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Tra Marrakech e Agadir, 08/09/2023 23:11

A poche ore dal sisma di magnitudo 6.8 della scala Richter che ha colpito il Marocco centrale si parla già di centinaia di vittime, nel giro di qualche giorno il bilancio è a quattro cifre, destinato ad aumentare inesorabilmente mentre chi è sopravvissuto piange la perdita dei propri cari e della propria casa, la propria vita.

Le macerie sono ovunque: tra quel che rimane di case, edifici, negozi e luoghi di culto si muovono le squadre di soccorso, le ambulanze, chi ancora stordito non riesce a credere a ciò che ha vissuto. La ricerca di superstiti è una lotta contro il tempo, la maggior parte delle migliaia di dispersi andrà a nutrire crudelmente la conta dei morti, rimanendo per sempre presunti tali. La comunità internazionale tutta esprime il suo cordoglio e offre il proprio aiuto. Tutti sono pronti a partire, a mandare soccorritori, viveri, aiuti, qualsiasi cosa per un Paese e un popolo feriti.

E soffre anche il patrimonio storico del Marocco. “Semplici” muri che nel corso dei secoli hanno assunto un valore culturale inestimabile ora mostrano crepe e buchi: le mura della medina di Marrakech, erette nel 1120 e oggi patrimonio UNESCO; il minareto della moschea di Koutoubia, a pochi passi dalla celebre piazza Jamaa el Fna; il campanile della chiesa cattolica di Gueliz; la moschea di Tinmel sulle montagne dell’Atlante, risalente al 1147.

Chi ha perso la propria casa – centinaia di migliaia di persone srotolano tende e sacchi a pelo nelle strade, nelle piazze -, tra interi villaggi e quartieri rasi al suolo, ha perso qualsiasi tipo di rifugio. Perché è quando la polvere si deposita, quando si smette di cercare, quando le lacrime si asciugano, che inizia la vera tragedia e il cuore di una collettività inizia a sanguinare.

FOTO: ANSA/AFP/FADEL SENNA