Gli Usa sono pronti a sostenere la bozza. Rapporto: “mezzo milione di persone senza cibo”
È il 77esimo giorno di guerra nella Striscia di Gaza.
Il bilancio dei morti ha raggiunto e superato le 20mila vittime. Il Consiglio dell’Onu è tornato a riunirsi a porte chiuse per discutere della delicata situazione nel Paese ma il voto sulla risoluzione è slittato ancora una volta: nella bozza non comparirebbe più la richiesta di fine immediata dei combattimenti. Si chiedono invece “misure urgenti per consentire un accesso umanitario sicuro e senza ostacoli e per creare le condizioni per una cessazione sostenibile delle ostilità”.
Gli Usa si sono detti pronti a votare la bozza della risoluzione. Intanto parallelamente si affaccia all’orizzonte una possibilità di negoziato. Israele apre di nuovo le danze e offre ad Hamas una proposta: si tratterebbe, riferisce la tv Kan, di due settimane di tregua in cambio del rilascio di decine di ostaggi. Hamas in precedenza aveva avvisato che non avrebbe accettato accordi che non includessero la fine degli attacchi su Gaza.
Dopo reiterati appelli per la pace, scende in campo anche Papa Francesco. Il Pontefice ha infatti inviato il suo elemosiniere, cardinal Konrad Krajewski, in Terra Santa. Parlando di “terza guerra mondiale a pezzi”, la nota del Vaticano annuncia la notizia come un concreto segno di partecipazione alle sofferenze della popolazione.
Al fronte
Si torna a combattere al fronte. Dopo 17 ore sono suonate le sirene di allarme anti razzi nelle aree israeliane al confine con il Libano.
Secondo il portavoce dell’ala militare Abu Obeida l’obiettivo di Israele di eliminare “le forze della resistenza non si realizzerà”. «Se il nemico vuole i suoi prigionieri vivi, non ha altra scelta che fermare l’aggressione – ha dichiarato Abu Obeida, citato da Al Jazeera – Il nemico ha assassinato leader e combattenti della resistenza, ma ciò non ha fatto altro che aumentare la nostra risolutezza e determinazione nel vendicarci dei suoi crimini».
Secondo il Washington Post “le prove presentate dal governo di Israele non sono sufficienti a dimostrare che Hamas ha usato l’ospedale al-Shifa come centro di comando”. «Questo solleva domande cruciali, secondo gli esperti legali e umanitari – ha scritto la testata – sul fatto che i danni ai civili causati dalle operazioni israeliane contro l’ospedale fossero proporzionati alla minaccia».
Il portavoce militare israeliano Daniel Hagari ha riferito che dalla fine della tregua l’esercito israeliano ha ucciso “oltre 2mila terroristi” di Hamas. «Ciò è avvenuto dal cielo, dal mare e da terra» ha dichiarato Hagari, che ha affermato che gli artificieri militari hanno fatto esplodere il “Quartiere” dei dirigenti politici e militari di Hamas. «Abbiamo distrutto quella vasta rete di tunnel, una struttura di terrorismo strategico realizzata da Hamas nel centro della città di Gaza» ha proseguito il portavoce, specificando che a Khan Yunis, nel sud della Striscia, cinque brigate dell’esercito stanno combattendo contro Hamas, “in particolare sotto il livello terrestre”.
A questo si aggiunge l’analisi della Cnn secondo cui Israele starebbe usando (e ne avrebbe già sganciato centinaia) bombe da oltre 900 kg. Si tratta di ordigni in grado di uccidere o ferire persone fino a oltre 300 metri di distanza. L’entità di queste bombe, quattro volte più pesanti rispetto a quelle utilizzate dagli Usa a Mosul nella lotta contro l’Isis, preoccupa gli analisti. Specialmente se si rapporta l’impiego di munizioni così massicce in un’area così densamente popolata come la Striscia di Gaza: una combinazione compatibile con l’altissimo numero di vittime: «ci vorranno decenni prima che le comunità si riprendano» afferma il difensore di Civil, gruppo di attivisti che cercano di tutelare i civili in terre di guerra, John Chappell. Conferma lo sdegno anche l’ex analista dell’intelligence Usa Marc Garlasco, secondo cui “non si vedeva dai tempi del Vietnam” un’intensità così alta nei bombardamenti.
La situazione umanitaria
L’Unrwa (l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi) ha riferito che circa il 93% degli sfollati nel sud della Striscia soffre per un “consumo alimentare inadeguato”. «Le persone, e anche questo è qualcosa di completamente nuovo, stanno fermando i camion degli aiuti, prendono il cibo e lo mangiano subito – ha scritto l’Agenzia su X – La gente è disperata, la fame perseguita tutti».
Una situazione ribadita anche dal rapporto dell’Onu, secondo cui sono oltre 570mila le persone che stanno “morendo di fame” a Gaza a causa della quantità insufficiente di cibo entrata nella Striscia dal 7 ottobre. Il testo, pubblicato da 23 agenzie delle Nazioni Unite e non governative, ha evidenziato che l’intera popolazione della Striscia di Gaza è in crisi alimentare: 576.600 persone sono a livelli catastrafoici di fame, viene riferito.
«È una situazione in cui più o meno tutti a Gaza sono affamati» ha dichiarato il capo economista del Programma alimentare mondiale Arif Husain, il quale ha sottolineato che se la guerra continuerà con la stessa intensità e se le consegne di cibo non saranno ripristinate, la popolazione potrebbe affrontare “una vera e propria carestia entro i prossimi sei mesi”.
Erdogan sente al-Sisi
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha avuto un colloquio telefonico con l’omologo egiziano Abdel Fattah Al-Sisi per congratularsi della rielezione e per parlare degli sforzi da compiere per il cessate il fuoco e l’accesso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Secondo il portavoce della presidenza egiziana, il consigliere Ahmed Fahmy, i due leader hanno espresso la volontà di rafforzare le relazioni bilaterali.
di: Francesca LASI
aggiornamenti: Micaela FERRARO
FOTO: ANSA/EPA/JUSTIN LANE