Sui social si trovano video che dimostrerebbero i “glitch in real life”, cioè bug della realtà. Alla base c’è un dibattito scientifico che coinvolge anche Musk
«Un piccolo problema o difetto che impedisce a qualcosa di funzionare come dovrebbe». È la definizione del Cambridge Dictionary della parola “glitch”. Nella sua accezione legata al gaming, si tratta di piccoli malfunzionamenti della scena che, spesso, si risolvono in pochi secondi. Negli ultimi anni, sui social (in particolare TikTok e Reddit) impazzano i post sui “glitch in real life”, cioè piccoli fatti che non sono spiegabili tramite la logica.
Su YouTube sono pubblicati centinaia di esempi: un temporale su un parcheggio che insiste su una sola macchina, un camion incastrato in verticale in un vicolo, palme scosse dal vento tra le quali una si agita in direzione opposta. Secondo gli influencer, si tratta di prove del fatto che la nostra esistenza si svolge in un gioco che, a volte, ha dei bug. Ma non sono i soli a pensarlo: questa ipotesi è oggetto di un serio dibattito accademico da oltre vent’anni.
Tra i sostenitori di alto profilo della cosiddetta “ipotesi di simulazione” c’è il capo di SpaceX, Elon Musk, che, nel 2018, ha esposto la sua opinione durante un’intervista per un popolare podcast. «Se si assume un tasso di miglioramento all’infinito, i giochi alla fine saranno indistinguibili dalla realtà», ha detto Musk prima di concludere che «molto probabilmente siamo noi stessi in una simulazione». L’astrofisico Neil deGrasse Tyson è d’accordo, dando “probabilità superiori al 50%” che l’ipotesi della simulazione sia corretta. «Vorrei poter esporre una forte argomentazione contro questa teoria, ma non riesco a trovarne nessuna», ha detto in un’intervista.
L’assalto alla realtà è iniziato con un articolo del 2003 di Nick Bostrom in cui il filosofo dell’Università di Oxford sostiene che, se nell’universo esistono civiltà tecnologicamente avanzate e se eseguono simulazioni al computer, deve esserci un numero enorme di realtà simulate complete di abitanti dotati di intelligenza artificiale che non possono avere idea di vivere all’interno di un gioco. Secondo il filosofo, questi personaggi si immaginano reali ma non lo sono, perché esistono solo all’interno della simulazione.
Se gli alieni super nerd esistono davvero, sostiene Bostrom, «viviamo quasi certamente in una simulazione al computer». Una simile tesi non poteva non affascinare Tyson e Musk, e poi via via il popolo della rete, ma la sfida è trovare le prove scientifiche.
Scott Aaronson, scienziato informatico dell’Università di Austin, nel Texas, sostiene che «se ci fossero dei bug nel programma che gestisce il nostro universo, come nei film Matrix, questi potrebbero chiaramente avere effetti osservabili», dice. «Proprio come Dio che appare in una nube temporalesca potrebbe essere una prova empirica piuttosto valida a favore della religione». Per cercare queste prove il fisico nucleare Silas Beane propone di studiare i raggi cosmici, mentre secondo l’ex ingegnere della NASA Thomas Campbell i glitch potrebbero trovarsi nelle micro-particelle.
Invece Marcus Noack, fisico computazionale, trova questi tentativi “problematici”, perché i simulatori potrebbero aver integrato sistemi per sconfiggere qualsiasi test. Secondo lo studioso, quindi, la cosa migliore è tentare di scoprire il modello di funzionamento della simulazione con le nostre nozioni di realtà e sperare che i progettisti siano troppo pigri o indifferenti per non permetterci di scoprire il loro lavoro. Si tratta di un approccio alquanto pessimista sulla nostra possibilità di scoprire se siamo in una simulazione. Ma, se lo scoprissimo, quale sarebbe l’impatto sulle nostre esistenze? Tyson lo definisce “un pensiero inquietante”. Bostrom aggiunge che “ispira un senso di dipendenza assoluta”.
Ma ci sono anche modi costruttivi per considerare l’ipotesi della simulazione. Aaronson lo vede come un nuovo modo di contemplare «gli antichi misteri da dove proviene il nostro universo, chi o cosa lo ha creato e perché». Lo stesso Noack ritiene che sia un fruttuoso spunto di riflessione sulla direzione che potrebbe prendere la ricerca umana. «Simulo molti fenomeni che rappresentano solo un piccolo sottoinsieme di tutte le cose fisiche che accadono intorno a noi – scrive il fisico. – Sono quindi interessato allo sforzo computazionale di cui avrebbe bisogno una simulazione mondiale e al computer in grado di effettuarla».
Il rapido progresso della ricerca sull’intelligenza artificiale e del “computer modeling” (simulare e studiare sistemi complessi utilizzando la matematica, la fisica e l’informatica) aumenta la possibilità che un giorno noi stessi esseri umani potremmo creare simulazioni iperrealistiche contenenti esseri digitali autocoscienti.
«Ci potrebbe essere una sequenza infinita di simulazioni, se ci fosse una potenza di calcolo seriale infinita disponibile al primo livello e poi in ogni livello superiore», afferma Bostrom. Fortunatamente, nel nostro universo questo è impossibile, almeno secondo l’attuale livello della conoscenza umana: «Per quanto ne sappiamo – scrive il filosofo, – la potenza di calcolo seriale disponibile per un simulatore nel nostro universo è finita, nel qual caso potremmo creare solo un numero finito di livelli di simulazioni».
È l’unica piccola consolazione: potremmo essere in una simulazione, o una simulazione nella simulazione, ma almeno possiamo essere abbastanza sicuri che non si tratti di simulazioni infinite.