Sabriel

Un mondo diviso a metà da un Muro che separa vecchio e nuovo, magia e scienza, un padre e una figlia. Un viaggio che è anche un percorso di formazione in un romanzo che fa del dualismo il suo maggior punto di forza

Quando si cresce vicino a un muro non si sa mai se la barriera che si è abituati a vedere oltre la finestra serva per proteggerci o rinchiuderci, e tutto ciò che riusciamo a scorgere dell’“altro lato” appare ammantato da un velo misterioso di fascino e magia. Gli abitanti di Ancelstierre sono abituati, al Muro: una presenza così stabile da aver superato la dimensione paesaggistica e aver assunto tratti vivi, personali, come se quella barriera fosse una creatura animata in grado di mantenere separati due mondi diversi. Di qua Ancelstierre, in cui l’unica cosa realmente magica è la scienza: elettricità, automobili, aeroplani, sono le cose che incantano la popolazione. Di là il Vecchio Regno: bloccato in una dimensione medioevale, sulle sue terre imperversa la magia primigenia, oscura e selvaggia.

Appena oltre il Muro la 19enne Sabriel, cresciuta al Wyverley College, vede avvicinarsi la tempesta. Suo padre, – l’Abhorsen, il Protettore, colui che ha il compito di impedire ai morti di tornare nel mondo dei vivi – è scomparso e di lui le sono rimaste solo la spada e 7 campane. Non sono oggetti qualsiasi: servono a tenere a freno gli spiriti, ma lui non ha avuto il tempo di insegnarle tutto ciò che avrebbe dovuto sulla negromanzia. Se vuole colmare le lacune e riabbracciare l’unico genitore che abbia mai conosciuto, Sabriel non ha scelta: deve abbandonare la sua casa e superare il Muro, addentrarsi nel Vecchio Regno e scivolare tra le ombre pericolose della Morte, per riportare l’equilibrio nel mondo. Nel suo viaggio non è sola: con lei ci sono il gatto Mogget, in realtà uno spirito creato dalla magia primigenia, e un ragazzo di nome Touchstone, rimasto intrappolato per 200 anni in una statua di legno.

Molto prima che gli Estranei minacciassero Westeros e che Alina l’Evocaluce affrontasse la Faglia, con la sua Sabriel Garth Nix costruiva un mondo duale e straordinario, mischiando tutti gli elementi cari agli appassionati di fantasy. Il Vecchio Regno è la culla della magia, la simbologia che si nasconde nella Briglia è interessante e il modo in cui vengono studiati e scagliati gli incantesimi innovativo e tradizionale al contempo. La storia d’amore c’è, ma non stanca e non delude. I personaggi hanno una loro profondità, sono veritieri e ben incastrati nel mondo che li ospita. Sabriel è un fantasy young adult che può incantare e appassionare anche gli adulti e, benché si tratti di una saga, il libro è autoconclusivo quindi si può leggere senza timore di non voler affrontare il secondo, uscito in libreria lo scorso marzo per Fazi (Lirael) o di dover attendere per i successivi (cinque in tutto). È facile affezionarsi a Sabriel e i suoi amici, che per salvarsi dovranno affrontare molto più dei mostri che popolano il cammino. Perché qualcosa di distruttivo sta arrivando dall’ultima Porta del regno dei Morti e per sconfiggerlo Sabriel dovrà imparare a guardare dentro di sé, cercando una luce che solo lei può far brillare.