 temi scartati):
- Riforma del Sistema sanitario nazionale e tutela della persona
- Crescita economia inclusiva e lavoro dignitoso
- Contrasto all’evasione fiscale e etica nell’impresa
- Politica di pace ed Europa
- La centralità della questione giustizia nell’azione politica del Movimento
- Transizione ecologica e patrimonio naturale
- Revisione dello Statuto [ruoli del Presidente e del Garante, il nome e il simbolo del Movimento e la riorganizzazione dei Gruppi territoriali]
- Informazione libera e sovvenzioni alla cultura
- Riforma della scuola primaria e secondaria
- Riforme per un maggior equilibrio territoriale nel Paese
- Revisione del Codice etico per candidature e alleanze
- Università e ricerca scientifica
Nella seconda fase, va in scena il vero esperimento democratico. Si apre infatti un confronto “deliberativo”, ossia “basato sulla discussione” orientata dalla “metodologia del problem solving”. Il dibattito è affidato a un campione di 300 partecipanti estratti a sorte tra gli iscritte, cui si aggiungono un campione di 30 estratti a sorte fra i non iscritti che hanno partecipato alla prima fase e il contributo di tavoli di minorenni, dai 14 ai 17 anni, coinvolti nel processo. Tutto, naturalmente, nel rigore giuridico di un’estrazione a sorte effettuata da un notaio con il supporto di una consulenza scientifica (coordinatore del team è il professor Pierangelo Isernia, ordinario di Scienza politica presso l’Università di Siena, esperto di processi deliberativi).
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Infine, la terza e ultima fase, quella dell’Assemblea costituente vera e propria, andrà in scena il 23 e 24 novembre quando verranno illustrate, discusse e messe al voto degli iscritti le proposte formulate. Quella della democrazia deliberativa è una teoria ma anche una prassi e affonda le sue radici teoriche nella sociologia di Jürgen Habermas e John Rawls. Essa mira all’istituzione di uno spazio pubblico di dialogo e confronto fra individui informati (un elemento chiave), liberi ed uguali, dal quale attraverso un procedimento dialettico emerga una chiara, razionale e condivisa volontà popolare.

Ricreare una condizione di democrazia “pura” (senza per questo sostituire la rappresentanza, anzi rafforzandola) non è cosa da poco, e questo esperimento non è privo di limiti. Su tutti, pensiamo all’ultimo asso nella manica di Grillo: il garante potrebbe infatti richiedere l’applicazione di un quorum pari alla metà più uno degli iscritti. L’incubo dell’affluenza, lo stesso che questi esperimenti vorrebbero scacciare, echeggia terrificante. Secondo i dati raccolti da Pagella Politica, le percentuali di affluenza alle consultazioni interne del M5S sono in calo dal 2022, e comunque in crisi dal 2021, ma bisogna anche considerare che è il carattere delle consultazioni a determinarne la partecipazione.
L’esito dell’esperimento ci sembra, a tutti gli effetti, molto più interessante delle sue conseguenze politiche – scissione del Movimento o esodo dei suoi parlamentari che sia. Peggio di così…
di: Marianna MANCINI
FOTO: ANSA/LUCA ZENNARO