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I dati sembrerebbero mostrare una tendenza alla tropicalizzazione del clima italiano con importanti ripercussioni sull’agricoltura

Il 2023 è fino a ora il terzo anno più caldo nella storia italiana dal 1800, da quando sono iniziate le rilevazioni, ad oggi. Lo afferma un’analisi della Coldiretta fatta sui dati Isac Cnr nei primi 8 mesi dell’anno in corso.

Gli anni più roventi in Italia nella storia degli ultimi due secoli sono stati, in ordine, il 2022, il 2018, il 2015, il 2014, il 2019 e il 2020. Il 2023, tuttavia, sembra avere buone speranze di risalita, al momento con una temperatura superiore alla media storia di 0,65 gradi, con una massima di +0,88 gradi al Nord. Solo nel mese di agosto ha superato di 0,48 gradi la media storica.

Ma il caldo, si sa, non arriva da solo e se la tendenza al surriscaldamento è ormai certa, con esso arrivano anche gli eventi atmosferici estremi, una media di quasi 11 al giorno tra grandinate, trombe d’aria, bombe d’acqua, ondate di calore e tempeste di vento come si evince dall’analisi dei dati dell’European Severe Weather Database (Eswd).

Quella a cui stiamo assistendo, sostiene Coldiretti, è una tendenza alla tropicalizzazione, caratterizzata da eventi violenti, sfasamenti stagioni, un rapido passaggio da caldo a maltempo e precipitazioni brevi ma molto intense. Tutto si ripercuote, oltre che sulla sopravvivenza della popolazione, anche e soprattutto su coltivazioni e infrastrutture. Nel 2022 il bilancio si è chiuso con oltre 6 miliardi di danni, con ingenti tagli alle produzioni di grano, ciliegie, pere, miele, pomodoro e uva. Un fenomeno che si accompagna a uno spostamento verso Nord degli ulivi, alla produzione di uve più precoci e alla coltivazioni di frutta tropicale.

di: Alessia MALCAUS

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