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Per molti anni la sindrome dell’Avana è stata argomento di tensione tra alcune potenze internazionali. Per saperne di più abbiamo intervistato Sergio Della Sala, Professore di Neuroscienze Cognitive Umane all’Università di Edimburgo, UK 

Questa storia inizia a Cuba nel lontano 2016, quando diversi dipendenti dell’ambasciata statunitense (agenti dell’intelligence e diplomatici) comunicarono di essere stati colpiti da insoliti e insopportabili rumori striduli penetranti nel cervello e provenienti da una precisa direzione. Un malessere che iniziò a verificarsi principalmente mentre si trovavano all’Avana, in appartamenti o camere d’hotel, oppure svegliati nel sonno: a questo si univa una percezione di vibrazione o pressione paragonata all’aria che si introduce in macchina quando il finestrino è aperto a metà. Nelle settimane successive, poi, gli stessi individui iniziarono a manifestare disturbi del sonno, disturbi visivi, vertigini, mal di testa, fischi nelle orecchie, perdita dell’udito e peggioramento delle capacità cognitive: tutti sintomi che, nella maggior parte dei soggetti, durarono per mesi e che spesso si verificarono anche nei familiari delle vittime. Per molti il quadro clinico, all’epoca, era perfettamente associabile ad un trauma cranico che però nessuno sembrava aver subito. Iniziò quindi a diffondersi la convinzione secondo la quale si trattasse della “sindrome dell’Avana” e che a provocarla fossero una potenziale arma segreta e futuristica, che agiva con “l’energia sonora” o “l’energia a microonde pulsata”, e un grande complotto costruito ad hoc da una “potenza straniera” ai danni degli Stati Uniti; una minaccia, quindi, che persino l’intera intelligence faticò a riconoscere. Secondo un articolo di Associated Press, del 2017, un’indagine portata avanti dallo Stato affermava: “i diplomatici sono stati colpiti da un apparecchio tecnologicamente avanzato a ultrasuoni, utilizzato dentro o al di fuori delle loro abitazioni”. La conclusione fu che questa causa non fosse di “origine naturale”: il governo statunitense iniziò quindi a schedarli come Anomalous Health Incidents ovvero “eventi sanitari anomali” e nel 2021 approvò l’Havana Act, una legge che instaura un fondo di garanzia per risarcire i dipendenti federali vittime di “attacchi neurologici”. 

Simbolo della CIA, Central Intelligence Agency (SHUTTERSTOCK)

Ancora oggi non c’è una spiegazione chiara riguardo la vicenda; anzi, questa “malattia” è attualmente argomento di disaccordi politici, scientifici e diplomatici: da un lato c’è chi è sicuro si tratti di “attacchi” ideati dalla Federazione Russa, dall’altro, invece, c’è chi ritiene che la vicenda sia un caso di isteria di massa e di condizionamento psicologico collettivo. Negli ultimi tempi, la tematica è tornata in campo a seguito di un’inchiesta congiunta tra la trasmissione televisiva statunitense 60 Minutes, il sito indipendente russo The Insider, e la rivista tedesca Der Spiegel. Prima di raccontare le ultime vicende, però, seguiamo l’episodio fin dai suoi inizi.

I primi anni: la politica 

Quando scoppiò lo scandalo, l’amministrazione Trump accusò Cuba di non aver assicurato l’integrità del personale diplomatico, e a maggio del 2017 cacciò due dipendenti cubani dall’ambasciata di Washington. Da parte loro, invece, i cubani non accolsero le incriminazioni scrivendo in una nota ufficiale: “Cuba non ha mai permesso, né permetterà, che il territorio cubano sia usato per compiere azioni contro diplomatici accreditati e le loro famiglie”. Questa situazione portò non solo ad una grande riduzione del personale, ma anche ad un peggioramento delle relazioni tra i due Paesi: Trump rinnovò l’embargo commerciale e diverse sanzioni che in precedenza Barack Obama aveva eliminato. Il Paese dell’America centrale, però, non fu l’unico ad essere coinvolto in questa storia, perché negli anni successivi la sindrome si verificò anche in Colombia, Georgia, Vietnam, Austria, Cina, India, Kyrgyzstan, Uzbekistan, Germania, Regno Unito e negli stessi USA. L’ultimo caso si pensa risalga ad appena un anno fa, durante il vertice NATO avvenuto in Lituania. Nel maggio del 2021, il New Yorker, pubblicò un articolo secondo il quale ad essere colpiti dalla “sindrome” erano stati anche quattro funzionari dell’amministrazione Trump, due di questi nei pressi della Casa Bianca. “Funzionari di alto livello vicini a Biden e Trump sospettano privatamente che la Russia sia la vera responsabile dell’insorgere della sindrome dell’Avana”, è quello che si lesse sul periodico quell’anno. La tesi: “il servizio segreto dell’esercito russo ha usato degli apparecchi a microonde per captare informazioni dai computer e dai cellulari dei funzionari americani. Quegli apparecchi sono dannosi per la salute”.

L’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che rilascia commenti sulle nuove restrizioni a Cuba (Yuri Gripas – Pool Via Cnp/CNP via ZUMA Wire)

Responsabilità dei servizi segreti russi?

Come indicato sopra, un’inchiesta condotta per oltre un anno dal settimanale tedesco Der Spiegel, dal programma 60 minutes dell’emittente tv statunitense Cbs, e dal giornale indipendente russo The Insider (redazione adesso in esilio), ha comunicato che l’oscura “sindrome dell’Avana” potrebbe avere dei legami con un’unità dell’intelligence russa. Secondo l’inchiesta, i disturbi potrebbero essere stati causati dall’uso di armi a energia diretta maneggiate da persone dell’unità 29155 del GRU, il servizio d’intelligence militare russo. Riportando le parole di un ex ufficiale della Cia, The Insider scrive: “L’unità 29155 è famigerata nella comunità dell’intelligence statunitense. Lo scopo è condurre operazioni letali e atti di sabotaggio a livello globale; la sua missione è trovare, sistemare e finire, il tutto a sostegno dei sogni imperiali di Vladimir Putin”. La Bbc prosegue scrivendo che l’unità 29155 era stata correlata al tentativo di avvelenamento verificatosi nel Regno Unito a spese dell’ex agente segreto russo Sergej Skipral, il quale, nel 2018, insieme alla figlia, era stato avvelenato con un agente nervino, il novičok, una delle armi chimiche vietate. Nonostante la Russia smentisca la sua colpevolezza, i giornalisti sono riusciti ad individuare, scandagliando gli spostamenti degli agenti dei servizi russi, la loro presenza nelle vicinanze dei luoghi in cui si sarebbero verificati alcuni casi. La moglie di un dipendente dell’ambasciata statunitense di Tbilisi, in Georgia, avrebbe identificato Albert Averyanov, figlio di Andrey Averyanov, il capo dell’Unità 29155; la partecipazione del GRU sarebbe poi indicata anche da un altro elemento: a essere presi di mira sarebbero stati quei diplomatici, agenti o funzionari che nel tempo si sono interessati a questioni vicine all’Ucraina e alla Russia; un agente dell’Unità russa sarebbe stato riconosciuto da un’altra vittima, quella che secondo l’inchiesta è la prima della sindrome dell’Avana: un dipendente del consolato americano a Francoforte che, nel 2014, sarebbe svenuto dopo essere stato colpito da “qualcosa di simile a un forte raggio d’energia”; ma non solo, un ulteriore indizio sarebbe quello riguardante il colonnello Ivan Terentiev, membro della 29155, il quale si è scoperto aver guidato delle ricerche su “armi acustiche” e aver venduto al ministero della Difesa russo proprietà intellettuali su ricerche scientifiche ed invenzioni che aveva effettuato negli anni precedenti. Una di queste interessava “potenziali capacità in armamenti acustici non letali utilizzabili in attività di combattimento in contesti urbani”. Il denaro versato, però, è sembrato essere piuttosto basso per la creazione di un’arma così rilevante, soltanto 1.700 dollari: la cifra, però, potrebbe rivelare l’esecuzione di un versamento esclusivamente simbolico; il vero premio dello sviluppo sarebbe invece arrivato con la promozione di Terentiev a una ricca posizione governativa. Non ci sono però, ripetiamo, prove del fenomeno. Se riuscirà ad essere dimostrato, sarà probabilmente identificato come una delle più grandi vittorie ottenute da Vladimir Putin, l’attuale presidente russo. 

Il presidente russo, Vladimir Putin, e il Ministro della Difesa russo, Sergey Ivanov, in visita alla nuova sede della GRU, il servizio d’intelligence militare russo (ANSA-EPA/DMITRY ASTAKHOV – POOL PRESIDENTIAL PRESS SERVICE/ITAR-TASS POOL / PAL)

Fatti sì, ma nulla di concreto. Le tre testate non sono riuscite a trovare la misteriosa arma che sarebbe stata utilizzata dai russi, ma hanno riferito “continueremo a esaminare attentamente gli incidenti sanitari anomali. Non mettiamo in discussione le esperienze e i sintomi reali che i nostri colleghi e le loro famiglie hanno riportato”. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha quindi ribattuto: «Nessuno ha mai pubblicato o espresso alcuna prova convincente. Quindi tutte queste sono solo accuse infondate».

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Cosa dice la scienza?

La teoria che incrimina le forze russe è però in aperto contrasto con quanto dicono gli studi scientifici e l’intelligence statunitense. Secondo l’Office of the Director of National Intelligence, che ha pubblicato un rapporto scritto nel marzo del 2023, è “altamente improbabile che una potenza nemica sia la responsabile degli eventi sanitari anomali”. Sono 7 le agenzie federali le quali ritengono che “con ogni probabilità i sintomi riportati dal personale statunitense sono il risultato di fattori che non implicano un Paese nemico, ma piuttosto di condizioni mediche preesistenti, malattie convenzionali e cause ambientali”. Nel 2022, quindi l’anno precedente, la CIA aveva annunciato la stessa teoria riportando che la maggior parte dei casi era stata causata da stress o da malattie non diagnosticate. E poi, non ci sarebbe nessuna testimonianza dell’esistenza di un’arma simile a quelle descritte in Paesi ritenuti “nemici” agli Stati Uniti. 

La tematica è stata affrontata anche dal National Institutes of Health (NIH), ovvero l’Istituto superiore della sanità statunitense, che recentemente, nel marzo 2024, ha pubblicato due studi condotti per cinque anni su oltre 80 pazienti che ritengono di soffrire di questa sindrome. Risultato? Gli esami e le risonanze magnetiche non hanno trovato “lesioni al cervello o anormalità biologiche”, confermando quindi l’assenza di contusioni o di ferite provocate da supposte armi sonore o di altro tipo, e di sintomi di declino cognitivo. Il 28% dei pazienti sottoposti a questi esami ha ricevuto una diagnosi secondo la quale la causa sarebbe una condizione chiamata instabilità posturale-percettiva persistente, un disturbo vestibolare che può causare vertigini, emicranie e perdita di equilibrio; ad altri, invece, sono stati rilevati sintomi legati a stress post-traumatico, depressione, e spossatezza. Altri esperti, poi, ritengono che la sindrome dell’Avana si identifichi nella comparsa di disturbi psicosomatici, tra cui quello di conversione e l’isteria di massa, che spesso iniziano in un ambiente stressante quando “un individuo con una malattia non collegata crede che i sintomi siano causati da qualcosa di misterioso e quindi diffonde l’idea a chi gli sta intorno, e si verifica una sorta di contagio psicologico”. A livello scientifico, le prove di questa “sindrome dell’Avana” continuano a essere piuttosto deboli ed infatti la maggior parte della comunità scientifica è scettica sulla vicenda. Lo scorso marzo anche due studi pubblicati sul Journal of the American Medical Association (JAMA), rivista scientifica in ambito medico tra le più autorevoli, hanno stabilito che i soggetti colpiti da questa sindrome non hanno riportato danni cerebrali permanenti. 

Per avere il parere di un esperto del mondo scientifico, abbiamo contattato Sergio Della Sala, Professore di Neuroscienze Cognitive Umane all’Università di Edimburgo, UK.

Le origini della “Sindrome dell’Avana” risalgono a fine 2016. Un anno dopo uscì il primo articolo sulla rivista Journal of the American Medical Association di cosa parlava nello specifico?

«Circa 7 anni fa diplomatici USA a L’Avana denunciarono di sentire strani rumori e di non sentirsi bene. L’amministrazione Trump ipotizzò attacchi acustici da un’arma sconosciuta in grado di provocare questi malesseri e diede inizio ad una crisi diplomatica con Cuba. Esperti neutrali negarono che una simile arma fosse possibile e i rumori anomali vennero ricondotti al frinire di una specie di grilli. Ma a inizio 2018 un articolo su JAMA offrì sostegno a questa ipotesi, descrivendo la “Sindrome di Avana” in 6 diplomatici che lamentavano malesseri vari dopo aver trascorso un periodo a Cuba. Noi e altri esperti abbiamo contestato le conclusioni di questo articolo che erano basate su un errore statistico, per cui era impossibile non risultare patologici».

Cosa ci dicono gli studi scientifici al di là di quello che le persone pensano? La “sindrome dell’Avana” è stata dimostrata? 

«L’esistenza di una “sindrome”, come descritta dall’articolo di JAMA a inizio 2018, non è mai stata dimostrata. Le autorità di Cuba resero noto che nessun cittadino cubano, pur lavorando nelle sedi diplomatiche USA, risultava affetto da questi sintomi. Inoltre, casi simili vengono riportati in tutto il mondo da migliaia di persone, molte non coinvolte con la diplomazia statunitense; ne consegue che essere un diplomatico statunitense è necessariamente il sintomo principale per essere diagnosticati con la “Sindrome di Avana”. Questo non significa che alcune persone non abbiano sofferto di malessere diffuso e aspecifico, che però può avere le cause più disparate. La scienza non ne esce benissimo perché, ancora una volta, si è dimostrata asservita alla politica, fornendole argomenti basati su dati fragili e improbabili, ma pubblicati da una rivista rispettabile e nota».

Non molti mesi fa sono stati pubblicati due nuovi studi sulla rivista JAMA, ci sono delle novità? Di cosa si è parlato?

«I due studi da poco pubblicati sempre da JAMA, sono di ottima fattura. Questi hanno confrontato diplomatici USA che si ritengono affetti da quella che era stata etichettata come Sindrome di Avana, e che adesso viene chiamata “Anomalous Health Incidents”, con persone non affette, le quali fungevano da controllo. Uno di questi studi non ha trovato alcuna differenza clinica, inclusi test vestibolari, acustici e cognitivi; l’altro, invece, nessuna differenza nelle neuroimmagini, cioè nella struttura e funzione del cervello, tra questi due gruppi. I due studi, quindi, falsificano i precedenti risultati preliminari che invece sostenevano l’esistenza di disturbi cognitivi e vestibolari, ma che erano tarati da gravi problemi metodologici. Noi stessi abbiamo riprodotto mille simulazioni dei dati precedentemente raccolti, dimostrando che con i criteri proposti, era impossibile risultare normali. Un altro aspetto interessante dei due studi su JAMA, è che dimostrano che quasi la metà dei pazienti da loro esaminati, indipendentemente dall’area geografica dove avevano avvertito i sintomi, potevano essere diagnosticati come affetti da disturbi neurologici funzionali causati da stress psicologico. Il che giustificherebbe l’assenza di riscontri organici cerebrali».

Sempre di recente è poi stata condotta una nuova inchiesta da The Insider in collaborazione con 60 Minutes (CBS) e da Der Spiegel. Questa ritiene che le armi a energia diretta sperimentate dalla Federazione Russa siano le responsabili. Ci sono prove di questa dichiarazione? Sì, di cosa si tratta? Se no, allora di cosa si parla?

«I sintomi dei funzionari nordamericani, seppur elusivi alle indagini mediche, sono da prendere in seria considerazione, anzi vanno presi in carico, e possibilmente curati. Il problema è che se invece di cercare di capire cosa li affligge, si fa credere loro di essere stati vittime di un improbabile attacco sonico con armi segrete, che violano ogni legge fisica, ogni possibilità di trattamento serio viene allontanata. Si consideri che nessuno che lavorava nelle vicinanze, addirittura nelle stesse stanze, dei funzionari affetti, ha mai manifestato sintomi simili; quindi si presuppone un raggio a microonde, inviato da grande distanza, incredibilmente preciso, e in grado di incidere sul cervello delle persone, senza però provocare alcuna bruciatura sui tessuti biologici. Inoltre, il dibattito sulla causa è mal posto. Si cerca una causa medica quando si è dimostrata una sindrome. I due recenti lavori su JAMA non trovano alcuna prova che esista una sindrome. Quindi si dibatte delle cause di una sindrome che non è stata osservata e che allo stato attuale delle conoscenze, è molto improbabile. Prima di dibattere sui meccanismi che portano gli asini a volare, sarebbe consigliabile dimostrare che volano. Sul piano non scientifico, è davvero preoccupante che di questi tempi si immettano nel discorso pubblico illazioni sul coinvolgimento della Russia in attacchi mirati a funzionari USA. Gli articoli che rilanciano la tesi sensazionalistica del documentario di 60 Minutes, sono usciti il 1 aprile; se non fosse tragico verrebbe il dubbio di uno scherzo inappropriato».

Questa vicenda si è inserita nel quadro politico, in particolare in quello delle relazioni USA con paesi visti come nemici: prima Cuba, e adesso la Russia. Che ruolo ha giocato la politica, quindi?

«Recitare requiem per una qualunque affermazione quando ci sono interessi extra-scientifici, è irragionevole. Spesso gli interessi degli scienziati non coincidono con quelli della scienza. Si può però contare sull’effetto Declino: lentamente il sostegno a idee non appoggiate da evidenze solide si assottiglia. Ma rimane sempre uno zoccolo di “credenti” che antepongono la loro opinione e la loro visione del mondo, alla presa d’atto dei dati disponibili, e alla aderenza di questi alle altre conoscenze scientifiche accumulate nel tempo. Purtroppo la scienza non è sempre guidata da interessi di conoscenza, ma vari conflitti di interesse, finanziario, di carriera, di convenienza, ne limitano la trasparenza. Uno degli ultimi articoli che ho scritto sull’argomento della cosiddetta sindrome di Avana, per la rivista International Journal of Social Psychiatry, si intotilava proprio “Politics dictating on science is like a gunshot in a concert”».

di: Alice GEMMA

FOTO: SHUTTERSTOCK