IT
Un pagliaccio che incarna le paure più profonde di ogni essere umano, una città posseduta e sedotta dal male e un gruppo di ragazzini: IT è ancora il romanzo d’orrore (e di formazione) per eccellenza
Anche dopo svariate riletture è molto difficile fare una recensione di IT che renda giustizia all’opera maestosa che è. Non ho mai conosciuto nessuno che, avendo superato la paura per la “mole” del romanzo e il pregiudizio che permea la narrativa dell’orrore, sia arrivato in fondo e non se ne sia innamorato.
Perché IT, capolavoro assoluto di Stephen King, ancora imbattuto a 38 anni dalla sua uscita (15 settembre 1986), è – proprio come il pagliaccio che prende vita tra le sue pagine – moltissime cose. Un grande romanzo dell’orrore, certo: il mostro è in agguato in fondo a ogni pagina, dietro ogni nuovo capitolo, e diventa metafora di tutte quelle paure che non riusciamo ad affrontare quando siamo bambini. IT è la famiglia disfunzionale, è il genitore che ci ha abbandonato, quello che è morto troppo presto; è la madre iperprotettiva che ti rende insicuro e paranoico, è il padre alcolizzato che ti ammazza di botte, ma è anche il bullo che ti tormenta a scuola, l’insegnante che si gira dall’altra parte per non vedere. IT è il mostro nel buio che ha la tua faccia, sei tu, rimasto congelato dalla paura di sciogliere legami invadenti, di denunciare una violenza, di non essere accolto e accettato.
Pennywise è un mostro reale, che cambia continuamente forma, eppure non è lui a spaventare davvero nelle oltre mille pagine di romanzo: ed in questo semplice, banale concetto è racchiusa la genialità di King, autore che da sempre riesce a fare paura narrando solo la verità. Il suo è un mostro che spaventa tanto i ragazzi – con cui ci sembra di essere cresciuti – quanto gli adulti che nel frattempo noi stessi, noi lettori, siamo diventati.
Allora, rileggendo a trent’anni IT scopriamo che Pennywise ha cambiato un’altra forma e adesso ha le fattezze del fantasma del nostro passato: quello che ci ricorda di quando eravamo bambini grassi, balbuzienti, sfigati, sensazioni che nella panacea della vita quotidiana abbiamo dimenticato ma che sono acquattate nel nostro animo, come un pagliaccio sotto un tombino o un bambino con la mantellina gialla nell’angolo più oscuro della cantina. IT è senza dubbio il romanzo più bello che chi scrive abbia mai letto, pensiero peraltro che condivido con la me stessa che lo ha affrontato per la prima volta da bambina. Parla di mostri, di una città posseduta da qualcosa che non si può spiegare che richiama molto le atmosfere di Hill House, su una scala decisamente più grande; ma parla anche di amicizia, di amore in tante forme, di quella grande sfida che è diventare grandi, e – quando grandi lo si è ormai diventati – parla dell’importanza di ricordare ciò che si è stati da piccoli. Chi si è stati da piccoli.
Un romanzo immortale, che non invecchia mai, una storia universale condita con lo stile asciutto ed evocativo di Stephen King, scrittore e artista che più di chiunque altro meriterebbe un Nobel che tarda ad arrivare; un libro che, ogni volta che si riprende in mano, ha qualcosa di nuovo da raccontare.
Perciò cosa state aspettando? Prendete un palloncino e venite a giocare con noi.
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