artem uss

Secondo il giornale il manager rappresenta una “risorsa potenzialmente preziosa nello scambio di prigionieri”

Ci sarebbe lo zampino di una banda criminale serba dietro alla fuga del manager russo Artem Uss: questo il contenuto di uno scoop pubblicato dal Wall Street Journal che cita fonti “con famigliarità con gli eventi“.

L’imprenditore sarebbe sfuggito alla polizia italiana, liberandosi del braccialetto elettronico difettoso, grazie all’aiuto di una “rete internazionale di collaboratori, tra cui una banda criminale serba“.

Essendo sfuggito all’estradizione negli Stati Uniti, Uss rappresenterebbe secondo le stesse fonti una “risorsa potenzialmente preziosa nello scambio di prigionieri per gli americani detenuti in Russia“, compreso il giornalista del Wall Street Journal Evan Gershkovich (di cui è stata appena prolungata di tre mesi la detenzione).

Il giornale ricostruisce come “l’incapacità italiana” di impedire la fuga avesse “sollevato sospetti su possibili corruzioni, collusioni o agende filo-russe in parti del governo o della magistratura”. La verità, però, “è molto più banale. Ma è anche molto più seria“, prosegue la fonte del WSJ, puntualizzando come Roma (giudici e Ministeri) abbia fortemente sottovalutato l’importanza strategica di Uss, mentre l’intelligence si sia semplicemente disinteressata alla questione perché “ciò sarebbe equivalso a un’interferenza illecita in un procedimento giudiziario“.

Così, Uss è stato traghettato fuori dall’Italia e riportato in Russia, da dove lo scorso 4 aprile ha rilasciato le sue prime parole.

Nelle scorse settimane si era rincorsa la voce, emersa dal canale Telegram russo VChK-OGPU, che un ex ufficiale delle forze speciali dell’Esercito italiano, a Mosca da più di 6 anni, avrebbe architettato la fuga di Uss; un servizio costato due milioni di dollari al padre del manager. È in corso un’attività investigativa della magistratura italiana coperta dal segreto al riguardo.

di: Marianna MANCINI

FOTO: ANSA/RIA Novosti/social Artyom Uss