In un’epoca dominata dalla tecnologia, se gli strumenti per risolvere i problemi non fanno che aumentare è importante soffermarsi sull’unicità del mistero

Oltre a quello sintomatico di chi indossa gli occhiali da sole, il mistero è una delle dimensioni più indagate e, per sua natura, più inconoscibili con cui gli esseri umani si trovano in contatto. Secondo il filosofo Gabriel Marcel, padre di un esistenzialismo del tutto particolare, il mistero è intrinsecamente collegato al soggetto. Fulcro della sua speculazione è tenere presente come il problema sia ciò che si risolve e il mistero ciò che si contempla.

Per Marcel, che raccoglie i frutti di Bergson e le tesi del neoidealismo di Bradley e Royce, se il problema è quantificabile, e dunque risolvibile, sviluppandolo, è oggettivabile in massimo grado; l’essere invece non rientra nella prospettiva dei problemi in quanto non è quantificabile e oggettificabile ed è, dunque, un mistero “in cui mi trovo coinvolto e che pertanto impedisce di mantenere una chiara distinzione tra il soggetto e l’oggetto”. Secondo il pensatore francese l’indagine dell’essere non è separabile dal soggetto che si pone la domanda alla base dell’indagine stessa e dunque non si tratta di un’indagine chiara perché l’oggetto indagato non è distinguibile dal soggetto che indaga; l’indagine non può essere risolta come un problema, ma affrontata come un mistero e dunque con una prospettiva spirituale, di trascendenza.

Oltre al dualismo tra problema e mistero, Marcel si interroga anche su quello di essere e avere, anche in questo caso i due elementi sono interconnessi giacché il soggetto che si interroga di sé ha di fatto, possiede, un corpo ma allo stesso è un corpo. Ravvedendo lo stesso rischio nei due aspetti dell’analisi, ovvero un dominio della tecnica e dell’oggettificazione, il filosofo contempla come massimo rischio il ridurre il mondo della conoscenza a qualcosa di quantificabile e meccanico, rischio che può intaccare anche i rapporti sociali. Quando il soggetto considera l’altro una cosa pratica dà, di fatto, corpo al primato dell’avere sull’essere, necessario è dunque che il rapporto con l’altro si basi sul riconoscimento del soggetto in quanto tale e non parte di un rapporto impersonale e asettico, questo conduce Marcel a sottolineare l’importanza del mistero dell’essere che apre alla conoscenza metafisica.

La sua “metodologia dell’inverificabile”, dunque, da una parte rifiuta i criteri della verificabilità e dell’oggettività scientifica, con le categorie logico-matematiche, e dall’altra intende evitare un soggettivismo personalizzato ed emotivo, in modo da sfuggire a un fideismo arbitrario.

Problema e mistero animano anche parte di uno dei più noti miti di Platone. Nell’allegoria pensata dal filosofo greco un prigioniero, obbligato insieme ad altri per tutta la vita a osservare le ombre proiettate sul muro di una caverna, una volta liberato dalla sua cella fatta di rappresentazioni della realtà si scontra con il mondo reale; scoperta la conoscenza fino ad allora avuta solo tramite un mondo sensibile artefatto, il prigioniero vorrebbe rientrare nella caverna per condividere le proprie scoperte con gli altri sventurati ancora costretti alle catene, ma a fermarlo sopraggiungono motivi diversi. In primo luogo, la sua esperienza: dopo la lunga permanenza al buio, una volta all’esterno la luce del sole gli ha “rovinato” gli occhi e per giorni ha faticato ad abituarsi alla luce abbagliante, rientrando nelle oscurità della caverna parimenti necessiterà di alcuni giorni prima che i suoi occhi riescano a vedere nuovamente nitidamente e in quel lasso di tempo i compagni imprigionati, vedendone le difficoltà, potrebbero temere il cambiamento e giungere alla decisione di ucciderlo, per non essere costretti a uscire e subire la stessa dolorosa sorte. Inoltre, il prigioniero che ha scoperto il mondo sensibile al di fuori teme lo scherno degli altri, che prenderebbero per assurdo il racconto del mondo estero.

Con il progresso tecnologico gli strumenti che possono svelare almeno un po’ di mistero sono aumentati, ad esempio quanto restato fino a oggi in gran parte celato nei papiri carbonizzati dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. a Ercolano. Con l’aiuto della tomografia a coerenza ottica e l’imaging iperspettrale a infrarossi, le tecnologie alla base del progetto di ricerca GreekSchools – finanziato dal Consiglio europeo della ricerca, condotto con l’Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale e l’Istituto di Linguistica Computazionale del Consiglio Nazionale delle Ricerche – sono stati scoperti dettagli delle ultime ore proprio di Platone.

Per accompagnare il filosofo nelle sue ultime ore di vita e rendere più lieve il trapasso, una donna originaria della Tracia al suo cospetto suonava un flauto; le capacità musicali della donna, però, non furono apprezzate da Platone che anzi, febbricitante e in punto di morte, trovò comunque le forze di polemizzare e criticare la donna per il suo scarso senso del ritmo. Il papiro contenente la Storia dell’Accademia di Filodemo di Gadara restituisce anche il luogo di sepoltura di Platone, il giardino a lui riservato dell’Accademia di Atene, vicino al Museion, il sacello sacro alle Muse.

Inoltre, grazie alla tecnologia delle immagini tridimensionali di tomografia computerizzata e agli algoritmi di intelligenza artificiale, i ricercatori Youssef Nader, Luke Farritor e Julian Schilliger sono stati in grado, vincendo il concorso Vesuvius Challenge, di scoprire quanto scritto in un altro dei papiri di Ercolano, riuscendo a srotorarlo virtualmente sono state decifrate 11 colonne di testo (oltre duemila caratteri) a proposito di musica, cibo e piacere ed è plausibile si tratti di uno scritto relativo alla filosofia di Epicuro (il filosofo epicureo Filodemo a Ercolano fu ospite del suocero di Giulio Cesare, Lucio Calpurnio Pisone).

Il dominio della tecnica in questi due esempi ci ha restituito delle testimonianze del passato che altrimenti non avremmo mai potuto consultare, scoprendo dettagli fino a oggi solo immaginabili (il luogo della sepoltura di Platone era conosciuto ma solo a grandi linee) e ci permettono di avere ulteriori strumenti, tramite la conoscenza del passato, per capire di più del presente.

La sfida odierna rimane dunque la stessa, uscire dalla caverna e cercare di portare gli altri prigionieri all’esterno, sfruttando gli strumenti della tecnologia senza esserne schiavi, tenendo sempre presente che ciò che ci rende umani non sono i problemi da risolvere, ma i misteri da contemplare, quel mistero refrattario a farsi risolvere il cui fascino, secondo Omero, domina tutto.