INSTAGRAM HOSHANG GOLMAKANI

Il ministro degli Esteri Tajani ha convocato l’ambasciatore. A Roma raccolte 300mila firme per salvare la vita a Fahimeh Karimi

La scure giudiziaria degli ayatollah continua ad abbattersi sui protestanti iraniani: oggi altri quattro cittadini sono stati condannati a pene che vanno da uno a 10 anni di carcere per aver preso parte, incitandolo, a uno sciopero.

L’Afp che riporta la notizia attingendo a una fonte ufficiale spiega che è la prima volta dalla morte di Mahsa Amini che un Tribunale commina condanne per istigazione allo sciopero. Ai quattro si prospetta ancora la possibilità di appellarsi alla sentenza.

«L’Iran ha superato la linea rossa, il punto di non ritorno, cominciando a eseguire le condanne a morte. L’Italia è contraria alla pena di morte»: così il ministro degli Esteri Antonio Tajani commenta su SkyTg24 l’escalation nel Paese, parlando di condanne “sproporzionate per i reati commessi: togliere la vita è inaccettabile soprattutto se lo si fa in nome di Dio“.

Il titolare della Farnesina ha reso noto di aver convocato l’ambasciatore chiedendo di inoltrare a Teheran un invito a bloccare le condanne a morte. «Mi pare che la risposta giunta informalmente vada nella posizione opposta – aggiunge Tajani. – Speriamo che Teheran cambi posizione».

Oggi anche la società civile italiana lancia un messaggio per la libertà della popolazione iraniana. Davanti all’ambasciata di Teheran a Roma sono stati posizionati scatoloni contenenti 300mila firme, mentre un corteo in via Nomentana scandisce: «no alla dittatura» e «donna, vita e libertà», diventato ormai slogan principe delle proteste. Le firme raccolte aderiscono a una petizione lanciata per chiedere di salvare la vita a Fahimeh Karimi, allenatrice di pallavolo e madre di tre bambini piccoli condannata a morte.

Fra le persone in marcia personalità della Stampa, dal direttore Massimo Giannini al vicedirettore Andrea Malaguti, ed sponenti politici fra i quali Mara Carfagna di Azione, Giuseppe Provenzano e Gianni Cuperlo del Pd e Luigi Marattin di Italia Viva.

In patria prende la parola anche Nasrin Sotoudeh, nota attivista per i diritti umani e prigioniera politica. L’avvocatessa ha definito l’esecuzione capitale di Mohamadmehdi Karami e Mohammad Hosseini come un “omicidio” della Repubblica Islamica. «I due manifestanti – ricorda Sotoudeh, che sta scontando la sua pena detentiva – non hanno avuto modo di contattare i loro avvocati», una “violazione della legge” di “questi governanti così incompetenti” che “uccidono le persone per vendicarsi delle proteste“.

Esce dal carcere e si toglie la vita, è davvero suicidio?

Un giornalista si è “suicidato” dopo essere stato scarcerato in Iran. Le virgolette sono d’obbligo, in quanto non è la prima volta che un detenuto dopo essere stato rilasciato dalle carceri iraniane si toglie la vita, come denuncia la Bbc. Questa volta è toccato a Mohsen Jafarirad, 36 anni, reporter, critico cinematografico e documentarista, la cui morte è stata resa nota dal collega Hoshang Golmakani su Instagram: “suicidio dopo la libertà.  Qualche settimana fa, durante i disordini a Karaj, Moshen è stato arrestato mentre si recava a casa sua. Poi è stato rilasciato”, scrive Golmakani. Il caso è stato ribattuto da Bbc Persian che avanza dubbi sulla ragione del decesso del reporter, supportati da alcuni report provenienti dal Paese.

Un altro “cirugi” al cuore del regime

L’atleta iraniana di taekwondo Nahid Kiani ha pubblicato oggi una immagine sui social che la ritrae senza hijab, il velo islamico non integrale. La campionessa della disciplina marziale coreana, che ha vinto medaglie di bronzo ai Campionati asiatici 2016 e ai Giochi asiatici 2018, ha anche postato sul suo account Istagram lo slogan “Donna, vita, libertà” che da mesi anima le rivolte di Teheran e di tante altre piazze del mondo. Lo riporta Iran International su Twitter.

di: Marianna MANCINI

aggiornamento di: Caterina MAGGI

FOTO: INSTAGRAM HOSHANG GOLMAKANI