PRIGIONE BAMBINO

La denuncia dell’avvocato. Il fatto è avvenuto al Cleveland Youth Detention Centre di Townsville

Nel Cleveland Youth Detention Centre di Townsville, in Australia, un ragazzino di 13 anni ha trascorso 45 giorni in isolamento in cella, dopo esser stato condannato per aggressione a un coetaneo.

Per attirare l’attenzione, dopo settimane chiuso dietro le sbarre senza contatti, ha allagato la cella con l’acqua del gabinetto.

Per proteggere la privacy del minorenne gli è stato dato nome “Jack”. Il suo avvocato, Tim Grau, ha denunciato la situazione alla BBC: «era già stato denunciato in passato ma nulla che potesse giustificare la detenzione. Temo che sia stato messo in isolamento per una carenza di personale».

Nel Queensland australiano la legge è molto severa verso giovani e giovanissimi: lo scorso mese, secondo quanto riporta la BBC, un altro 13enne affetto anche da disabilità e ritardo di sviluppo, è stato tenuto confinato in una cella di isolamento 20 ore al giorno per 78 giorni.

Il commissario di zona per i diritti umani, Scott McDougall, ha dichiarato che questi casi sono una “chiara violazione” del Queensland’s Human Rights Act. «Cambiare la legge non farà che peggiorare la situazione e bisogna fermare la pratica di mettere in isolamento i giovanissimi». Ultimamente infatti lo Stato australiano sta discutendo in merito all’applicazione di nuove leggi che esacerberanno ancora di più le pene inflitte agli under 18. «Le nuove leggi– ha proseguito Scott McDougall – sono concepite per incarcerarli il più possibile. È assolutamente necessario che il governo sviluppi un sistema giudiziario che impedisca ai bambini di finire in un carcere duro. Si rischia di normalizzare il maltrattamento sui giovani quando invece serve una serie di misure per aiutarli a rimanere a scuola e a non intraprendere la via della criminalità».

C’è un’altra deriva preoccupante. Secondo il Queensland Statisticians Office i ragazzi aborigeni, come quelli che provengono dalle remote Torres Strait Islands, hanno 12 volte in più di probabilità di finire in carcere rispetto ai “non-Indigenous” australiani.

La replica del Queensland Department of Children, Youth Justice and Multicultural

Interpellato dalla BBC, il portavoce del Queensland Department of Children, Youth Justice and Multicultural ha ribattuto che «isolamento e separazione dagli altri sono utilizzate solo come ultima risorsa. I centri di detenzione per minori sono ambienti complessi e difficili. Le pratiche utilizzate nei centri sono progettate per garantire la loro sicurezza personale. In ogni momento i giovani hanno accesso a visite e servizi di supporto professionale, telefonate, materiale educativo, pasti e attività ricreative».

di: Micaela FERRARO

FOTO: SHUTTERSTOCK