Nel 1953 una babysitter scompare dalla cittadina di La Crosse, nel Wisconsin. Su un nastro rinvenuto decenni dopo, la voce dei rapitori racconta una storia destinata a rimanere senza finale
Se dovessi descrivere il destino usando solo un’immagine lo dipingerei come un filo. Un lungo spago rosso che unisce punti casuali su una mappa, tracciando una linea, frammentata come una ferita, tra ciò che è, ciò che è stato, ciò che sarà .
A La Farge, Wisconsin, negli anni ’60 il The Raven Bar era uno dei locali più gettonati dai cittadini, che si riunivano per guardare band locali esibirsi, tra pinte di birra e chiacchiericcio a far da sottofondo. Intorno al 1968 sugli sgabelli di legno al bancone del pub era seduto anche un uomo di nome Mel Williams che si trovava lìper registrare la band che si esibiva quella sera. Vicino a lui, altri due avventori del locale parlottavano tra loro e, quando si accorsero del registratore acceso, gli intimarono in malo modo di spegnerlo. Williams obbedì, sorpreso, depose il nastro e non ci pensò più. Per quasi 36 anni.
Il 24 ottobre 1953, 15 anni prima della strana avventura vissuta dal signor Williams, la città di La Crosse ferveva di emozione e impaziente attesa. I cittadini contavano le ore in attesa della partita di campionato di quella sera e la maggior parte delle famiglie aveva in programma di assistere all’evento. Viggo Rasmussen era un docente del La Crosse State College: lui e la moglie Madeline sarebbero andati alla partita con la figlia Rozalyn, lasciando la bambina più piccola, Janice, di appena 20 mesi, alla giovane Evelyn Hartley, figlia di un collega di Viggo. Evelyn Grace aveva 15 anni, ne avrebbe compiuti 16 il 21 novembre. Era una ragazzina studiosa, diligente: quando il professore le propose un incarico come baby sitter, accettò con garbo. Preparò lo zaino con i libri di scuola, promise ai genitori che avrebbe telefonato, e uscì. Qualche ora dopo, non avendo ricevuto sue notizie, Richard Hartley si mise in macchina e raggiunse casa Rasmussen. Trovò la porta chiusa a chiave, bussò senza ottenere risposta e, mentre il sospetto si faceva sempre più forte, fece il giro della casa fino a scoprire una finestra aperta nel seminterrato. All’interno, il caos: i libri di Evelyn, in soggiorno, erano sparpagliati per terra; una delle scarpe della giovane era sotto il letto, insieme agli occhiali da vista, rotti; l’altra giaceva abbandonata in un’altra zona della casa, molto lontano. In bagno e in cucina, nel cortile e vicino al garage vennero trovate tracce di sangue. E in mezzo al ciclone, al centro esatto della bufera, la piccola Janice dormiva profondamente. Nell’arco di qualche ora Hoeschler Drive fu piena di sirene e luci lampeggianti: le forze dell’ordine perquisirono la casa, i cani da fiuto seguirono l’odore della ragazza scomparsa, il sangue trovato venne analizzato. Era compatibile con quello di Evelyn ma le tracce della sua presenza finivano sulla strada, come se si fosse volatilizzata. Tutta La Crosse si mobilitò alla ricerca della giovane: un vero e proprio esercito di volontari percorse la città a piedi, la Guardia Nazionale e la Civic Air Patrol perlustrarono i cieli, la Marina militare scandagliò ogni corso d’acqua. Più di duemila persone scesero in strada, per cercare Evelyn Hartley. Il suo nome era ovunque, passava di bocca in bocca, si riverberava sui muri delle case, tra gli alberi nei boschi, superò i confini della contea, si diffuse in tutti gli Stati Uniti. Vennero setacciate le automobili e la polizia fece stampare 40mila adesivi, ciascuno con la scritta “la mia macchina è ok“, con cui contrassegnare ogni singola vettura controllata. Ma di Evelyn nessuna traccia. Le indagini erano a un punto morto. Un abitante del posto, Ed Hofer, aveva dichiarato di aver visto un’auto percorrere sfrecciando la strada davanti a casa Rasmussen intorno alle 19:15: a bordo c’erano due uomini e una ragazza, inquietantemente riversa in avanti, con il volto poggiato verso il sedile anteriore. Nel sottopassaggio della Highway 14 erano stati trovati biancheria intima e reggiseno. A quattro miglia di distanza, un paio di pantaloni da uomo sporchi di sangue; nella Coon Valley era stato rinvenuto un paio di scarpe con tracce ematiche, compatibili con il gruppo sanguigno di Evelyn: non solo, le suole corrispondevano con i segni trovati all’interno della casa dei Rasmussen. Ma ciascuna di queste prove, ciascun corridoio imboccato dai detective, finì in un vicolo cieco: erano parti fondamentali di un quadro, di una mappa, ma mancava l’ordine generale e nessuno sapeva come leggerli. Il filo rosso si era ingarbugliato e nessuno sembrava capace di trovarne l’altro capo, quello avvolto saldo intorno alla vita della giovane Hartley.
Come sempre accade, il tempo raffreddò anche i sentimenti più burrascosi. La cittadina di La Crosse tornò alla normalità . La famiglia di Evelyn si trasferì altrove, gli abitanti cercarono di dimenticare. Il The Raven Bar era sempre lì: certi luoghi cambiano nome e clientela, ma non anima. Quella rimane immutata, sepolta nella Storia che vi si è depositata come granelli di polvere su uno scaffale troppo alto. Mel Williams, il musicista, non pensava da anni alla ragazza di La Crosse che era scomparsa; non era sua concittadina, benché La Crosse sorgesse a poche miglia di distanza da La Farge. Eppure, quando nel 2004 lesse sul giornale la ricostruzione del caso, ripensò a quella notte del 1968 quando un tizio ubriaco gli aveva bruscamente intimato di spegnere il registratore. Tirò fuori il nastro, lo riavvolse, ed eccolo lì: uno degli uomini registrati sembrava essere coinvolto nella scomparsa di Hartley. La sua voce, impressa per sempre in un antiquato registratore, raccontava il rapimento di una ragazza portata via insieme a un altro uomo, che si sarebbe suicidato meno di 10 giorni dopo aver sepolto il cadavere. Il nastro venne diffuso, ma il corpo di Evelyn non fu mai ritrovato. E quando le identità dei presunti rapitori vennero scoperte, due di loro erano morti. Di un terzo non si riuscì mai a sapere il nome.
Evelyn Hartley si è perduta nell’oscurità del passato, come un filo rosso che sprofonda nei meandri di un labirinto privo di luce. La sua storia l’ha trasformata nella protagonista di tour di fantasmi e libri dell’orrore, uno spirito da evocare con una tavola Ouija, una sfida per i ragazzini che si trovano a passare davanti alla casa del terrore, ancora in piedi. Evelyn Hartley vive nelle leggende della sua città , nei sospiri del vento che spazza via le foglie di fine ottobre nel Wisconsin, nei brividi di inquietudine di chi si trova ad osservare una tomba sapendola vuota: nelle porte chiuse a chiave di una cittadina americana che ha perso la propria innocenza in una notte d’autunno di 70 anni fa.