masciari

Per 25 anni è stato uno dei principali tester nei processi contro la ‘ndrangheta calabrese. Ora lo sfogo: “non possono trattarmi come un peso”

È stato, per 25 anni, uno dei più importanti testimoni di giustizia contro la ‘ndrangheta calabrese. Oggi il Dipartimento pubblica sicurezza – UCIS del Viminale ha avviato le procedure per la revoca della scorta a Pino Masciari.

Un fulmine a ciel sereno per l’imprenditore e la sua famiglia, che ha ricevuto la sola notifica del Prefetto di Torino “seppur consapevole dei tempi dell’iter amministrativo“. «Prendo atto e subisco, dopo 25 anni di lotte e denunce, della netta volontà di revocare la scorta a me e alla mia famiglia» è il commento a caldo dell’uomo che si riserva il diritto di impugnare il provvedimento “qualora la decisione definitivamente assunta non fosse idonea a garantire la mia sicurezza e quella della mia famiglia“.

Masciari era finito sotto scorta dopo aver denunciato i tentativi di estorsione della ‘ndrangheta alla sua azienda edile. Grazie alle sue testimonianze ha contribuito alla condanna di diversi capi di cosche calabresi.

«Io che ho offerto la mia vita e quella della mia famiglia allo Stato, in difesa dei principi costituzionali, contribuendo a sdoganare il sistema ordito dalla ‘ndrangheta e dalle sue collusioni con i poteri forti, radicato in tutti i livelli sociali e istituzionali – afferma Masciari – non posso ora essere considerato un peso e trattato come tale! Non è umanamente tollerabile! Mi hanno sfinito in tanti anni di continuo braccio di ferro per il riconoscimento dei miei diritti!» è lo sfogo di Masciari.

«Sto meditando in maniera seria e ponderata di compiere il gesto di rientrare in Calabria, di riprendere la mia vita, di muovermi in autonomia ovunque io voglia, con la determinazione di chi ha sempre lottato a difesa della propria libertà – prosegue il supertestimone. – È scontato che qualora mi dovesse succedere qualcosa riterrò responsabili gli organi competenti e chi, avviando il procedimento di revoca della scorta, ha ritenuto che io non sia più in pericolo».

di: Marianna MANCINI

FOTO: ANSA/JESSICA PASQUALON