Il lavoro diventa smart: dall’ufficio alla stanza d’albergo, la nuova frontiera dell’hôtellerie
Nell’anno della pandemia è cambiato il modo di vivere la quotidianità delle persone in tutto il mondo: l’isolamento e le restrizioni hanno reso necessario adattarsi a ritmi e ambienti diversi, un cambiamento che ha interessato in particolare la fascia dei lavoratori. Seppur con i dovuti distinguo, gli impiegati che si sono trovati nell’impossibilità di raggiungere l’ufficio hanno dovuto fare i conti con la necessità di portare il lavoro a casa.
Secondo i dati dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, in Italia nel 2020 si è passati da circa 570 mila a 6,58 milioni di smart workers: una crescita del 1.050% che ha interessato soprattutto le grandi imprese, le Pubbliche Amministrazioni e, in percentuale minore ma comunque elevata, le PMI. Il boom dello smart working ha portato alla nascita di quella che è stata definita come “nuova normalità”, una condizione che molte imprese hanno deciso di mantenere anche dopo la fine dell’emergenza, con un incremento delle formule di lavoro flessibile. Tornando alla figura interessata, quella del lavoratore medio, dallo studio è emerso che il 29% della categoria ha incontrato notevoli difficoltà a separare il tempo del lavoro da quello privato una volta in smart working, e il work-life balance è stato reso ancora più complesso dalla necessità di adattarsi ai nuovi spazi domestici, magari in condivisione con i figli in didattica a distanza o con l’altro coniuge impegnato in videoconferenze all’altro capo del tavolo della cucina.
Per questo sono nate nell’ambito dell’hôtellerie delle iniziative con un duplice obiettivo: da una parte agevolare questa fetta di popolazione alle prese con il lavoro da remoto e dall’altra cercare di estendere il proprio target in modo da reggere l’urto della pandemia sul settore che più di tutti ha subito le conseguenze delle restrizioni. È nata così la smartworking room offerta dagli alberghi soprattutto in categoria business: un’iniziativa che si rivolge a chi deve continuare a lavorare da remoto ma ha necessità di privacy e servizi efficienti. Non solo: spesso l’albergo offre pacchetti aggiuntivi che prevedono la possibilità di tenere videoconferenze o incontri lavorativi in sicurezza.
Non tutti gli albergatori hanno reagito allo stesso modo al fiorire di queste iniziative. Alcuni, soprattutto nel settore prettamente turistico, si sono opposti fermamente. Come Gabriele Fina, proprietario dell’hotel Nuovo Rondò di Sesto San Giovanni e XXII marzo di Milano. «Adattare l’hotel per la smartworking room significa accettare di cambiare target, prezzi e immagine – ci ha spiegato Fina – i nostri hotel vengono percepiti come luoghi in cui vanno i turisti, non come business point». Fina nei suoi alberghi ha trovato come compromesso quello della formula del day use: «in questo modo la tariffa è ridotta perché la camera è occupata solo per qualche ora e si evitano costi aggiuntivi e cambi di target». Di opinione contraria è invece Dario Ceccarelli, Operations Manager – Midscale & Upscale Hotels di HNH Hospitality, che si occupa degli alberghi business del gruppo: «noi offriamo sia servizi di day use che di smartworking room. L’idea è nata per andare incontro alle esigenze delle persone, anche quando non tradizionali. Non abbiamo avuto paura di aprirci a nuovi mercati, rimanere troppo arenati al concetto di hôtellerie tradizionale può essere un segno di debolezza del settore». Ceccarelli ci ha spiegato nel dettaglio come funzionano i pacchetti di smartworking room: «nel progetto iniziale l’idea era di trasformare una stanza in ufficio per il classico orario 9-18. Poi abbiamo inserito i pacchetti da quattro ore e nel tempo siamo arrivati a formulare proposte particolari per i clienti business che avevano bisogno di un soggiorno temporaneo fino al dopo cena, in modo da intercettare le persone che non avevano possibilità di andare nei ristoranti». Il riscontro economico non è stato abbastanza forte da sopportare l’impatto del covid, ma ha dimostrato come il comparto degli alberghi possa essere più flessibile di quanto appaia nell’immaginario comune, fino a diventare un luogo in cui si possono vivere esperienze molto diverse da quelle del solo pernottamento.
di: Micaela FERRARO