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La cifra in cambio di informazioni sui leader del gruppo islamista e sui suoi finanziamenti: così la comunità internazionale aiuta il Paese africano a uscire dallo stallo del terrorismo

10 milioni di dollari in cambio di informazioni sui tre leader di Al-Shabaab in Somalia e sui presunti finanziamenti ai terroristi: è questa l’offerta degli Stati Uniti per mettere un freno all’ondata di attacchi da parte del gruppo islamista radicale, legato ad al-Qaeda dal 2014.

Come spiega l’ambasciata degli Stati Uniti in Kenya, “il programma Rewards for Justice del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti sta aumentando le sue offerte di ricompensa fino a 10 milioni di dollari per informazioni che identificano o individuano i leader chiave di al-Shabaab, Ahmed Diriye, Mahad Karate e Jehad Mostafa” con l’obiettivo di rompere i “meccanismi finanziari dei Shabaab“. Si tratta della “prima volta che il Dipartimento di Stato offre una ricompensa per informazioni sulle reti finanziarie di al-Shabaab“, specifica l’ambasciata.

I tre soggetti su cui gli Stati Uniti stanno raccogliendo informazioni sono i tre massimi leader di al-Shabaab: la guida dell’insurrezione contro il governo, Ahmed Diriye; il suo numero due, Mahad Karate; e Jehad Mostafa, cittadino americano residente in California, uno dei principali istruttori militari e “leader nell’uso degli esplosivi” per gli attentati. Come spiega l’ambasciata, “l’Fbi ritiene che Mostafa sia il terrorista di più alto rango di nazionalità americana che combatte all’estero“.

Attualmente la Somalia affronta una sanguinosa ondata di attacchi di al-Shabaab che puntano alla caduta del governo federale sostenuto a livello internazionale per l’instaurazione della legge islamica. Secondo il bilancio fornito dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per Human Rights, Volker Turk, quest’anno i miliziani hanno ucciso oltre 600 civili, il numero più alto di vittime dal 2017 con un aumento del 30% rispetto al 2021. L’apice è stato un doppio attentato con un’autobomba nella capitale Mogadiscio lo scorso 30 ottobre che, secondo i dati ufficiali, ha provocato 121 morti e 333 feriti.

L’esercito somalo, sostenuto dalle milizie dei clan locali e supportato dall’esercito americano che regolarmente effettua attacchi aerei contro le posizioni dei jihadisti, tenta di mettere un freno agli islamisti e con la sua offensiva è riuscito a riconquistare parte del territorio nelle mani di al-Shabaab nel centro del Paese. I terroristi, tuttavia, riescono a rimanere saldamente radicati nelle aree rurali, in particolare tramite la distribuzione di aiuti alla popolazione, attraendo i più giovani che spesso vengono lasciati ai margini dal governo centrale.

Intanto gli attacchi su Mogadiscio, liberata nel 2011, proseguono, come quello contro un hotel durato oltre 30 ore che ha provocato 21 morti e 117 feriti. Dopo il grave episodio il presidente somalo Hassan Sheikh Mohamoud aveva promesso “una guerra totale” contro i terroristi e invitato la popolazione ad allontanarsi dalle zone da loro controllate.

Ad aggravare la situazione è lo stato economico in cui versa il Paese, sostenuto per lo più dalla comunità internazionale. Una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, tra l’altro, ha imposto l’embargo sulle armi, limitando di fatto l’azione di contrasto ai terroristi. La stessa risoluzione, d’altro canto, autorizza la Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Somalia (Unsom), la Missione di transizione dell’Unione africana in Somalia (Atmis), le attività di formazione e supporto dell’Unione europea, della Turchia, del Regno Unito e degli Stati Uniti a fornire supporto e formazione alle forze governative somale.

Insomma, il Paese del Corno d’Africa si trova in una situazione di stallo e ha bisogno del supporto di tutto il contesto internazionale per combattere i terroristi.

di: Alessia MALCAUS

FOTO: ANSA/EPA/ILYAS A. ABUKAR / AU UN IST