Mentre si moltiplicano le accuse nei loro confronti, i fratelli Andrew e Tristan Tate tornano nell’occhio del ciclone all’alba del processo che li vede accusati di reati gravissimi, che entrambi respingono
«I believe my impact in the world is positive». Alla fine della fiera, se i casi sollevati in giudizio troveranno una verità quantomeno processuale, è nel campo dei punti di vista e delle opinioni che il caso Andrew Tate finisce per dissolvere i propri confini. Perché quello dell’influencer, ex kickboxer, più controverso del momento è diventato un vero e proprio caso, alimentato tanto dai detrattori quanto da milioni di follower, seguaci o simpatizzanti. Un successo solo parzialmente quantificabile sui social network, dato che le principali piattaforme (il brand Meta con Facebook e Instagram ma anche TikTok e Youtube) lo hanno bannato a causa dei suoi contenuti: «la misoginia è un’ideologia che diffonde odio non tollerabile» hanno spiegato. Su X, dove Tate è rientrato dopo un ban temporaneo, il suo account vanta invece 9,9 milioni di follower, e il suo nome si è classificato 25esimo nella classifica delle parole più cercate in assoluto su Wikipedia in tutto il 2023.
Recentemente l’ex atleta è rimbalzato anche nelle cronache insieme al fratello Tristan, con cui è a giudizio per stupro, tratta di esseri umani e associazione per delinquere in Romania: un processo complesso, che ha già individuato 7 presunte vittime ma in cui nulla va dato per certo. Nell’aprile del 2022 la prima perquisizione nella loro residenza di Bucarest. I due vengono poi arrestati il 29 dicembre dello stesso anno, fino all’incriminazione ufficiale nel giugno 2023. Dopo 7 mesi di carcere, Tate e il fratello tornano in libertà in attesa di giudizio.

Pochi giorni fa la polizia romena è tornata a perquisire quattro abitazioni di Tate, tutte fra Bucarest e l’area di Ilfov. Alle precedenti accuse infatti si starebbero aggiungendo altre ipotesi di reato, attualmente ancora al vaglio dei procuratori, quali rapporti sessuali con minori, traffico di minori, riciclaggio di denaro e tentativo di corrompere i testimoni. Ancora nel marzo 2024 i due fratelli sono stati accusati di aggressione sessuale anche in Gran Bretagna, per fatti che risalirebbero a un periodo fra il 2012 e il 2015. Bucarest ha già dato l’ok all’estradizione, ma solo dopo che si sarà concluso il primo processo.
Andrew Tate: come nasce il mito
Andrew (38) e Tristan (36) Tate nascono negli Stati Uniti da un campione di scacchi afroamericano e un’addetta britannica al catering. Dopo la separazione, i due figli e la madre si trasferiscono a Luton nel Bedfordshire, in Inghilterra. Qui, puntualissima, si radica la retorica del self-made rich man. L’infanzia per i fratelli Tate è difficile: lui stesso racconta di come a volte al KFC locale raccogliessero gli avanzi lasciati dalle persone così da congelarli.
Dal 2005 al 2014 Tate si dedica alle arti marziali, in particolare al kickboxing, in cui si conferma tre volte campione del mondo nel circuito ISKA e una volta all’Enfusion Live. Chiusa la parentesi sportiva, anche se l’atletismo rimarrà un core nella narrativa del suo personaggio (ad esempio nel suo nome da combattente, King Cobra), Tate ha già le idee chiare: è al successo che mira, e per arrivarci c’è bisogno di fama.

Così nel 2016 partecipa al Grande Fratello UK, ma la sua esperienza nella Casa dura pochissimo. Già controverso dal suo ingresso, per alcuni suoi tweet tacciati di omofobia e razzismo, Tate viene rimosso dal programma dopo appena 6 giorni. Qualcuno, infatti, diffonde un video tagliato in l’atleta colpisce una donna con una cintura. Come spiegheranno entrambi, si trattava di un gioco consensuale, reso ambiguo da un accorto cut, ma la verità è forse Vice a svelarla. Secondo il magazine Tate sarebbe stato allontanato dal programma perché i produttori erano venuti a conoscenza di un’investigazione per stupro a suo carico, poi chiusasi tre anni dopo in un nulla di fatto.
Nel frattempo la sua fama su internet cresce, anche e soprattutto nel filone dell’autoproclamatosi politicamente scorretto. Il suo identikit virtuale non ha nulla di innovativo: Tate è un ex atleta che predica disciplina e costanza, è un self-made man che ce l’ha fatta e ora ti vuole insegnare come si fa, è un uomo che conosce bene le donne e dispensa consigli su come corteggiarle. Il tutto, fornito in pratiche tele-lezioni da acquistare in programmi o pacchetti dal suo sito, mitomania in omaggio.
La comunicazione di Tate si fa riconoscere e stuzzica soprattutto il retro-pensiero dei tanti maschi, soprattutto giovani, ma anche delle donne che lo seguono. La società del Kobra è rigidamente patriarcale, fondata sul mito dell’uomo forte, valoroso e soprattutto ricco contrapposto a una donna (più) debole e biologicamente dipendente dalle figure maschili che la circondano. Non c’è nemmeno bisogno di scavare troppo in dietrologie per cogliere il senso più misogino del suo pensiero: «sono un realista, e quando sei realista allora sei anche sessista. In nessun modo ci si può radicale nella realtà senza essere sessisti» spiegava anni fa, aggiungendo che le donne sono “intrinsecamente pigre” e che “una femmina indipendente non esiste“. Il culmine delle sue sparate, e dunque il picco della sua popolarità, si raggiunge quando, commentando il tormentone #MeToo, Tate scrive su Twitter che “se ti metti nella condizione di poter essere stuprata, devi per forza averne qualche responsabilità“.

Il mondo si spacca: mentre gruppi e associazioni di insegnanti, e persino la polizia, cominciano a indicare Andrew Tate come fonte di messaggi pericolosi e nocivi, migliaia di giovani, dai 13 anni in su, si fanno ritrarre mentre scimmiottano il mudra con le mani: la pratica yoga (l’Uttarabodhi mudra, che consiste nell’unione di indici e pollici puntati verso l’alto come proiezione della forza e dell’illuminazione) diventa solo uno dei chiari segni di riconoscimento fra i supporter dell’influencer. Che nel frattempo si arricchisce sempre di più. Ma come?
Dalle webcam ai corsi, gli affari dei Tate Brothers
È lo stesso Tate a spiegare quello che definisce il suo modello di business in un suo vecchio sito, in seguito oscurato e verbalmente rinnegato dall’influencer (qui sono ancora visionabili screenshot del sito): si comincia adescando ragazze sui social, convincendole a uscire e millantando un interesse relazionale nei loro confronti. In un secondo momento arriva la “bottom woman“, sua complice incaricata di “convincere” la ragazza di turno a girare filmati pornografici per la webcam agency di Tate e del fratello che ne gestiscono gli incassi.
Nell’estratto poi rimosso si legge: «il mio lavoro è incontrare una ragazza, uscirci per qualche appuntamento, dormirci insieme, testare se è di qualità, falla innamorare di me così che farebbe tutto ciò che le dico e poi piazzarla davanti a una webcam, così da poter diventare ricchi insieme». In un altro commento, Tate spiega che oltre 75 ragazze hanno lavorato per lui, e che “il 50% delle mie impiegate era in realtà la mia fidanzata del tempo“. Di queste, “nessuna aveva lavorato nell’industria dell’intrattenimento per adulti prima“.

È sempre Tate a condividere altre raffinate tecniche di reclutamento personale per la sua azienda: «non puoi stare lì e avere una relazione puramente lavorativa e professionale con una donna, non funziona. Se non ti stai scopando la ragazza, lei lo sta facendo con qualcun altro. E quest’altra persona con cui va a letto avrà il controllo sulla sua mente al posto tuo». Ancora: in un altro contestato video del passato recentemente riemerso, Tate spiega come queste ragazze, sue impiegate e fidanzate, vivano nella sua casa “e stanno lì, annoiate e completamente innamorate di me, e ovviamente non escono. Non gli è permesso. Non ci vai nei locali con gli amici. Non so che raza di smidollato lascia che la sua donna vada in un locale senza di lui. No. Tu stai a casa, non vai da nessuna parte. Nessun ristorante, nessun club, niente“.
È proprio questo modello di business, che Tate rivendica essere efficacissimo, originale ma soprattutto sicuro, ad allertare le autorità che cominciano a raccogliere testimonianze di donne che hanno lavorato per i due fratelli. Ad oggi, hanno rotto il silenzio 7 presunte vittime, oltre ad alcune testimonianze raccolte dalla polizia rumena (qui la BBC riporta la storia di “Sophie“, ex fidanzata di Tate che oggi collabora con gli inquirenti). Oltre alla manipolazione mentale e psicologica che alcune ragazze recriminano a Tate, sul tavolo degli inquirenti ci sono anche elementi di coercizione più oggettivi oltre che di adescamento addirittura fra ragazze minorenni. Tutte accuse che sia Andrew sia Tristan rigettano in pieno, rivendicando la massima trasparenza del loro business online e presentando come prova ragazze pronte a giurare che nessuna coercizione è mai avvenuta nella fatidica agenzia.
Il successo di Tate, come tutti quelli trainati dal vecchio adagio del politicamente scorretto, è però una giostra per definizione: un giorno ti applaudono perché hai detto una cosa diversa dagli altri, il giorno seguente devi saldare il conto delle tue sparate, e così in loop affinché il ricordo di ciò che viene detto affonda, mentre a galla restano il brand e le interazioni raccolte. «Lo stupro è un delitto odioso, è una cosa disgustosa, e chiunque lo commette deve finire in prigione» si affretta a ripetere Tate elencando i video in cui insegna agli uomini come si corteggia una donna, come bisognerebbe proteggerla e trattarla, persino come essere un buon musulmano.
La gogna e la risonanza
Il polverone mediatico attorno alla vicenda Tate accresce inevitabilmente la visibilità dei due fratelli che pur dovendo rispondere di accuse gravissime si trovano sostenuti dall’affetto di migliaia di fan, tutti pronti a scommettere sulla loro innocenza, ma soprattutto sulla loro grandezza. Così, a cavallo fra mito e mitomania, sull’onda delle tantissime accuse e inchieste aperte e chiuse nei loro confronti, Tate innaffia il suo personal branding. Mentre i suoi canali promuovono flussi incessanti di lezioni di vita e morale, un fumetto ne racconta le eroiche gesta da combattente e le musiche sacre fanno da sottofondo alla verità finalmente definitiva sul complotto più grande al mondo.

«Ormai sono abituati a distruggere gli uomini che parlano di qualsiasi agenda non piaccia loro: e continua a succedere, ancora e ancora. Se volete essere una di quelle persone che crede a tutto ciò che gli viene detto, bene. Pensateci: Russel Brand, Tucker (Carlson), Elon (Musk), Donald Trump, Julian Assange. arrivano a ripetizione per tutti…». Non è il delirio di un terrapiattista anonimo su X, è come Tate si reinventa da capo, raccontandosi ancora nuovo, ancora migliore. È il martirio dei giusti, dei politicamente scorretti che, per il solo fatto di pronunciare presunte verità scomode, vengono accusati di stupro, perché proprio con questo reato pernicioso è possibile azzera in tempo record qualsiasi carriera, qualsiasi popolarità.
«Il Matrix è reale» sospira filtrato in bianco e nero, lo sguardo perso, preoccupato ma deciso. Qualche utente nota come l’ultima perquisizione effettuata nelle proprietà di Tate e del fratello sia curiosamente sopraggiunta poco dopo alcune sue dichiarazioni che tiravano in ballo Israele. Il cerchio si allarga ancora, e la verità è sempre più difficile da afferrare. E poco importa se le bizzarre credenze di Tate siano un espediente mediatico efficacissimo, un mite proselitismo di confessione islamica o una convinta apologia del machismo tossico. È ciò che accade da quando qualcuno, facendo un dispetto non da poco al mondo intero, ha riportato in voga l’odioso motto: bene o male, purché se ne parli.
di: Marianna MANCINI
FOTO: ANSA/EPA/ROBERT GHEMENT