Verso la colonizzazione del pianeta rosso: da dove siamo partiti e a che punto siamo, sfide e possibilità

Da quando l’uomo ha iniziato la sua avventura nell’esplorazione dello spazio, sono state tentate almeno 40 missioni su Marte. Secondo i dati dell’Esa, l‘Agenzia Spaziale Europea, ne sono fallite oltre la metà: il successo più grande è stato riportato proprio quest’anno, con l’atterraggio perfettamente riuscito del rover Perseverance della Nasa il 18 febbraio scorso. Il Pianeta Rosso è un luogo che affascina gli uomini fin dall’antichità: basti pensare che gli antichi romani associavano il Pianeta al dio della Guerra, gli Incas lo chiamavano “Augakuh” e i babilonesi “Nirgal”. Queste antiche popolazioni tentarono di tener traccia del moto che apparentemente sembrava irregolare del Pianeta, ma occorre attendere il 1600 per leggere le prime testimonianze reali fatte con l’ausilio di un telescopio: l’epoca di Galileo Galilei, Christiaan Hygens, Gian Domenico Cassini.

I primi veicoli spaziali che sono riusciti nell’intento di avvicinarsi a Marte risalgono al decennio compreso tra il 1962 e il 1972, e hanno permesso all’uomo di scoprire un mondo inedito, per certi versi simile al nostro ma sotto altri aspetti troppo differente per far pensare a una colonizzazione.

La prima missione riuscita è stata la Mariner 4, lanciata dalla Nasa il 28 novembre 1964. Il primo veicolo spaziale che orbitò intorno al Pianeta fu la sonda russa Mars 2 nel 1971, mentre la Mars 3 riuscì a far cadere un lander sulla superficie, che fu operativo per soli 20 secondi. Per avere le prime foto dettagliate del Pianeta fu necessario attendere la metà degli anni ’70, quando le sonde gemelle Viking riuscirono a mostrare il paesaggio desertico di Marte e a dimostrare che vi era una temperatura simile alla tundra terrestre. In questo caso gli orbiter riuscirono a mappare ben il 97% del Pianeta: fu un successo senza precedenti, ineguagliato per molti anni. Nel 1997 raggiunse il Pianeta Rosso il piccolo rover Sojourner, nell’ambito della missione Mars Pathfinder. Sojourner analizzò le rocce su Marte per diverse settimane.

Per ogni missione riuscita ne hanno sempre fatto seguito diverse inutili o fallite troppo presto, fino al 2001, quando la sonda statunitense Mars Odyssey è riuscita a raggiungere l’orbita. A bordo, c’erano esperimenti scientifici che avrebbero reso possibile condurre osservazioni globali di Marte, inoltre il veicolo sarebbe stato utilizzato in seguito come ripetitore per le comunicazioni nel 2003 e nel 2004.

Negli ultimi anni l’obiettivo dell’esplorazione di Marte si è fatto sempre più pressante, e il Pianeta Rosso è diventato sempre più affollato. Tra il 2020 e il 2021 sono partite la prima sonda marziana dagli Emirati Arabi Uniti, Hope, e la prima cinese Tianwen-1. Ma soprattutto è partita il 30 luglio 2020 la missione della Nasa Mars 2020, che include il rover Perseverance e il drone elicottero Ingenuity. Perseverance è atterrato nel cratere di Jezero il 18 febbraio 2021 dopo i 7 minuti di terrore che hanno portato la navicella di Mars 2020 dall’orbita di Marte quasi sulla sua superficie: Perseverance è un robot realizzato dal Jet Propulsion Laboratory della Nasa che resterà sul pianeta almeno per un anno marziano, ovvero 687 giorni, con l’obiettivo di cercare qualsiasi traccia che possa indicare la presenza di vita, nel presente o nel passato. L’elicottero Ingenuity guiderà il rover e inizierà i primi test questa primavera. La missione di Perseverance e Ingenuity prevede anche la raccolta di campioni di roccia che saranno incapsulati e riportati a terra dalla successiva Mars Sample Return in cui sarà coinvolta anche l’Italia, con la collaborazione tra Leonardo e l‘Agenzia spaziale italiana.

Il 12 aprile 1961 è una data storica: l’astronauta russo Juri Gagarin fu il primo essere umano a volare nello spazio proprio in questo giorno. Da allora è cambiato molto sia nella concezione dei viaggi interplanetari sia nel modo di recepirli da parte delle grandi masse. Sul tema della colonizzazione di Marte si è concentrata l’attenzione delle principali agenzie spaziali, perché si ritiene che questo sia un passaggio fondamentale per lo sviluppo dell’umanità. Ma è grazie a personaggi come Elon Musk se Marte è diventato un argomento mainstream, alla portata – almeno metaforica – di tutti.

Il fondatore di Tesla ha costituito nel 2002 un’azienda aerospaziale di nome Space Exploration Technologies Corporation, meglio conosciuta come SpaceX. L’obiettivo dichiarato di Musk era quello di creare nuove tecnologie per ridurre i costi dell’accesso allo spazio e permettere la colonizzazione del Pianeta Rosso. L’azienda di Musk ha collezionato da subito diversi successi: il Falcon 1 nel 2008 è stato il primo razzo privato a raggiungere l’orbita, mentre la Dragon nel 2010 è stata la prima navicella privata messa in orbita per poi essere recuperata. Inoltre il lavoro di Musk ha portato al primo atterraggio di un razzo, il Falcon 9 nel 2015, che è stato riutilizzato in seguito nel 2017, cosa mai accaduta prima.

Nel settembre del 2016 Elon Musk ha fatto un passo avanti e ha mostrato l’Interplanetary Transport System: si tratta di un’iniziativa finanziata privatamente per sviluppare la tecnologia dei voli spaziali per il volo interplanetario. Il sistema si chiama Starship ed è pianificato per essere completamente riutilizzabile: nei progetti di Musk c’è quello di renderlo il razzo più grande di sempre.

SpaceX ha all’attivo accordi con la Nasa per l’invio di missioni di rifornimento e di astronauti verso la Stazione Spaziale Internazionale. Collabora inoltre con il Dipartimento della difesa degli Stati Uniti d’America per il lancio di satelliti. La Federal Communications Commission, FCC, nel 2018 ha autorizzato l’azienda di Musk a collocare in orbita bassa da 160 a 200 km una costellazione di satelliti nell’ambito del progetto Starlink, per garantire l’accesso a internet satellitare globale in banda larga a bassa latenza.

Ma quando e come avverrà la colonizzazione di Marte? Secondo Elon Musk, entro il 2026 tramite il razzo Starship sarà possibile raggiungere il Pianeta Rosso e rimanerci per 6 mesi. Si tratta di una data ambiziosa, non solo perché la Nasa nei suoi piani la posticipa di 7 anni, ma anche perché per il momento i tre tentativi fatti dai prototipi di casa SpaceX di atterrare su Marte sono falliti. Il primo e il secondo, rispettivamente SN8 e SN9, si sono schiantati durante la fase di atterraggio. Il terzo, lo Starship SN10, è decollato da Boca Chica in Texas, si è alzato grazie ai tre motori e si è messo poi in posizione orizzontale. Ha raggiunto con successo i 10 chilometri di dislivello e ha iniziato la discesa, è riuscito ad atterrare ma è esploso poco dopo frantumandosi a terra.

Ciò nonostante la sfida di Musk è ancora aperta. Lui stesso è così convinto della necessità per l’uomo di diventare una specie interplanetaria, che sta vendendo tutte le sue proprietà immobiliari mantenendo esclusivamente le azioni di Tesla e SpaceX, per contribuire il più possibile a finanziare il suo progetto e dimostrare tutta la sua caparbietà nel portarlo a compimento.

Le sfide della colonizzazione

Cosa comporterebbe per un essere umano un viaggio lungo su Marte? La Nasa sta studiando gli effetti di una permanenza nello spazio prolungata sul corpo umano da oltre un decennio e ne sono emerse cinque sfide principali. La forza gravitazionale marziana è molto diversa da quella terrestre, circa un terzo: le ossa degli astronauti e dei cosmonauti perdono in media l’1% della propria densità al mese, contro l’1-1,5% all’anno delle persone anziane sulla Terra. Un problema questo che non è al 100% reversibile, pertanto spostarsi di atmosfera crea un problema a livello di ossatura. Inoltre la differenza di gravità può comportare problemi alla vista, labirintite ed equilibrio in generale, e mal di testa. Un’altra sfida è quella delle radiazioni: se il corpo umano, con tutti i suoi atomi e le sue molecole, è sufficientemente protetto sulla Terra perché l’atmosfera costituisce uno scudo efficiente, non accade lo stesso nello Spazio, dove il quantitativo di radiazioni a cui si è sottoposti è 10 volte superiore. La Nasa sta lavorando alle contromisure biologiche per ovviare a questo problema, che è una sfida importante da affrontare tanto quanto quella tecnologica. Ci sono da considerare poi problematiche più psicologiche, come l’isolamento e il calo morale che può dipendere dallo stress psico-emotivo necessario per un viaggio così lungo non solo nel tempo ma anche, letteralmente, nello spazio.

Sfide reali, che tuttavia non minano nemmeno un po’ all’entusiasmo dell’immaginare come potrebbe essere, realmente, la vita su Marte. A partire dall’abitazione: trattandosi di un altro pianeta rispetto alla Terra non basta pensare a quattro mura e un soffitto, bisogna ideare un vero e proprio nuovo habitat. Bisogna pensare alla difficoltà di trasportare materiali, a quella di trovare risorse in loco, all’atmosfera, il suolo e la conformazione del paesaggio. Nel 2014 la Nasa ha lanciato un progetto, On-Site Habitat Competition, volto proprio alla progettazione di habitat su Marte realizzati con stampa 3D. Ne sono emersi progetti basati su cemento marziano composto da ghiaccio, ossido di calcio e aggregati rocciosi. In particolare, il team Kahn-Yates ha progettato delle abitazioni complete di area giardino con una struttura che sfrutta la luce naturale per l’illuminazione. I primi prototipi sono basati su progetti sviluppati su più piani, ma c’è anche quello della Northwestern University che prevede diversi locali su un unico livello, una soluzione modulabile in cui le abitazioni possono essere collegate tra loro fino a formare un’unica rete, così che sia possibile una facile condivisione degli ambienti “sicuri”.

Superato il nodo della casa, neanche il problema dell’agricoltura sembrerebbe essere insormontabile. Secondo le scoperte degli scienziati della Wageningen University che hanno simulato il suolo marziano basandosi sulle rilevazioni delle sonde Viking, sarebbe possibile coltivare moltissime, tanto su Marte quanto sulla Luna, piante che crescono sul nostro pianeta: rucola, ravanelli, pomodori, segale, quinoa, erba cipollina, piselli e porri.

L’uomo è pronto per Marte: d’altronde l’umanità rimane la specie più adattabile che esista e la storia ha dimostrato che non c’è nulla come una sfida apparentemente impossibile per tirare fuori il meglio dalla mente di un essere umano. Rimane da capire se Marte sia altrettanto pronto per gli uomini: speriamo che, fino al momento in cui sarà realmente possibile approdare sul suolo marziano, parole come rispetto e sostenibilità abbiano acquisito un’importanza maggiore e che Perseverance non debba pentirsi di averci aperto la strada verso un altro pianeta.

di: Micaela FERRARO