Quando due esseri umani interagiscono, i cervelli tendono a sincronizzarsi: è così che si verifica la magia del sentirsi “sulla stessa lunghezza d’onda”

A tutti almeno una volta nella vita sarà capitato, confrontandosi con un amico, un familiare o un collega, di pronunciare questa frase: “siamo proprio sulla stessa lunghezza d’onda”. È un modo di dire, una metafora per sottolineare una certa comunanza di pensiero o sentimento, ma in effetti secondo i più recenti studi delle neuroscienze, è anche una perfetta espressione della realtà. Essere “sulla stessa lunghezza d’onda” è qualcosa che succede a livello di attività cerebrale, perché quando due o più persone interagiscono tra di loro i neuroni hanno la tendenza a coordinarsi, sincronizzarsi.

Nuove tecniche di misurazione hanno permesso di osservare come i movimenti delle onde cerebrali, durante una conversazione tra due persone, avvengano simultaneamente. Secondo la neuroscienziata cognitiva Thalia Wheatley, direttrice del Consortium for Interacting Minds e del Dartmouth Social Systems Laboratory della University of Massachusetts, “quando parliamo tra di noi creiamo un unico cervello superiore che non è riducibile alla somma delle sue parti […] È come quando l’ossigeno e l’idrogeno si combinano per fare l’acqua: si crea qualcosa di speciale che non è riducibile all’ossigeno e all’idrogeno in modo indipendente”.

Le prime indagini sul cervello umano sono state svolte singolarmente e solo in tempi più moderni i neurobiologi si sono dedicati a quella che viene definita “neuroscienza collettiva”. La riflessione è nata analizzando la generale tendenza dell’uomo in quanto tale ad aggregarsi con altri individui della stessa specie e a costituirsi in gruppi, in cerca di conforto e relazione, uno schema che si ripete sempre uguale: dai tempi in cui si viveva in tribù dedite a caccia e pesca fino ad arrivare ai gruppetti tipici di un liceo nell’epoca della Gen Z.

Nel 2002 il neuroscienziato Read Montague del Baylor College of Medicine di Houston ha introdotto un nuovo tipo di misurazione simultanea delle attivazioni cerebrali in due soggetti sottoposti a un’interazione. La tecnica è stata battezzata “hyperscanning”, “iperscansione”, e ha dimostrato che i neuroni delle due persone coinvolte si attivano nello stesso momento e allo stesso ritmo in punti corrispondenti del cervello, creando schemi ripetuti e corrispondenti. L’intensità di questa sincronizzazione varia: tra amici intimi risulta più forte rispetto a conoscenti più lontani, perché più forte è la relazione di partenza maggiore sarà la sintonia a livello cerebrale.

Gli scienziati hanno appurato che, una volta sincronizzati i cervelli, i movimenti delle onde cerebrali dei soggetti interessati tendono a essere simultanei. È quanto emerso da uno studio condotto dal Basque Centre on Cognition, Brain and Language e pubblicato su Scientific Reports. I ricercatori hanno condotto l’esperimento su 15 coppie di persone, tutte appartenenti allo stesso sesso e separate tra loro da uno schermo pieghevole. Ai soggetti è stato chiesto di tenere una conversazione, alternandosi nel parlare e nell’ascoltare. Contemporaneamente gli studiosi hanno misurato il movimento delle onde cerebrali attraverso l’elettroencefalografia e hanno potuto dimostrare che le oscillazioni di chi interagiva e di chi ascoltava erano contemporanee. Questa scoperta è estremamente importante per il settore medico, come spiegato dallo scienziato Alejandro Pérez, uno degli autori della ricerca, che nel presentare lo studio ha sottolineato: «la dimostrazione dell’esistenza di una sincronia neurale tra due persone coinvolte in una conversazione è solo il primo passo. Ci sono molte domande e sfide senza risposta da risolvere. Possiamo esplorare nuove applicazioni molto utili in contesti comunicativi speciali: penso al caso di persone che hanno difficoltà di comunicazione».

Il cervello, insomma, è una macchina di comunicazione potentissima. Lo “scambio di messaggi” continuo influenza ciò che le persone pensano, sentono, fanno; e mentre influenza, il cervello a sua volta viene influenzato, fin dalla più tenera età. Gli studi del Princeton Neuroscience Institute hanno dimostrato che esiste una sincronizzazione cerebrale anche tra adulti e bambini che giocano insieme, in un contesto dunque in cui la comunicazione avviene in modo diverso rispetto allo scambio verbale. Il linguaggio usato in questo caso è fatto di contatto visivo, espressioni facciali e prosodia.

In verità, il dialogo non è l’unico strumento attraverso cui è possibile che le onde cerebrali si sincronizzino, nemmeno tra adulti. L’accoppiamento neurale si manifesta in differenti situazioni sociali e quando interagiamo con altre persone il legame tra le reti neurali veicola esperienze sensoriali anche intense. Il contatto fisico interpersonale, per esempio, crea e mantiene rapporti affettivi tanto in amicizia quanto in amore: non per niente è una delle primissime forme di comunicazione umana, da un punto di vista evoluzionistico tanto quanto sul piano dello sviluppo individuale. Attraverso studi sperimentali (Ditzen et al. 2007; Jakubiak e Feeney 2016; Reddan et al. 2020) è stato dimostrato che – in una situazione di sofferenza fisica – un contatto anche molto semplice come il tenersi per mano può ridurre il dolore in una persona sofferente e attenuare lo stress in entrambi i soggetti coinvolti.

Nel tentativo di valutare la sincronia cerebrale tra due persone, negli ultimi anni sono stati utilizzati diversi paradigmi sperimentali basati sulla risonanza magnetica funzionale, l’elettroncefalografia e la spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso. Questi strumenti hanno permesso di stabilire che la sincronizzazione neurale interpersonale si stabilisce più facilmente durante l’ascolto di storie o guardando un film in coppia, prendendo decisioni condivise, dedicando la propria attenzione congiuntamente a un medesimo compito, giocando a giochi in cui il coordinamento è necessario, come può essere ad esempio un’escape room; questo tipo di attività dimostra che la cooperazione con altre persone ci permette di raggiungere obiettivi che altrimenti sarebbero rimasti fuori portata. Un altro modo per facilitare la sincronizzazione neurale è cantare insieme, una costante che si riscontra anche nel mondo animale: le vocalizzazioni delle scimmie, per esempio, hanno rivelato una natura musicale di sincronizzazione, così come accade con i “duetti” dei gibboni in accoppiamento.

In un mondo in cui abbiamo sempre più mezzi per rimanere in contatto ma ci sentiamo sempre più spesso soli, la scienza dimostra che nel profondo del nostro animo siamo intrinsecamente collegati e programmati per stare insieme.