di Corrado AZZOLLINI

Valorizzare le peculiarità territoriali per scongiurare l’omologazione culturale 

È necessario entrare in un’ottica temporale e geografica ad ampio raggio per comprendere le odierne dinamiche e le eventuali prospettive del mondo del cinema e audiovisivo attuale a livello globale o quantomeno europeo. Si tratta certamente di una questione di natura economica esaltata e ampliata dalle ricadute sul piano occupazionale che non sembrano – date le attuali impostazioni – presagire nulla di positivo.

I cambiamenti in atto paiono incomprensibilmente ignorare le ricadute positive finora certificate nel comparto, a tutto vantaggio di una concentrazione il cui discrimine sembra essere proprio la capacità economica. Dev’esserci una ragione se gli operatori statunitensi scendono in piazza contro l’utilizzo di una AI ancora non meglio definita nei dettagli ma chiaramente nociva rispetto ai lavoratori della filiera così come poco chiare risultavano, almeno fino allo scorso luglio, le ragioni di un possibile cambio di rotta prospettato in Francia rispetto ad un sistema perfettamente collaudato e funzionante nel momento in cui si tenta di spingerlo verso una possibile monopolizzazione probabilmente più “controllabile”. Diversa la più lungimirante prospettiva della Spagna che alza le risorse disponibili per l’audiovisivo a 1,5 miliardi di euro mentre le nuove direttive italiane si attestano a circa un terzo di quella somma, relegandoci a fanalino di coda d’Europa. Sono evidentemente le MPMI a farne le spese: le micro, piccole e medie imprese del settore con i nuovi disegni relativi alla reimpostazione del Tax Credit in Italia – che pure finora ha favorito un esponenziale impulso alla crescita del comparto produttivo cinematografico – potrebbero vedersi private di uno strumento fondamentale per la diversificazione produttiva culturale del Paese già fortemente messa a rischio da consistenti ritardi nelle erogazioni da parte del Ministero. Se la motivazione addotta al cambio di rotta del Tax Credit in Italia è quella di dire che le piccole imprese producono con fondi pubblici al 100%, questa è quantomeno una realtà sfalsata dal fatto che le tempistiche di erogazione di quei fondi, spesso in ritardo di anni, costringono ad un aggravio di spese accessorie pari circa al 20% del costo del prodotto delle MPMI: si pensi, soprattutto ai costi di anticipazione del credito che hanno ricadute certamente più significative quanto più piccola è l’impresa che si trova a gestirli. E il tessuto produttivo italiano è tradizionalmente costituito proprio da micro, piccole e medie imprese, per lo più artigiane, che sono da sempre l’anima e il motore di quello che consideriamo il più noto brand internazionale della qualità e del saper fare, qual è il Made in Italy. Quali siano le ragioni per cui le nuove rotte programmatiche del Paese sembrano viaggiare nella direzione opposta è pressoché incomprensibile: tagliare fuori dall’accesso ai benefici di legge proprio le MPMI a esclusivo vantaggio delle grandi imprese nazionali (e spesso con proprietà estera) per le quali si favorisce invece l’accesso al credito senza limiti, garantisce il risultato opposto: una lenta agonia di quelle realtà che, al contrario andrebbero stimolate proprio nelle loro singolarità e peculiarità e che già oggi sono in una situazione di grande recessione. Andrebbe piuttosto sollecitato il fermento culturale proveniente da quelle realtà produttive artigianali “sane”che, proprio per le loro caratteristiche specifiche, per lo stretto legame con il territorio e per la conoscenza e capacità di penetrare e relazionarsi al patrimonio immateriale e culturale di popolazioni e aree geografiche particolari, costituiscono il valore aggiunto a quella qualità che si pretenda offra un prodotto culturale elevato. E non certo in un’ottica consortile che finirebbe per renderle una brutta copia delle grandi majors e delle piattaforme che, ad oggi, entrano nel tessuto produttivo italiano acquisendo anche le realtà produttive e distributive nostrane. Solo in quest’ottica si potrebbe pensare in positivo e osservare la possibilità di un’opportunità per l’industria cinematografica italiana; solo così sarebbe garantita la continuità del Made in Italy, l’originalità del prodotto italiano, la caratterizzazione e l’autorialità delle nostre proposte: insomma tutte quelle caratteristiche che hanno reso celebre il Made in Italy nel mondo anche e soprattutto dal punto di vista artistico e culturale, oggi come mai compromesso proprio dal fatto che le attuali produzioni ricadono inevitabilmente sotto la gestione di multinazionali straniere.

La limitazione esponenziale dell’accesso al Tax Credit per le piccole realtà produttive italiane si tradurrebbe inevitabilmente in un colpo mortale non solo per le stesse MPMI ma soprattutto per l’indotto professionale che attorno ad esse ruota e che oggi garantisce circa il 65% delle giornate lavorative del comparto cinema e audiovisivo. Non si possono non guardare i numeri, tanto più considerando il fatto che, per le grandi aziende invece, l’Italia non solo agevola l’accesso al credito ma è l’unico Paese europeo nel quale quel credito può essere illimitato e senza il vincolo di alcun CAP. Tradotto in altri termini, quello che è stato uno sviluppo visibile e certificato fino a ieri del comparto produttivo cinematografico e audiovisivo italiano, si sta convertendo, soprattutto per i lavoratori, in un più prosaico “cambiate mestiere”. Pare evidente che questa direzione di marcia viaggia ostinatamente verso la certificazione di una vera e propria recessione economica sia per le MPMI sia per quei pochi lavoratori che si troveranno inevitabilmente a dover cambiare lavoro.

Corrado Azzollini
Produttore e distributore cinematografico, è fondatore e presidente delle società Draka Production e Distribution. Segue personalmente le acquisizioni di titoli e lo sviluppo editoriale dei progetti di produzione anche in qualità di autore di diversi film, documentari e serie TV di successo, distribuiti in Italia e all’estero.
Esperto di comunicazione e marketing, è giornalista dal 1998 ed è attualmente Presidente Italia di Confartigianato Cinema ed Audiovisivo.

FOTO: Luca La Vopa