Rebezza, la prima moglie

“Rebecca, sempre Rebecca”: negli occhi, nel mare, nel cuore di Manderley. Il classico gotico di Daphne Du Maurier perfetto per dire addio all’estate

La fine dell’estate porta con sé una malinconia che sa di nostalgia, di perdita, di ritorno alla realtà: un momento di passaggio tra la leggerezza delle vacanze e la ripartenza della quotidianità, in cui si scambiano il sole, il caldo e i ritmi lenti delle giornate lunghissime con la temperatura in calo, la natura che si accende delle sue tinte più profonde, il tramonto che infuoca il cielo in anticipo, le notti più lunghe. Il modo migliore per vincere questa malinconia è cedervi, assecondarla, assaporarne la dolcezza anche, e godersi un buon libro che sappia interpretarne le sfumature.

In questo senso, non esiste romanzo più adatto di Rebecca, la prima moglie, capolavoro assoluto della scrittrice e drammaturga inglese Daphne du Maurier.  Diventato un grande classico del genere gotico e trasformato in un film cult da Alfred Hitchcock nel 1940, Rebecca, la prima moglie racconta una storia di amore, morte e ossessione che inizia d’estate, nell’assolata e romantica Costa Azzurra. L’io narrante è una giovane donna, dama di compagnia dell’anziana e pettegola Mrs Van Hopper. Timida, sottomessa, intelligente ma insicura, la protagonista di cui non sapremo mai il nome conosce un affascinante vedovo di nome Max de Winter in albergo e se ne innamora, inaspettatamente ricambiata. De Winter sembra essere in grado di vedere qualcosa, in lei, che sfugge a tutti gli altri. Nell’arco di un paio di settimane la sposa e vola con lei in viaggio di nozze, tra Venezia e Parigi. Ma l’estate finisce e, al cambiare dei colori delle foglie sugli alberi, è tempo per la giovane di assumersi i doveri di moglie. Max la porta a casa, nell’imponente, incantevole, labirintica e imperscrutabile Manderley, in Cornovaglia. Una residenza che sembra un castello, di cui è impossibile non innamorarsi sia per la protagonista sia per il lettore, grazie alle lunghe descrizioni dei paesaggi con cui l’autrice si diletta. Tuttavia, Manderley è anche avvolta dalle ombre e i suoi ampi corridoi sono abitati da un fantasma: quello di Rebecca, la prima moglie di Max, morta annegata un anno prima. Rebecca è ovunque: negli occhi della servitù, nell’eleganza del mobilio, in quella “R” inclinata sui documenti, e nel cuore dell’inquietante governante, la signora Danvers, che le era tanto devota da trattare la nuova signora come una usurpatrice. A poco a poco, la giovane protagonista sviluppa un’ossessione per la donna che l’ha preceduta: e più cede ai confronti e alle paranoie più Rebecca acquisisce forza, perché mai essere umano vivente potrà essere all’altezza di un ricordo.

In un crescendo di tensione e intensità, il romanzo accompagna il lettore fino al colpo di scena che fuga ogni dubbio, in un finale che fornisce una risposta per ogni domanda e che non annoia mai, benché in molti probabilmente avranno indovinato la soluzione ben prima che essa venga messa per iscritto. Rebecca, la prima moglie è una perla, un thriller psicologico con tratti del giallo alla Agatha Christie, incastonato nella meravigliosa cornice gotica che ricorda i capolavori delle sorelle Brontë, da Cime Tempestose a Jane Eyre. E, come in ogni romanzo gotico che si rispetti, la magione padronale, Manderley, acquisisce un ruolo da protagonista tanto quanto gli esseri umani che si muovono tra le sue mura: indimenticabile.