Napoleone: luci ed ombre dell’imperatore che ha fatto la storia d’Europa

Napoleone Bonaparte è un nome che evoca scenari grandiosi, quasi epici: grandi battaglie, la furia della Rivoluzione, la grandezza della Francia di fine ‘700 e un’auto-incoronazione alquanto illegittima, simbolo di arroganza per alcuni, per altri celebrazione di autorità e coscienza di sé. Il generale corso che divenne imperatore di Francia, scalzando in pochi anni tutti i precetti della Rivoluzione, è diventato una leggenda, tanto che, a 200 anni dalla morte, avvenuta il 5 maggio 1821, l’Europa lo ha celebrato, glorificandone successi e imprese.

A Napoleone vanno riconosciuti grandi meriti. La sua eredità è visibile in molti settori della vita quotidiana e legislativa dell’Europa: lo ricordano gli studi sull’Antico Egitto che sono stati avviati tra il 1798 e il 1801, durante quella campagna che si è rivelata un disastro a livello militare ma che ha fatto nascere l’interesse occidentale per la magnifica civiltà di Cleopatra, e lo ritroviamo in molte leggi ancora in vigore. Per esempio, il Codice civile francese, chiamato anche “Codice Napoleonico”, perché voluto da Bonaparte; è stato redatto da una commissione nominata dallo stesso Napoleone ad inizio ‘800, ed è stato il primo Codice civile moderno, tanto da essere poi diventato un modello che ha influenzato tutti i Codici successivi in numerosi Paesi del mondo. Ma non solo: da Napoleone arriva il sistema metrico decimale, che è nato a fine ‘700 ed è stato diffuso dagli eserciti francesi, e a lui si devono molte strade, per esempio quella lungo il Passo del Sempione che univa Parigi con Milano arrivando fino a Foro Buonaparte.

Eppure, Napoleone fu anche uno dei più grandi misogini della storia, fu razzista e schiavista: analizzato con la sensibilità odierna, alla luce delle vittorie storiche successive e dell’evoluzione della società, di Bonaparte emergono forte tutte le ombre del suprematismo bianco di cui era intriso. È indubbio che, per analizzare i grandi personaggi storici, occorra guardarli con una certa distanza, contestualizzandoli nel loro tempo, per non rischiare di scivolare in languidi anacronismi che sono alla base della polemica nata la scorsa primavera per le celebrazioni del 200esimo anniversario di morte del generale.  

Ma facciamo un passo indietro: quand’è che Bonaparte, un oriundo italiano piccolino e dalla parlata zoppicante, diventa Napoleone, simbolo di unione in Francia e stendardo di un Paese che da solo ha combattuto e spesso vinto contro tutte le più grandi potenze europee del secolo?

Nel 1796 il generale Bonaparte viene inviato in Italia per sostituire un comandante che ha dato le dimissioni. Si trova in una situazione disperata: deve combattere forze molto superiori alle sue, con pochi soldati e dotazioni insufficienti. La campagna, però, è il suo primo grande successo: stupisce per astuzia e sagacia, per la capacità di studiare grandi piani pur rimanendo sempre in prima linea nei combattimenti. Dopo la vittoria, quando torna a Parigi, Bonaparte non è più solo un giovane generale: è Napoleone, colui che ha saputo vincere sia la guerra sia la pace.

La svolta negli eventi, che porterà il potere nelle mani di Napoleone, inizia il 9 novembre 1799. Era stata convocata con un pretesto l’assemblea dei deputati francesi al castello di Saint-Cloud, lontano da Parigi, in modo da evitare interferenze. La zona era stata circondata da truppe fidate di Napoleone e la riunione era presieduta da un fratello del generale, Luciano: qui, grazie alla pressione della Grand Armée, il direttorio viene sciolto con efficacia immediata e Napoleone viene nominato console a vita. Si tratta di un vero e proprio colpo di Stato che rende il generale un dittatore, con le mani libere per portare avanti la propria politica.

Napoleone è molto diverso dai re e dalle regine che l’hanno preceduto al comando della Francia. Voleva fondare un impero non per ragioni dinastiche ma per volontà popolare: trae legittimazione dal popolo, diventa l’uomo forte di cui il Paese ha bisogno per contrastare imperatori e re in Europa. Napoleone dimostra di conoscere molto bene la psicologia di massa: desidera diventare un’icona riconosciuta dal popolo, il suo impero si basa sulla forza dei suoi soldati, che lo vedono come un compagno oltre che come un comandante e questo crea un sodalizio difficile da scalfire. Il carisma di Bonaparte usciva dalle frontiere e dilagava nei territori che conquistava, nonostante le barbarie dell’esercito e le macerie che si lasciava dietro.

In Italia insieme alle truppe napoleoniche sono arrivate le idee che hanno portato poi al Risorgimento. L’avanzata della Grand Armée ha significato la fine dei regimi feudali e la nascita delle repubbliche: il consenso che Napoleone otteneva si tramutava in una partecipazione forte degli uomini alle guerre; pertanto, in Italia molti cittadini presero le armi al seguito di Bonaparte contro l’invasore austriaco. Il dominio dell’Austria era iniziato nel 1700 e sarebbe durato 150 anni, interrotto solo dal ventennio rivoluzionario e napoleonico.

Napoleone conosceva bene il potenziale del Belpaese e sapeva che il potere non viene regalato, deve essere conquistato. Per questo, quando nel 1804 incorona sé stesso e sua moglie Josephine, studia una cerimonia che possa essere prima di tutto simbolica e che viene raffigurata da un quadro oggi esposto al Louvre: il Papa siede quasi inebetito davanti a Napoleone mentre egli si incorona imperatore di Francia.

Il momento di maggior successo dell’imperatore arriva con la battaglia di Austerliz. Per celebrare la vittoria, Napoleone ordina la costruzione dell’Arco di Trionfo, un monumento destinato a diventare simbolo della sua ascesa, della sua forza, e infine anche della sua caduta.

La fine di Napoleone ebbe inizio quando l’Austria si alleò con quella che era l’acerrima nemica di Francia e dunque dell’imperatore: l’Inghilterra. Per combattere la flotta inglese Napoleone aveva, diversi anni prima, tentato la campagna d’Egitto, in modo da strozzare il commercio di Londra, ma con scarsi risultati. Nel 1815, con la nascita della sesta coalizione tra Austria, Inghilterra, Prussia, Russia e Svezia l’esercito francese si trovò circondato e subì una grossa sconfitta a Lipsia, a seguito alla quale la Grand Armée cominciò a sfaldarsi. Quando la coalizione entrò vittoriosa a Parigi, Napoleone fu costretto a ripiegare e, travestito da soldato austriaco, dopo l’abdicazione, fuggì all’Isola d’Elba.

La sua fu una breve parentesi: sul trono francese era stato rimesso Luigi XVIII che ben presto si inimicò la nazione. Napoleone colse il momento giusto per rientrare trionfalmente in Francia, spalleggiato dai lavoratori, mentre la borghesia rimaneva tutto sommato neutrale. Le potenze europee, però, avevano deciso di farla finita con l’esperienza bonapartista che spargeva semi di insofferenza in tutta Europa: tornando a combattere, Napoleone fece un unico errore e divise le sue armate. Fu per questo che arrivò da solo, con meno uomini di quelli che gli sarebbero occorsi, a Waterloo. La sconfitta fu definitiva ed eclatante. A seguito della caduta, la Francia voltò definitivamente le spalle al generale divenuto imperatore, che il 9 agosto 1815 salpò alla volta della sperduta isola di Sant’Elena.

Napoleone non avrebbe mai più visto l’Arco di Trionfo, ma ciò non significa che l’Arco non vide più lui: infatti il monumento, che oggi con i suoi 50 metri di altezza è uno dei più rappresentativi di Parigi, è testimone inaspettato, il 15 dicembre 1840, del trasferimento del corpo di Napoleone. Il generale, che aveva chiesto di poter tornare in Francia, oggi riposa all‘Hôtel national des Invalides in una serie di bare una dentro l’altra. Intorno a lui sono incisi i nomi delle sue più grandi vittorie.

Nonostante le sue ombre, Napoleone fu campione dell’universalismo francese e fondatore del sistema educativo moderno.  Per questi motivi e per molti altri, il mondo celebra ancora il figlio della Rivoluzione divenuto monarca assoluto, osannato tanto quanto odiato, fautore di distruzione ma anche portatore di fermenti ideali, di idee che hanno fatto la storia della modernità. Lo celebriamo ogni 5 di maggio, sulle note della poesia di Alessandro Manzoni, mentre tutti gli anni in questo giorno, tra dibattiti e cerimonie commemorative, il sole a Parigi tramonta proprio dietro l’Arco di Trionfo.

di: Micaela FERRARO

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Cinque curiosità su Napoleone Bonaparte

Il generale divenuto imperatore non era così basso come si pensa oggigiorno: gli storici concordano che fosse alto circa 1,68 centimetri, tre in più della media dei francesi del suo tempo.

Anche lui, prima di essere l’uomo simbolo della Francia, era stato un bambino e si racconta che i suoi genitori da piccolo lo chiamassero Nabulio, affettuosamente.

Si deve proprio a Napoleone il cibo in scatola, che si cominciò a sperimentare durante le sue campagne grazie al pasticciere Nicolas François Appert.

Bonaparte non aveva paura degli animali, ma era un uomo molto superstizioso e si teneva alla larga il più possibile dai gatti neri.

Infine, l’imperatore aveva una curiosa abitudine: quand’era di buonumore pizzicava i suoi amici sulla punta delle orecchie, abitudine che sembra esercitasse anche sui nasi delle signore e sui menti dei bambini, almeno finché le madri non lo rimettevano al suo posto!