francesco

“Non si continui ad alimentare violenza e odio, ma si avvii a soluzione la questione palestinese”

Nel messaggi Urbi et Orbi il pontefice ha detto di portare “nel cuore il dolore per le vittime dell’esecrabile attacco del 7 ottobre scorso e rinnovo un pressante appello per la liberazione di quanti sono ancora tenuti in ostaggio“. Francesco aggiunge inoltre: «supplico che cessino le operazioni militari, con il loro spaventoso seguito di vittime civili innocenti, e che si ponga rimedio alla disperata situazione umanitaria aprendo all’arrivo degli aiuti. Non si continui ad alimentare violenza e odio, ma si avvii a soluzione la questione palestinese, attraverso un dialogo sincero e perseverante tra le parti, sostenuto da una forte volontà politica e dall’appoggio della comunità internazionale. Fratelli e sorelle, preghiamo per la pace in Israele e Palestina. Dire sì al Principe della pace significa dire ‘no’ alla guerra, a ogni guerra, alla logica stessa della guerra, viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse. Ma per dire ‘no’ alla guerra bisogna dire ‘no’ alle armi. Perché se l’uomo, il cui cuore è instabile e ferito, si trova strumenti di morte tra le mani, prima o poi li userà. E come si può parlare di pace se aumentano la produzione, la vendita e il commercio delle armi?».

Il pontefice ha poi ricordato: «nella Scrittura, al Principe della pace si oppone ‘il principe di questo mondo’ che, seminando morte, agisce contro il Signore, ‘amante della vita’. Lo vediamo in azione a Betlemme quando, dopo la nascita del Salvatore, avviene la strage degli innocenti. Quante stragi di innocenti nel mondo. Nel grembo materno, nelle rotte dei disperati in cerca di speranza, nelle vite di tanti bambini la cui infanzia è devastata dalla guerra. Sono i piccoli Gesù di oggi, questi bambini la cui infanzia è devastata dalla guerra, dalle guerre».

Bergoglio ha menzionato anche i tanti altri teatri di guerra: «non dimentichiamo le tensioni e i conflitti che sconvolgono la regione del Sahel, il Corno d’Africa, il Sudan, come anche il Camerun, la Repubblica Democratica del Congo e il Sud Sudan. Si avvicini il giorno in cui si rinsalderanno i vincoli fraterni nella penisola coreana, aprendo percorsi di dialogo e riconciliazione che possano creare le condizioni per una pace duratura. Il Figlio di Dio, fattosi umile Bambino, ispiri le autorità politiche e tutte le persone di buona volontà del continente americano, affinché si trovino soluzioni idonee a superare i dissidi sociali e politici, per lottare contro le forme di povertà che offendono la dignità delle persone, per appianare le disuguaglianze e per affrontare il doloroso fenomeno delle migrazioni».

Papa Francesco aveva aperto la messa della Notte di Natale sostenendo che “il nostro cuore stasera è a Betlemme“. In Cisgiordania infatti “ancora il Principe della pace viene rifiutato dalla logica perdente della guerra, con il ruggire delle armi che anche oggi gli impedisce di trovare alloggio nel mondo” aggiunge il Papa.

Ricordando il “censimento di tutta la terra” del “contesto nel quale Gesù nasce” il pontefice ha spiegato che “mentre l’imperatore conta gli abitanti del mondo, Dio vi entra quasi di nascosto; mentre chi comanda cerca di assurgere tra i grandi della storia, il Re della storia sceglie la via della piccolezza. Nessuno dei potenti si accorge di Lui, solo alcuni pastori, relegati ai margini della vita sociale” e Gesù “si lascia umilmente conteggiare. Uno fra i tanti. Non vediamo un dio adirato che castiga, ma il Dio misericordioso che si incarna, che entra debole nel mondo, preceduto dall’annuncio: ‘sulla terra pace agli uomini’“.

Il censimento quindi “manifesta da una parte la trama troppo umana che attraversa la storia: quella di un mondo che cerca il potere e la potenza, la fama e la gloria, dove tutto si misura coi successi e i risultati, con le cifre e con i numeri. E’ l’ossessione della ‘prestazione’“, ma “nel censimento risalta la via di Gesù, che viene a cercarci attraverso l”incarnazione’. Non è il dio della prestazione, ma il Dio dell’incarnazione. Non sovverte le ingiustizie dall’alto con forza, ma dal basso con amore; non irrompe con un potere senza limiti, ma si cala nei nostri limiti; non evita le nostre fragilità, ma le assume“.

Secondo il pontefice: «c’è il rischio di vivere il Natale avendo in testa un’idea pagana di Dio, come se fosse un padrone potente che sta in cielo; un dio che si sposa con il potere, con il successo mondano e con l’idolatria del consumismo. Sempre torna l’immagine falsa di un dio distaccato e permaloso – ha sottolineato -, che si comporta bene coi buoni e si adira coi cattivi; di un dio fatto a nostra immagine, utile solo a risolverci i problemi e a toglierci i mali. Lui, invece, non usa la bacchetta magica, non è il dio commerciale del ‘tutto e subito’; non ci salva premendo un bottone, ma si fa vicino per cambiare la realtà dal di dentro. Quanto è radicata in noi l’idea mondana di un dio distante e controllore, rigido e potente, che aiuta i suoi a prevalere contro altri! Tante volte è radicata in noi questa immagine. Ma non è così: Lui è nato per tutti, durante il censimento di ‘tutta la terra’».

Continua il Papa: «ecco lo stupore del Natale: non un miscuglio di affetti sdolcinati e di conforti mondani, ma l’inaudita tenerezza di Dio che salva il mondo incarnandosi. Guardiamo il Bambino, guardiamo la sua mangiatoia, guardiamo il presepe, che gli angeli chiamano ‘il segno’: è infatti il segnale rivelatore del volto di Dio, che è compassione e misericordia, onnipotente sempre e solo nell’amore. Questa notte, fratelli e sorelle, è il tempo dell’adorazione. L’adorazione è la via per accogliere l’incarnazione perché è nel silenzio che Gesù, Parola del Padre, si fa carne nelle nostre vite».

Il pontefice invita a riscoprire l’adorazione “perché adorare non è perdere tempo, ma permettere a Dio di abitare il nostro tempo. È far fiorire in noi il seme dell’incarnazione, è collaborare all’opera del Signore, che come lievito cambia il mondo. E’ intercedere, riparare, consentire a Dio di raddrizzare la storia” e conclude citando Tolkien: «un grande narratore di imprese epiche scrisse a suo figlio: ‘Ti offro l’unica cosa grande da amare sulla terra: il Santissimo Sacramento. Là troverai fascino, gloria, onore, fedeltà e la vera via di tutti i tuoi amori sulla terra’».

di: Flavia DELL’ERTOLE

FOTO: ANSA/FABIO FRUSTACI