Le grandi banche d’affari concordano nel giudicare il fenomeno finanziario dell’intelligenza artificiale come solido. Ma attenzione: non tutti sono Warren Buffett

L’intelligenza artificiale (AI), in particolare nella versione generativa, è attualmente una delle forze più dirompenti nel mondo degli affari, permeando praticamente ogni settore dell’economia e promettendo di inaugurare nuovi livelli di produttività. Ma molti non sono sicuri di investire in questo settore, temendo che i risultati straordinari delle aziende leader, con crescite a tre cifre, siano il segnale d’allarme di una bolla finanziaria.

Il Global investment office di Morgan Stanley non la pensa così e vede l’intelligenza artificiale come uno dei temi di investimento più importanti del prossimo decennio: stima che crescerà rapidamente fino a raggiungere un settore da tre trilioni di dollari nei prossimi anni.

Finora, molti investitori si sono concentrati su una manciata di titoli tecnologici a mega capitalizzazione, noti come i “Magnifici 7” (Microsoft, Amazon, Meta, Apple, AlphabetGoogle, Nvidia e Tesla), in quanto principali beneficiari dei progressi dell’intelligenza artificiale. Ma considerando la portata dell’impatto dell’intelligenza artificiale, gli analisti ritengono che siano molte di più le aziende che potrebbero trarne vantaggio, in settori che vanno dalla sanità, ai beni di consumo e alla finanza.

Le grandi aziende con quote di mercato dominanti, ricavi ricorrenti e clienti “fissi” sono nella posizione di poter utilizzare l’intelligenza artificiale per amplificare i loro già considerevoli vantaggi competitivi. Secondo Morgan Stanley, gli investitori dovrebbero prestare particolare attenzione alle società che rientrano in queste quattro categorie: gli “espansori di margine”, che utilizzano l’intelligenza artificiale per ridurre i costi; i “pionieri”, che useranno l’AI per aumentare le vendite o creare nuovi flussi di entrate; i “costosi”, che stanno introducendo miglioramenti basati sull’intelligenza artificiale per giustificare costi maggiori; e infine i “fornitori di input”, che forniscono gli “elementi costitutivi” della tecnologia AI, inclusi strumenti di gestione dei dati, data center e le attrezzature necessarie per la produzione di chip avanzati.

Anche Goldman Sachscrede che il business dell’intelligenza artificiale non sia una bolla. Peter Oppenheimer, capo stratega azionario globale della banca d’affari, osserva che le valutazioni dei titoli azionari leader del mercato non sono così elevate come in passato prima dello scoppio di una bolla – ad esempio la Dot-com nel 2000 – e le società hanno bilanci e rendimenti sugli investimenti solidi. «Crediamo di essere ancora nelle fasi relativamente iniziali di un nuovo ciclo tecnologico che probabilmente porterà a un’ulteriore sovraperformance», scrive Oppenheimer. Infatti, aggiunge, «le valutazioni dei titoli tecnologici sono salite quest’anno nonostante l’impatto dell’aumento dei tassi. Ciò è in netto contrasto con il 2022, quando la sensibilità del settore all’aumento dei tassi di sconto ha depresso le valutazioni, e suggerisce che gli investitori presuppongono tassi di crescita futuri molto più elevati per queste società».

Tuttavia, sia Goldman Sachs che Morgan Stanley invitano gli investitori alla prudenza. «Per ora, mentre valutano il potenziale della nuova tecnologia AI e cercano un modo per condividerne i guadagni, potrebbero distribuire gli investimenti su più società come opzioni per il loro successo futuro. Ma ci sono poche prove che quest’ultima tendenza tecnologica sia una bolla» conclude Oppenheimer.

Secondo il Global investment office di MS, «anche se è probabile che l’intelligenza artificiale favorisca la crescita a lungo termine in molti settori, gli investitori dovrebbero essere consapevoli di una potenziale bolla nel prossimo futuro. Potrebbe volerci un po’ di tempo prima che gli investitori vedano grandi miglioramenti in termini di produttività grazie all’intelligenza artificiale, e le aziende che fanno promesse eccessive potrebbero cavarsela male».

Infine c’è lui, il geniale investitore miliardario Warren Buffett. Il 93enne alla guida della Berkshire Hathaway ha reso una società di intelligenza artificiale la più grande partecipazione nel suo portafoglio da 371 miliardi di dollari. Ironicamente, questa potrebbe non essere stata la sua intenzione quando ha acquistato le azioni per la prima volta all’inizio del 2016.

Warren Buffett è un fan del produttore di iPhone, Apple, da tempi non sospetti e ha ripetutamente elogiato l’azienda per il forte potere del marchio. Gli utenti fidelizzati di iPhone acquistano continuamente nuovi telefoni, creando miliardi di dollari di profitti che tornano a Buffett tramite dividendi e riacquisti di azioni.

Apple è stata tra le prime aziende ad utilizzare l’intelligenza artificiale per rafforzare il proprio core business (ad esempio introducendo il riconoscimento facciale, la correzione automatica, la gestione di foto e video) e le sue azioni sono cresciute notevolmente negli ultimi 8 anni.

Buffett probabilmente non ha comprato Apple per l’intelligenza artificiale, ma questa tecnologia è stata determinante per il miglioramento del prodotto, il consolidamento del marchio e la conseguente crescita delle azioni. Il titolo ha reso circa il 700% dall’inizio del 2016, una combinazione di crescita e valutazione del titolo in costante aumento negli ultimi 8 anni. Ma, al prezzo attuale, conviene comprare azioni Apple?

Intuito, abilità e fortuna: queste sono le chiavi per investire. Nell’AI, come nel resto.