L’Europa fa “rete” sui migranti

Tutti i pezzi vanno al loro posto”, per citare il Commissario UE Margaritis Schinas che lo scorso 20 dicembre ha annunciato il raggiungimento di un accordo tra il Consiglio e l’Europarlamento sui cinque pilastri principali del Patto sui migranti e l’asilo tanto voluto dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen prima della fine del suo mandato.
Una data “storica”, come ha sottolineato Roberta Metsola, in cui dopo dieci anni di tentativi gli organi europei e le varie aree politiche sono riusciti a trovare un punto di incontro su una riforma politica migratoria dell’Unione europea – definita nel tempo “impossibile” – che manderà in pensione il Regolamento di Dublino.

Così come nelle intenzioni originali della Commissione, che presentò il primo progetto nel settembre del 2020, il nuovo pacchetto legislativo tocca sia la dimensione “interna” che quella “esterna” del fenomeno migratorio, quindi la gestione delle richieste di asilo presentate da chi arriva in Europa come la gestione dei flussi migratori stessi con accordi ad hoc.

Tra i punti forse più discussi nel corso di questi lunghi mesi, poi, c’è il cosiddetto meccanismo di “solidarietà obbligatoria” – e qui arriva il plauso dell’Italia – che andrebbe a favorire i Paesi di primo arrivo (come l’Italia, appunto) obbligando gli altri Stati a membri a offrire la propria solidarietà con ricollocamenti o finanziamenti (il “solidarity pool” prevede un minimo di 30 mila ricollocamenti e 600 milioni di finanziamenti all’anno).

Il Patto, tuttavia, preoccupa i difensori dei diritti umani, come dimostra la lettera aperta firmata da oltre 50 ONG indirizzata ai negoziatori in cui viene sottolineato il rischio che le norme messe a punto si trasformino in “un sistema mal funzionante, costoso e crudele” per la gestione di chi fugge dal proprio Paese nella speranza di trovarne uno migliore in cui vivere. Speranza che, come profetizzano le ONG, potrebbe rivelarsi vana? O è solo il timore di queste organizzazioni di perdere il loro ruolo di protagoniste (e, quindi, finanziatori)?

La storia, quella che si fa a Bruxelles, ce lo dirà.